Modista
Vediamo di seguito alcune note definizioni della professione di modista, proposte integralmente e in ordine cronologico, per rendere più compiutamente il significato del termine e della professione.
«MODISTA. Oggidì si dicono modiste le operaie che una volta si chiamavano mercantesse di mode. Dopo che il lusso si è tanto esteso in tutte le classi, l’arte della modista divenne importantissima e nelle grandi città occupa molte persone. Le modiste attendono principalmente a quanto riguarda gli ornamenti superficiali dei vestiti delle donne. Non lavorano che tessuti leggerissimi: i materiali da esse più spesso impiegati ne’ loro lavori sono i merletti, le blonde, i tulli, le garze, le tele batiste più fine, le sete, i rasi, i nastri d’ogni qualità, i ricami d’ogni sorta, i fiori artificiali, le piume, ec. Spesso guarniscono soltanto i vestiti fatti da altri artefici. Il maggior loro talento consiste nell’inventare nuove mode, che per lo più fanno adottare, principalmente quando piacciono pel loro buon gusto o per qualche singolare capriccio. Non vogliamo già dire con ciò che le modiste riescano sempre ad introdurre mode che allettino l’occhio e il buon senso, che anzi per lo più si veggono ridicole invenzioni che deformano talora la bellezza che, la ricevette, piena di fiducia dalla mano d’una lavoratrice senza buon gusto. La modista prepara la cesta per porre i regali delle nozze, e tutti gli ornamenti per le spose. Sarebbe inutile ed anche ridicolo l’annoverar tutti gli oggetti di cui si occupa la modista, e ancora più inutile entrar nei particolari del modo di lavorarli; quello che è oggi di moda nol sarà più domani e il nostro articolo sarebbe già antico prima di essere stampato. Ci limiteremo a dire che la modista non lavora dietro veruna regola fissa né ha altra norma che i capricci d’una moda sempre incostante, che spesso si crea da sé medesima, troppo fortunata quando il suo buon gusto l’abbia fatta adottare. (L.)»
Nuovo dizionario universale tecnologico o di arti e mestieri e della economica industriale e commerciante. TOMO VIII., Venezia, G. Antonelli Ed., 1833, 403-404.
«MODISTA, secondo il Vocabolario francese-italiano dell’Alberti (Venezia 1785, per Tommaso Bettinelli), significa in francese amante delle mode; ma ora ha cangiato o almeno esteso il significato: modista or diciamo a quella donna o uomo che cuce o vende cose da vestire secondo la moda. Quanto alla donna, credo che a modista possa far corrispondere crestaia.»
(F. Ugolini, Vocabolario di parole e modi errati che sono comunemente in uso, Firenze, tip. Barbera Bianchi e Comp., 1855 [ed. or. Urbino, 1848], 152).
«MODÍSTA. Sentiamo come il signor Valeriani ragiona di questa voce d’uso comune. «Modista varrebbe secondo il vocabolo, Amante delle mode, che segue le leggi della moda; secondo il buon senso toscano è qualche cosa più di Crestaja, ma ad essa si assorella. Fondato su questo uso, certo non reo, fu posto in lessico dai Compilatori napoletani, e definito Operaja, e Mercantessa di mode, cioè, Chi attende principalmente a quanto riguarda gli ornamenti superficiali del vestire delle donne. Fin qui è tutto d’uso. Il signor Ugolini, aggiunge per altro.= Modista, or diciamo a quella donna, o Uomo, che cuce, o vende cose da vestire secondo la moda. = Che si dica pur di un uomo, Modista, non posso mandarla giù, quindi, finché il signor Ugolini non mi provi, che siesi detto pur d’uomo, lo preghiamo a rivolgere quel diciamo singolare. I Napoletani Compilatori infatti, l’orecchio, l’uso, la ragione, dicono, Modista, sostantivo femminino. Anzi compierò questo articolo, dicendo di più: Modista, detto così assolutamente, e come per antonomasia, nel costante uso dei Toscani, non porge altra idea, che di Crestaja: chè, se vuolsi intendere di una donna, che faccia invece abiti, si aggiugne a Modista la voce Sarta, e dicesi, Sarta Modista, e ciò non credo che si faccia sicuramente per provare agli avventori, che quella tal sarta è una Sarta, che non lavora che di mode, imperciocchè tutti i sarti e sarte dovranno seguir l’andazzo di esse mode, o si morirebber di fame, non potendosi presupporre che, se alcun di queste operaje lavorasse sol vesti sempre all’antica o col guardinfante o colla coda, trovasse chi facesse capo alla sua bottega; ma dicesi Sarta modista, appunto per non equivocare con la antonomasia predetta, che ci conduce alla sola idea di Crestaja, e quindi Sarta modista altro non vale che Sarta.»»
P. Fanfani, Vocabolario dell'uso toscano compilato, Firenze, Editore G. Barbera, 1863, 596.