Sintomatiche sono le critiche che Togliatti farà, dall’esilio parigino, del bordighismo, giudicato «come un metodo politico-organizzativo puramente razionalistico, come un
tentativo di costruire una dottrina di un partito rivoluzionario sulla base di un sistema di regole ricavate per deduzioni». La fortuna del bordighismo è vista da Togliatti nel fatto che «la crisi
e il fallimento del PSI [...] spinsero una parte di esse [le masse più avanzate] a cercare una garanzia contro nuove delusioni precisamente in un sistema di formule e di frasi, rigido, tale che
sembrava escludere le possibilità di nuove oscillazioni, incertezze, dubbi e tradimenti. Le origini della fortuna del bordighismo sono quindi da cercare precisamente nei suoi difetti» [P.
Togliatti, Appunti per una critica del bordighismo, «Lo Stato Operaio», aprile 1930, 255, 258-259]. Giuseppe Berti nel 1934 ribadì questa tesi, fissando il classico giudizio della
mentalità geometrica ed astratta, totalmente lontana dalla realtà della classe operaia, del Bordiga.