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Lilla Maria Crisafulli (a cura di), “British Risorgimento, vol. I: L’Unità d’Italia e la Gran Bretagna”

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Lilla Maria Crisafulli (a cura di), “British Risorgimento, vol. I: L’Unità d’Italia e la Gran Bretagna”, Napoli, Liguori, 2013, 267 pp.

Il volume nasce da un progetto di ricerca coordinato dalla curatrice presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Bologna. Articolato in tre sezioni, esso presenta i risultati di un approccio storico ai testi della letteratura inglese, riletti attraverso il prisma delle relazioni intrattenute dagli autori con l’Italia risorgimentale.

Nell’introduzione la curatrice spiega le origini del libro e presenta alcune feconde chiavi di lettura dei quindici saggi raccolti. Si tratta in sintesi di un percorso affascinante che dal Cinquecento conduce alla piena età vittoriana: secoli nei quali i letterati britannici si misurarono a più riprese con la penisola italiana, aggiungendo preziosi tasselli di realismo e attualità all’immagine stereotipata che imperversava nella cultura del Grand Tour. È altresì interessante il fatto che dei case-studies qui presentati diversi riguardino delle donne, scrittrici che visitarono l’Italia o intrattenevano rapporti di parentela con italiani, e che sentirono il richiamo delle lotte per la libertà.

Si comincia, come detto, dal Cinquecento. Keir Elam si addentra in una circumnavigazione dell’idea di patria degli elisabettiani. Attraverso un’opera storiografica, lo studioso rileva come la frammentazione politica della penisola apparisse un problema agli occhi degli inglesi, che avevano forgiato il concetto di commonwealth. Le città italiane erano disunite, ma qualcuna appariva più titolata delle altre alla grandezza. Il concetto di commonwealth portava ad enfatizzare soprattutto Venezia, benché i giudizi differissero poi sui costumi dei veneziani. Il saggio è interessante anche perché testimonia della fortuna di Machiavelli in Inghilterra prima della censura protestante.

Elena Musiani illustra i luoghi dell’incontro tra italiani e inglesi nella realtà di Bologna. Si comincia con la Società agraria, dove si inneggiava congiuntamente a Cobden e a Pio IX, e si prosegue con i salotti più importanti e con le figure di salonnières più in vista. Alla politica teatrale della Firenze granducale è invece dedicato il saggio di Claudia Corti, che ravvisa un’influenza inglese nei vari progetti per la rinascita teatrale della capitale lorenese, rinascita che aveva contemplato l’interessamento diretto di Pietro Leopoldo.

Si entra così nella sezione dedicata a L’Italia pre-risorgimentale, vale a dire negli anni Dieci e Venti. Andrea Campana ricostruisce il percorso di Ugo Foscolo a Londra, scettico sulla capacità di ‘rigenerazione’ degli italiani. Famoso il responso negativo di Federigo Confalonieri, che accusò il poeta di essere cattivo ambasciatore della causa italiana; meno note le reazioni di altri esuli i quali, in un’interpretazione psicoanalitica, avrebbero «ucciso il padre» per edificare una propaganda positiva.

Franca Dellarosa propone le testimonianze del lavoro di traduttore svolto dallo storico Michele Amari sui versi di Walter Scott. Il saggio ripercorre un’epoca di tranfer culturali attivi tra i due paesi, che avrebbero inciso sull’autore della migliore interpretazione scientifica dei Vespri siciliani. Lilla Maria Crisafulli si concentra sui resoconti di viaggio di Lady Morgan e di Mary Shelley, illustrando le ragioni di attrazione che l’Italia contemporanea, quella della Restaurazione e della Carboneria, aveva nei confronti di queste intellettuali abituate a confrontarsi con la situazione politica del proprio paese. Mary Shelley torna al centro nello scritto di Elisabetta Marino, che ripercorre l’opera della scrittrice mettendo nel dovuto risalto i giudizi sulla Carboneria e sui carbonari, che non convincevano l’inglese a causa dell’impostazione settaria.

Con I Vittoriani, titolo della terza sezione, si transita agli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta. Serena Baiesi rilegge i versi di Elizabeth Barrett Browning, appassionata sodale dei patrioti italiani. Affiora un sentimento poetico che, mentre non disconosce la figura domestica della donna, idealizzata dalla cultura corrente, sprona nondimeno il mondo femminile ad un nazionalismo intenso e severo, che avrebbe davvero forgiato le madri della nazione.

Laura Bandiera si misura con «l’imprevedibile» Mrs Trollope, analizzando le tante contraddizioni testuali che il contatto diretto con la penisola produsse nei primi anni Quaranta. Elena Spandri si dilunga invece sul Lorenzo Benoni, il romanzo che Giovanni Ruffini fece uscire in inglese e che avrebbe voluto vedere affiancato ai grandi romanzi eponimi della letteratura britannica. La critica mette in luce come la scelta di pubblicare in inglese sottintendesse ambizioni precise, e contribuisse ad auspicare una ricezione non limitata all’apprezzamento di un’autobiografia dell’esule. Il tutto ancora alla luce delle riflessioni che Giuseppe Mazzini aveva speso sull’ufficio della letteratura contemporanea.

Carlotta Farese illustra le ambivalenze intrattenute da Christina Rossetti con la patria del padre. Il saggio segue la poesia della protagonista, evincendone un senso di appartenenza messo a dura prova dallo straniamento di fronte alla realtà contemporanea. Infine Giovanna Silvani ripropone la poesia accesa del repubblicano Swimburne, corrispondente di Mazzini e infiammato sostenitore delle gesta di Garibaldi.

La quarta sezione è dedicata alla musica. Maurizio Giani ci mostra come le riflessioni dell’esule Mazzini sull’opera anticiparono in molti punti la riforma wagneriana. Analista del rapporto tra gli italiani e l’opera fu anche Dickens, che dopo un’iniziale indifferenza ben colse il nesso tutto politico tra la musica e lo spirito pubblico degli italiani. Diego Saglia rilegge Vittoria di Meredith, mettendo in luce lo straordinario intreccio tra musica, patriottismo e partecipazione delle donne. Chiude il volume, prima di una utile Bibliografia d’insieme, uno scritto di Marco Capra su Giuseppe Verdi, ambasciatore a Londra del Canto degli italiani invece che della Marcia dei Savoia.