Citazione
«Primo Levi ha ricordato come già nel lager il "pensiero 'se anche raccontassimo non saremmo creduti' affiorava in forma di sogno notturno dalla disperazione dei prigionieri. Quasi tutti i reduci, a voce o nelle loro memorie scritte, ricordano un sogno che ricorreva spesso nelle notti di prigionia, vario nei particolari ma unico nella sostanza: di essere tornati a casa, di raccontare con passione e sollievo le loro sofferenze passate rivolgendosi ad una persona cara, e di non essere creduti, anzi, neppure ascoltati. Nella forma più tipica (e più crudele) l'interlocutore si voltava e se ne andava in silenzio".
Questo sogno di solitudine si trasformò in realtà fin dal primo momento, quello del ritorno dei deportati. I loro racconti furono davvero accolti da reazioni di indifferenza, di incredulità e di fastidio che lasciarono tracce profonde e di lunga durata non solo nel dolore e nel silenzio dei singoli, ma anche nella successiva assenza di una memoria collettiva, fino alle opere di cui si diceva».
Da: A. Rossi-Doria, Memoria e storia: il caso della deportazione , Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998, 26-27.