La questione centrale a tutto il dibattito, non solo italiano, ma europeo, era come doveva avvenire l’incontro con Lenin ed il leninismo, quali dovevano essere le forme
specifiche d’intervento politico attraverso cui tutto il nucleo essenziale dell’esperienza rivoluzionaria russa poteva essere appropriato da un movimento che aveva un’altra storia, come esperienza
politica e tradizione organizzativa, e che per di più aveva sulle spalle un fallimento storico come quello della disgregazione di fronte alla guerra imperialista. Secondo Franco De Felice, «la
saldatura poteva avvenire solo attraverso un’appropriazione teoricamente creativa dell’esperienza dell’Ottobre e una sua ritraduzione politicamente originale in un contesto storicamente diverso»,
ma il collegamento tentato da Serrati tra rivoluzione e tradizione si risolse, a causa del mancato adeguamento politico necessario, «nella riduzione del nuovo al vecchio, in sfasatura con il
presente» [De Felice, Serrati, Bordiga, Gramsci e il problema della rivoluzione in Italia, 1919-1920, cit., 77, 85]. Anche T. Detti ha messo in rilievo con estrema chiarezza come
Serrati istituisse «un diretto rapporto di continuità fra una peculiare tradizione storicamente affermata del socialismo italiano e le forme del suo inserimento nella più ampia dimensione del
movimento rivoluzionario internazionale» [Detti, Serrati e la formazione del Partito comunista italiano. Storia della frazione terzinternazionalista, 1921-1924, cit., 5].