Storicamente. Laboratorio di storia
Gian Domenico Rainaldi
Gian Domenico Rainaldi arrivò a Bologna nel 1671, all’inizio di luglio; vi sarebbe rimasto cinque anni, fino al maggio del 1676. I processi che avviò in quel periodo furono circa 2000 su un totale di oltre 2300. Anni dopo avrebbe attinto ampiamente dalla sua esperienza bolognese per stendere le sue dotte riflessioni sulla pratica criminale. Le sue Observationes sono fra le auctoritates più citate nella letteratura giuridica posteriore per la loro moderazione e il loro garantismo nei confronti dei rei – cioè degli indagati..

Negli anni nei quali fu uditore del Torrone i processi che si conclusero con condanne esemplari non sono molti e quelli ai quali alla pena capitale furono aggiunte sanzioni atroci (tanagliamento, squartamento, consunzione del cadavere del condannato col fuoco, ecc.) sono limitati a pochi casi. Tuttavia, è soprattutto dalle sue opere dottrinali che si può capire quanto la sua cautela si radicasse in una sofferta riflessione sui limiti dell’attività giudiziaria e sulla malsicura affidabilità delle cristalline sequenze di massime con le quali da secoli i dottori cercavano di dominare la materia magmatica – passioni, interessi, rancori – che nel lavoro concreto i giudici si trovavano ad affrontare. Il periodo in cui fu uditore Rainaldi segnò una svolta decisa con l’uso meno incontrollato dell’arbitrium e con il più attento rispetto dei limiti entro i quali il giudice poteva usare mezzi coercitivi per strappare le confessioni agli inquisiti e le dichiarazioni ai testimoni. Quei sei anni scarsi impressero uno stile al Torrone che, malgrado le accuse, fu caratterizzato nel senso della moderazione e dell’attento vaglio delle prove: in dubio absolve è la massima che sembra orientare il giudizio degli uditori negli ultimi decenni del secolo.