L’astensionismo caratterizzò sia la dottrina che la tattica politica bordighiana. Per quanto L. Cortesi tenda a minimizzarne la rilevanza – «l’astensionismo resta un fenomeno
ideologico secondario, non essenziale al nucleo teorico marxista-rivoluzionario del primo comunismo italiano» e «l’astensionismo era [...] innestato in modo spurio, come un plus di intransigenza
rispetto alla posizione partecipazionista» [Cortesi, Le origini del Partito Comunista Italiano. Il PSI dalla guerra di Libia alla scissione di Livorno, cit., 156, 168] –
l’astensionismo fu una delle idee-guida, se non proprio il referente teorico-politico centrale di tutta la riflessione bordighiana. F. Livorsi mette in risalto come Bordiga sembra confondere il
boicottaggio con l’astensione, mentre F. De Felice vede nell’astensionismo «l’elemento fondamentale attraverso cui passa la costituzione e la definizione di un partito rivoluzionario», una volta
esclusa la centralità del collegamento con l’esperienza di massa o con la costituzione di altre istituzioni statuali come i soviet o i consigli di fabbrica. [De Felice, Serrati, Bordiga,
Gramsci e il problema della rivoluzione in Italia, 1919-1920, cit., 197].