Il gruppo ordinovista alla fine del dibattito intorno alla costituzione dei Soviet in Italia, che coincise con la sconfitta nello sciopero delle lancette, uscì piuttosto diviso
con un Gramsci sempre più isolato rispetto al gruppo di Togliatti, Terracini e Tasca. Anche se la maggiore distanza si toccherà nell’estate, in contemporanea con il II Congresso della IC, le
differenze di interpretazione erano in parte già contenute negli articoli dei mesi invernali del 1920. Due erano le posizioni definite all’interno del gruppo torinese. Mentre Tasca era critico con
la teoria e pratica dei Consigli perché li considerava «un’invenzione intellettuale, volontaristica e idealistica» che sconvolgeva gli strumenti tradizionali di organizzazione della classe operaia,
Gramsci, invece, aveva creato una sorta di «mito ideologico» dei Consigli, contrapposti radicalmente al Sindacato e considerati come l’unico organismo capace di raccogliere la volontà di tutti i
lavoratori e di temprarla sulla base della vita di fabbrica. Secondo P. Spriano, il mito dei Consigli fu il filo rosso di tutto il pensiero politico gramsciano e fu una lezione futura con il metodo
«di ricercare sempre la convalida d’una prospettiva nel seno della classe [..], di concepire il partito proletario come una parte della classe». [Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano.
1. Da Bordiga a Gramsci, cit., 62, 63].