Affidamento dei figli in caso di separazione
In realtà non esisteva su tale questione una regola precisa. Fin dall’epoca romana i giuristi non si erano interessati troppo dei figli di genitori divorziati; a parte i richiami all’interesse dei figli, per lungo tempo, infatti, non furono emanate specifiche disposizioni circa l’affidamento dei figli in caso di separazione. Solo nel 293 fu stabilito formalmente che il giudice in caso di divorzio dovesse decidere a chi affidarli, se alla madre o al padre. (Diocleziano, CJ, 5, 24, 1, a. 294).In epoca medievale e moderna si alternarono diverse tradizioni. Secondo la tradizione dello ius comune la questione della custodia era strettamente legata agli obblighi di mantenimento e di educazione dei genitori; restando fermo il primato della “patria potestas”, tali obblighi ricadevano su entrambi i genitori, ma per la madre si esaurivano al compimento dei tre anni. Questa posizione giuridica concorse all’affermazione della consuetudine che li voleva affidati in tenera età alla madre.
Un altro principio che ebbe la sua influenza e che fu probabilmente messo in pratica era quello del coniuge incolpevole: i figli dovevano essere affidati al coniuge che non era responsabile della separazione. In teoria la non colpevolezza era considerata una garanzia per il benessere dei figli. Tale principio che risaliva alle norme giustinianee sul divorzio, sarebbe stato ripreso dal Codice civile napoleonico (1804). Secondo l’art. 302 del Code civil i figli dovevano essere affidati al coniuge che aveva ottenuto il divorzio – a meno che non si ordinasse diversamente “per il miglior vantaggio” degli stessi. Vegliante il divorzio gli obblighi di educazione e di mantenimento ricadevano comunque su entrambi i genitori (art. 303).
Cfr. Su questa fondamentale questione cfr. J. Gaudemet, Il matrimonio in Occidente, cit., in particolare, pp. 30, 286, 313; R. Bonini, Criteri per l’affidamento della prole dei divorziati in diritto romano, “Archivio Giuridico”, 181 (1971), pp. 25-30.