La questione chiave della lezione dell’esperienza russa e dell’insegnamento leniniano è risolta da Bordiga innanzitutto con la necessità della costituzione immediata del partito
politico comunista. La problematica è davvero complessa. Basti, in questa sede, la constatazione dell’esistenza di tesi opposte a livello storiografico. La più suggestiva è, probabilmente, quella
di F. De Felice, secondo il quale Bordiga perdeva la lezione più significativa del 1917 russo, rappresentata dal dualismo di potere e la costruzione in positivo di un processo rivoluzionario. Per
lo storico campano, la lezione leniniana è «il mutamento dei rapporti di forza politici tra le classi»: la Rivoluzione russa non era stata il frutto di una lotta armata (il problema militare era
relativo, per i bolscevichi, e non centrale, come per Bordiga), ma «di una lunga e sempre più ampia lotta di massa, politicamente diretta, che è giunta a modificare i rapporti di forza politici tra
le classi». Per Bordiga il carattere del partito di classe e il suo campo d’azione finisce dunque per essere definito non dalle masse, bensì dallo «sviluppo di una coscienza rivoluzionaria» e dalla
«preparazione all’insurrezione». [De Felice, Serrati, Bordiga, Gramsci e il problema della rivoluzione in Italia, 1919-1920, cit., 194-195].