Rapporto tra donne e proprietà
La donna sposata, sebbene fosse intestataria del credito dotale, non poteva esercitare sopra di esso alcun diritto. L’amministrazione della dote spettava ai mariti, e in caso di vedovanza o di separazione in teoria essa avrebbe dovuto essere nuovamente trasferita ai famigliari della donna, padri, fratelli, ecc. Molti studi hanno dimostrato che le donne, e in particolare le mogli e le vedove, erano capaci di superare il dettato delle norme che le escludevano dalle transazioni economiche e dalla gestione della proprietà. Le donne di antico regime e soprattutto quelle dei ceti medi e bassi urbani spesso agiscono “come proprietarie”. Il momento della separazione rappresenta un osservatorio privilegiato su questi aspetti e in particolare sulle proprietà muliebri e sulla percezione che le donne avevano di sé come proprietarie.Su questi temi la bibliografia è molto ampia; citiamo qui solo alcuni studi per l’area italiana: il n. 88 di “Quaderni storici”; Th. Kuehn, Figlie, madri, mogli, vedove. Donne come persone giuridiche, in S. Seidel Menchi, A. Jacobson Schutte, Th. Kuehn, (a cura di), Tempi e spazi di vita femminile, Bologna, Il Mulino, 1999, 431-460; S. Cavallo, Che cosa trasmettono le donne? Proprietà domestiche e confini del «personale» tra Sei e Settecento, in Identità e appartenenze. Donne e relazioni di genere dal mondo classico all’età contemporanea, Bologna, 1996; G. Calvi, I. Chabot (a cura di), Le ricchezze delle donne. Diritti patrimoniali e poteri familiari in Italia (XII-XIX secc.), Torino, Rosenberg & Sellier, 1998; A. Arru, L. Di Michele, M. Stella (a cura di), Proprietarie. Avere, non avere, ereditare, industriarsi, Napoli, Liguori, 2001; S. Feci, Pesci fuor d’acqua. Donne a Roma in età moderna: diritti e patrimoni, Roma, Viella, 2004.