Familiares de Desaparecidos y Detenidos por razones Politicas
I Familiares cominciarono a ritrovarsi, come le madri, negli uffici del ministero e si rivolsero alla LADH per sollecitare la loro collaborazione. Questa fornì un'assistenza legale e uno spazio dove ritrovarsi. L’organizzazione iniziò a prendere forma, nella primavera del 1976, col nome di “Familiares de secuestrados” e nel luglio-agosto del 1977, dopo aver preso i primi contatti internazionali, assunse il nome di “Familiares de detenidos desaparecidos”. Il 14 ottobre del 1977 essi presentarono una petizione nella quale si reclamava fossero ricercati i cittadini desaparecidos, la ricomparsa di quelli illegalmente detenuti, la liberazione dei prigionieri senza processo e l’opzione d’uscita dal paese per i detenuti a disposizione del PEN. La petizione fu accompagnata da una manifestazione pubblica duramente repressa: 350 Familiares furono fermati e portati ai commissariati di polizia. Ore più tardi essi organizzarono una conferenza stampa alla quale parteciparono soltanto giornalisti stranieri. Questo fu l’atto che segnò la nascita militante dell’organizzazione. Come le altre organizzazioni, anche i Familiares soffrirono l’isolamento durante il regime che fu infranto dall’appoggio solidale di alcuni piccoli partiti politici fortemente colpiti dalla repressione illegale. Una delle battaglie dei Familiares fu contro la legge 22.068 di “ausencia con presunción de fallecimiento”, emanata dal ministro Harguindeguy. La norma prevedeva che le persone scomparse a partire dal 6 novembre 1974 e che fino al giorno della promulgazione della legge non avevano dato notizie di sè potevano considerarsi morte. Con ciò il regime pretendeva di risolvere il problema dei desaparecidos uccisi senza dover dare alcuna spiegazione. Per opporsi a questa manovra le organizzazioni assunsero il moto di “aparición con vida”, cioè “ricomparsa in vita”, dei desaparecidos. I familiari, dovettero spiegare che il loro moto intendeva chiedere delucidazioni alla giustizia e alle autorità, giacché una persona fermata e detenuta in vita, rimaneva in vita fintantoché non si dimostrasse il contrario, come sostiene la legislazione in vigore, e non perché essi considerassero che i loro parenti fossero vivi realmente.