Per Alain de Benoist, sia nelle dottrine liberali che in quella marxiste, l’uomo stesso, essenzialmente percepito come “agente economico”, è interpretato come naturalmente
predisposto ad agire solamente in funzione del proprio maggiore benessere materiale o di classe. Le due impostazioni politiche sarebbero il risultato della diffusione dell’idea di
eguaglianza, «strappata alla sfera teologica», la cui conseguenza, una concezione «deviata della libertà», finisce con «lo spogliare l’individuo delle sue appartenenze: di tutte le
inclusioni che lo fanno partecipe di un’identità collettiva» [de Benoist 1983, p. 88, 91-92].