Le fonti per la storia delle donne antifasciste
Elisa Signori parla di “distorsione ottica” come l’effetto tipico delle fonti, specie poliziesche, a proposito delle fonti per la storia delle donne antifasciste, specificando tuttavia che tale effetto si riproduce non solo nelle fonti di polizia e non solo a proposito dell’antifascismo femminile e fornendo così un’utile chiave di lettura per l’approccio e lo studio dei documenti. Scrive infatti:
«abituati a censire come reati le manifestazioni di dissenso politico legate a una precisa militanza partitica o, in assenza di un referente organizzativo, ad attribuire rilevanza politica a gesti, interventi, pratiche comunque dislocate in una sfera “pubblica” anche se schermata dalla clandestinità, i funzionari della polizia fascista sono poco perspicui nel cogliere le particolari modalità dell’impegno femminile antifascista, spesso racchiuso in una dimensione privata e quotidiana e sostanziato, in ruoli talvolta solo apparentemente subalterni, di attività assistenziali ed organizzative, di collegamento e mediazione. Così il sistema fascista di controllo poliziesco mentre, per un verso, sovrastima il fenomeno del dissenso nel suo complesso […], per altro verso sottostima la casistica dell’antifascismo femminile, risultante in parte invisibile e/o marginale agli occhi della polizia proprio per gli stereotipi selettivi che la guidano, ma, di fatto, tutt’altro che innocua o ininfluente, nel breve e nel lungo periodo, sulla dinamica del consenso/dissenso. […] Eppure il tessuto della quotidianità [...] è annodato intorno a figure di moglie, di figlie, compagne, collaboratrici il cui personale contributo di passione e di idee, di lavoro e di organizzazione finisce silenziosamente riassunto ed inglobato nell’attività dei loro padri, mariti, fratelli, amici e compagni.»
E. Signori (ed.), Frammenti di vita e d’esilio. Giulia Bondanini; una scelta antifascista (1926 – 1955), Zurigo, L’Avvenire dei Lavoratori, 2006, 9-11.