Per C. Niccolini ci si riferisce agli articoli La costituzione dei Soviety, «Avanti!», Milano, 5 febbraio 1920, 5; La costituzione dei Soviet, «Avanti!»,
Milano, 15 febbraio 1920, 1; La costituzione dei Soviety, «Comunismo», 15-31 marzo 1920, 821-833 e Soviet e Consigli di fabbrica. Non bisogna temporeggiare, «Avanti!», Milano, 30
marzo 1920, 2.
Carlo Niccolini è lo pseudonimo utilizzato da Nikolaj Markovič Ljubarskij, uno dei primi inviati del Comintern in Italia. Ljubarskij, nato ad Odessa nel 1887, era entrato nel Partito Operaio Socialdemocratico Russo nel 1906 e già due anni dopo era emigrato in Europa Occidentale per stabilirsi nel 1913 in Italia, presso la colonia russa di Capri, riunita attorno a Gor’kij. Costretto a ritornare in Russia nel 1916 per necessità finanziarie, riprese in pieno la sua attività nelle file bolsceviche al momento della rivoluzione: fu tra i delegati del partito al II Congresso panrusso dei soviet che sancì la presa del potere bolscevica la sera del 7 novembre 1917 e fu uno degli organizzatori del I Congresso della IC nel marzo del 1919, essendo nominato poi membro del suo ufficio organizzativo permanente. Ai primi di settembre venne inviato in Italia come rappresentante ufficiale del Comintern presso la Direzione del PSI. Risedette in casa di Serrati, collaborando attivamente all’«Avanti!» e dirigendo «Comunismo», la rivista teorica della III Internazionale in Italia. Partecipò al dibattito interno al PSI nei primi mesi del 1920, esportando fedelmente le direttive bolsceviche. Vicino a Serrati fino al II Congresso della IC dell’estate del 1920, al ritorno in Italia, ligio al suo compito, seguì gli ordini moscoviti alla lettera, schierandosi apertamente con il gruppo ordinovista torinese e con Bordiga. Sostenne la scissione della frazione comunista e, nel gennaio del 1921, assistette al Congresso di Livorno: fu il suo ultimo atto ufficiale in Italia. Nella seconda metà del 1921 si trovò in Cecoslovacchia, mentre nel 1922 a Mosca per partecipare alle riunioni del C. E. del Comintern. Dopo una breve esperienza come ministro plenipotenziario in Mongolia, venne espulso dal Partito Comunista Russo nel 1923 e lavorò come capo della sezione editoriale dell’Istituto internazionale agrario. Arrestato ed internato, morì in un campo di concentramento nella seconda metà degli anni Trenta.
Le informazioni su N. M. Ljubarskij si trovano in H. König, Lenin e il socialismo italiano, Firenze, Vallecchi, 1972, 61-67; S. Noiret, Massimalismo e crisi dello stato liberale. Nicola Bombacci (1879-1924), Milano, Franco Angeli, 1992, 352-363; A. Venturi, Rivoluzionari russi in Italia, 1917-1921, Milano, Feltrinelli, 1979, 196-210, 224-229, 235-237, 255-258.
Carlo Niccolini è lo pseudonimo utilizzato da Nikolaj Markovič Ljubarskij, uno dei primi inviati del Comintern in Italia. Ljubarskij, nato ad Odessa nel 1887, era entrato nel Partito Operaio Socialdemocratico Russo nel 1906 e già due anni dopo era emigrato in Europa Occidentale per stabilirsi nel 1913 in Italia, presso la colonia russa di Capri, riunita attorno a Gor’kij. Costretto a ritornare in Russia nel 1916 per necessità finanziarie, riprese in pieno la sua attività nelle file bolsceviche al momento della rivoluzione: fu tra i delegati del partito al II Congresso panrusso dei soviet che sancì la presa del potere bolscevica la sera del 7 novembre 1917 e fu uno degli organizzatori del I Congresso della IC nel marzo del 1919, essendo nominato poi membro del suo ufficio organizzativo permanente. Ai primi di settembre venne inviato in Italia come rappresentante ufficiale del Comintern presso la Direzione del PSI. Risedette in casa di Serrati, collaborando attivamente all’«Avanti!» e dirigendo «Comunismo», la rivista teorica della III Internazionale in Italia. Partecipò al dibattito interno al PSI nei primi mesi del 1920, esportando fedelmente le direttive bolsceviche. Vicino a Serrati fino al II Congresso della IC dell’estate del 1920, al ritorno in Italia, ligio al suo compito, seguì gli ordini moscoviti alla lettera, schierandosi apertamente con il gruppo ordinovista torinese e con Bordiga. Sostenne la scissione della frazione comunista e, nel gennaio del 1921, assistette al Congresso di Livorno: fu il suo ultimo atto ufficiale in Italia. Nella seconda metà del 1921 si trovò in Cecoslovacchia, mentre nel 1922 a Mosca per partecipare alle riunioni del C. E. del Comintern. Dopo una breve esperienza come ministro plenipotenziario in Mongolia, venne espulso dal Partito Comunista Russo nel 1923 e lavorò come capo della sezione editoriale dell’Istituto internazionale agrario. Arrestato ed internato, morì in un campo di concentramento nella seconda metà degli anni Trenta.
Le informazioni su N. M. Ljubarskij si trovano in H. König, Lenin e il socialismo italiano, Firenze, Vallecchi, 1972, 61-67; S. Noiret, Massimalismo e crisi dello stato liberale. Nicola Bombacci (1879-1924), Milano, Franco Angeli, 1992, 352-363; A. Venturi, Rivoluzionari russi in Italia, 1917-1921, Milano, Feltrinelli, 1979, 196-210, 224-229, 235-237, 255-258.