Tribunale criminale del Torrone di Bologna
Il tribunale criminale del Torrone di Bologna prima della dominazione francese aveva competenza su tutti i reati commessi in città e nel contado. Ogni anno arrivavano in
media ai suoi uffici tremila denunce mentre i processi celebrati erano circa 300. Questo vistoso scarto era dovuto sia al fatto che si praticava ancora una forma di accordo privato fra la parte
lesa e l’accusato, sia alle rapide procedure adottate d’autorità dall’uditore – il giudice che insieme a due sottuditori operava nel tribunale, coadiuvati l’uno e gli altri da otto notai – il
quale, in caso di mancato accordo, di iterazione di reati minori o di comportamenti sospetti usava ampiamente l’esilio come misura cautelativa a salvaguardia dell’ordine pubblico, riuscendo così a
tenere sotto controllo una città per l’epoca popolosa e con una situazione di disparità sociale potenzialmente esplosiva, pur disponendo di strumenti repressivi molto limitati: un corpo di sbirri
di poche decine di unità per tutta l’estensione del territorio. Per rendere più esplicito il passaggio alla polizia di alcuni strumenti di repressione del prevenzione del crimine che in ancien
régime erano stati – o si cercava che fossero – prerogative dei giudici monocratici rimando a un lavoro recente di Angelozzi e mio [Angelozzi G., Casanova C. 2010] nel quale abbiamo tentato di
cogliere elementi di continuità e di discontinuità nell’organizzazione dei tribunali centrali e periferici nel bolognese, constatando sia una linea pressoché ininterrotta tra la struttura definita
durante la dominazione francese e la sua permanenza di fatto durante la Restaurazione, soprattutto per quanto riguarda il decentramento degli atti preliminari delle procedure.