Franco De Felice è stato forse l’unico storico a saper leggere con attenzione la concezione della politica e della rivoluzione di Serrati. Nel dirigente massimalista, lo storico
campano nota un incessante dominio del passato sul presente. Il problema – che Serrati rileva, ma non risolve – del rinnovamento «come questione dello stretto collegamento tra politica e
organizzazione» viene eluso nella sua sostanza politica e viene risolto semplicemente con «l’aggiunta accanto a quelli esistenti di altri organismi, il cui valore dirompente non viene così esaltato
ma costretto entro uno schema tradizionale». La costituzione del Soviet finisce per essere per Serrati «un innesto sul vasto movimento economico-cooperativo, di cui la sezione socialista deve
costituire l’anello di collegamento». Quella che De Felice giustamente definisce «la formula serratiana della dittatura del proletariato come dittatura del partito socialista» rende evidente la
concezione della politica «oscillante tra pedagogia e capacità di direzione politica» [De Felice, Serrati, Bordiga, Gramsci e il problema della rivoluzione in Italia, 1919-1920,
cit., 118-119].