Per N. Bombacci ci si riferisce agli articoli La costituzione dei Soviet in Italia, «Avanti!», Milano, 28 gennaio 1920, 2; I Soviet in Italia. Pregiudiziali,
critiche e proposte concrete, «Avanti!», Milano, 27 febbraio 1920, 2. Nato a Civitella di Romagna (Forlì), il 24 ottobre del 1879, Nicola Bombacci fu attivo fin da inizio secolo nel movimento
operaio prima a Cesena, poi a Modena dove controllò allo stesso tempo federazione provinciale del PSI e camera del lavoro. Membro della direzione del PSI dal luglio del 1917, dopo gli arresti di C.
Lazzari e G. M. Serrati, durante il 1918, rimase praticamente solo alla guida del partito, favorendo la centralizzazione e verticalizzazione di tutto il socialismo italiano. Nel 1919 redasse con
Serrati, Gennari e Salvadori il programma della frazione massimalista, vincente al Congresso di Bologna dell’ottobre: eletto segretario del Partito e, il mese seguente, deputato nella
circoscrizione di Bologna con oltre centomila voti fu una delle figure più potenti e visibili del socialismo massimalista nel “biennio rosso”. Nel gennaio del 1920 propose un progetto di
costituzione dei Soviet in Italia che ottenne pochi consensi e molte critiche, contribuendo però ad aprire un acceso dibattito teorico sulla stampa di partito. In aprile, fu il primo socialista
italiano ad incontrare dei rappresentanti bolscevichi a Copenaghen, mentre in estate fu uno dei membri della delegazione italiana che andò nella Russia sovietica, partecipando anche al II Congresso
dell’IC a Mosca. Fondatore nell’autunno della Frazione comunista insieme a Gramsci, Bordiga, Gennari e Graziadei, oltre che direttore del periodico «Il Comunista», a Livorno optò decisamente per la
scissione, non esitando ad entrare nel PCd’I, nel quale divenne membro del Comitato Centrale. Fu rieletto deputato nel ’21 a Trieste, ma, non avendo una sua corrente, nel nuovo partito fu presto
estromesso dai centri direttivi comunisti, cominciando dal CC del Partito. Espulso unilateralmente dal CE del PCd’I nel novembre del 1923, la IC ne decise la riammissione, invitandolo come
rappresentante italiano ai funerali di Lenin nel gennaio del 1924. Tornato in Italia, Bombacci collaborò con l’Ambasciata russa a Roma, al servizio del commercio e della diplomazia sovietica. Il
suo distacco dal Partito era ormai palese: nel 1927 i dirigenti comunisti in esilio ne decretarono l’espulsione definitiva. Continuò a vivere a Roma con la famiglia, in sempre maggiori ristrettezze
economiche. Dal 1933 avvenne un graduale avvicinamento al fascismo, che dal ’36 può dirsi una vera e propria conversione. Mussolini gli concesse personalmente di fondare «La Verità», una rivista
politica allineata sulle posizioni del regime, progetto al quale collaborarono svariati altri ex-socialisti. Durante la guerra Bombacci ebbe più visibilità grazie alla pubblicazione di opuscoli
propagandistici, mentre con l’inizio del 1944 andò volontariamente a Salò, dove fu una sorta di consigliere di Mussolini. In fuga col duce, fu fucilato sul lago di Como e, il 29 aprile 1945, appeso
al distributore di Piazzale Loreto insieme ai gerarchi fascisti sotto la scritta “Supertraditore”.