Articolo "commemorativo"
«Via Fani 25 anni fa. I corpi dei cinque agenti straziati dai colpi sparati dai brigatisti per sequestrare Aldo Moro, poi i fiori che si accumulano su quel marciapiede, sotto i lunghi ramoscelli, che scendono dall'alto, di un grande salice piangente. Quell'albero però non c'è più. Segna forse la differenza più grossa, in un paesaggio che sembra quasi lo stesso di allora, tra le palazzine sobriamente eleganti di pochi piani che circondano quel crocicchio della morte, all'angolo tra via Fani e via Stresa. Lì, al posto del salice, c'è ora una mimosa. [.] Un salice piangente. Morì pochi mesi dopo il tragico agguato. Lo rivela il proprietario del giardino di allora, Gianni De Chiara, giornalista del Tg3, che quella mattina si salvò per miracolo, rientrando in casa in leggero ritardo dopo aver accompagnato i figli a scuola ed evitando così le pallottole che si conficcarono ad altezza d'uomo dentro casa sua. "Quel salice - spiega De Chiara - era una pianta robusta che stava all'angolo del mio giardinetto. Si ammalò all'improvviso e morì disseccato." Il salice piangente, una pianta arrivata dalla Cina alla fine del '600, per Linneo era "Salix babylonica": secondo il naturalista gli Ebrei portati a Babilonia avevano pianto sotto salici di questo tipo. Non sarà stato vero, perlomeno il tipo di salice sarà stato diverso. Ma da allora quest'albero dalle chiome mestamente rivolte a terra ha fama di sentinella del dolore. E forse lo è stata anche in via Fani. "Abbiamo cercato di annaffiarlo e di dargli acqua - conferma Alvaro, il vecchio portiere di via Fani 106 - niente da fare. Aveva deciso di morire".
[.] Guardando bene ci sono anche altri cambiamenti. Il fioraio Antonio Spiriticchio, che vendeva i suoi fiori su quell'angolo e che quella mattina fu bloccato in via Brunetti, a due passi da piazza del Popolo, con le gomme del furgone tagliate, è ormai in pensione: "Fino al '93 abbiamo tenuto il banco, che da ultimo avevo ceduto però a mio figlio Giuliano - dice Spiriticchio - poi anche mio figlio ha deciso di smettere e si è messo a fare il tassista". Di fronte, lo snack bar "Olivetti", che con i suoi pitosfori aveva fatto da nascondiglio ai brigatisti, è diventato ora un ristorante, "La Camilluccia". "Io allora ero un ragazzino", si scusa il titolare Luca Porcu. I Pistolesi, padre e figlio, che gestivano, sempre su quel marciapiede, un'edicola di giornali, subito dopo la strage si spostarono nella parte alta di via Fani. Poi hanno ceduto la licenza. Un distributore di benzina, più in basso, è diventato uno spettrale lavaggio fai-da-te. La memoria di allora resta affidata alle case, uguali a com'erano 25 anni fa. Solo che in questi condomìni non c'è quasi più nessuno di quelli d'allora».
Da: P. Brogi, Via Fani. Viaggio nella memoria della strage , «Corriere della Sera», 16 marzo 2003. Il testo integrale dell'articolo è disponibile on-line all'Url http://www.almanaccodeimisteri.info/moromarzo200316.htm