Il progetto Bombacci fu soprattutto attaccato dal gruppo torinese «per la sua insensibilità ai problemi di una costruzione istituzionale dal basso» e «rifiutato dai bordighiani
in quanto specchio dell’inconsistenza politica generale del partito» [Cortesi, Le origini del Partito Comunista Italiano. Il PSI dalla guerra di Libia alla scissione di Livorno,
cit., 229]. Filippo Turati, in una lettera alla Kuliscioff, lo definì uno «zibaldone» che metteva in evidenza la «dégringolade del massimalismo». In sede storiografica, esemplare è il
giudizio di P. Spriano che lo bollò come «una progettazione a tavolino dei Soviet, come contraltare al Parlamento» [Spriano, L’occupazione delle fabbriche. Settembre 1920, cit., 24] e «una
costruzione astratta che non rimarrà meno sulla carta della “preparazione militare”» [Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano. 1. Da Bordiga a Gramsci, cit., 56].