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Geografie e cartografie di guerra: "Il Trentino. Cenni geografici, storici, economici. Con un’appendice sull’Alto Adige" di Cesare Battisti (1915)

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Abstract

Il Trentino. Cenni geografici, storici, economici. Con un’appendice sull’Alto Adige is a thematic atlas edited in 1915 by the Italian geographer and politician Cesare Battisti (1875-1916). The atlas represents an original and considerable work related to the exploitation and representation of a regional study. It also reproduces and applies the most important geographical theories of coeval Italian and international geography. In this work Battisti distanced himself from his traditional socialist oriented approach to embrace radical nationalist positions. This is provided by his acceptance to consider the whole southern portion of the Austrian Tirol till the Alpine watershed as part of the Italian nation.

Premessa

Il Trentino è un atlante tematico, composto di sessantadue pagine di testo e diciannove tavole a colori, pubblicato nell’autunno del 1915 dal geografo e patriota Cesare Battisti (1875-1916) [Battisti 1915b]. Si tratta di un’opera didattica e divulgativa che mira a fornire una descrizione integrale della regione trentina resa più efficace attraverso l’ampio ricorso alla cartografia. Il volume fu concepito assieme all’editore Giovanni De Agostini (1863-1941), sull’onda degli eventi bellici, come il primo di una serie dedicata alle terre irredente. L’atlante include anche la rappresentazione del territorio altoatesino, assecondando un disegno strategico che si andava prospettando in quei mesi e che prevedeva di estendere il confine politico dell’Italia fino allo spartiacque alpino. L’opera fu data alle stampe quando Battisti si era unito come volontario alle truppe dell’Esercito Italiano e aveva raggiunto il fronte di guerra alpino per combattere contro gli austriaci, compiendo un atto di diserzione che gli sarebbe costato la vita appena pochi mesi più tardi.

Battisti, allora poco più che quarantenne, era nato a Trento da un’agiata famiglia borghese in una regione dalla forte impronta culturale italiana, rimasta esclusa dal processo di unificazione risorgimentale. Era perciò cittadino dell’Impero d’Austria e Ungheria, un’entità statuale plurilinguistica la cui unità era messa in discussione dall’esacerbarsi delle istanze nazionali e dalle tensioni con i paesi confinanti [Calì 2003].

Nell’ultimo quarto del XIX secolo si andava esaurendo quella fase storica che aveva portato, ad esempio in Italia, all’unificazione di un popolo frammentato in diversi paesi ma accomunato da una indiscutibile identità culturale [Gentile 2006]. Allo stesso tempo si assisteva alla necessità di definire e compattare l’elemento nazionale soprattutto in quelle regioni liminali che rappresentavano punti strategici per la sicurezza militare del paese. La questione delle terre irredente, dei confini, dell’omogeneità linguistica divenne argomento centrale delle teorie nazionalistiche espresse in forma sempre più aggressiva verso l’esterno [Cattaruzza 2007, 43-68] e sostenute da una riflessione scientifica che vedeva nella geografia e nei suoi adepti importanti interlocutori e la possibilità di teorizzare su basi scientifiche l’argomento incerto del sentimento nazionale [Proto 2014a, 91-93].

Accanto alla riflessione generale nell’ambito delle scienze geografiche, che si praticava nei concetti di confine, regione e Stato, la cartografia offriva uno strumento efficace di rappresentazione capace di veicolare determinate teorie e di divenire importante strumento didattico e propagandistico [Proto 2014b, 43-52].

Cesare Battisti sin da giovanissimo aveva fatto propria la questione della nazionalità. Il problema della lingua, in primo luogo, gli si era palesato una volta concluso il percorso scolastico e di fronte all’opportunità di scegliere una facoltà universitaria.

Fino al 1866 i cittadini di lingua italiana dell’Impero avevano potuto proseguire gli studi superiori presso l’Università di Padova. Ma una volta sancita l’unione politica del Veneto all’Italia i diplomi padovani non erano più riconosciuti validi dalla burocrazia imperiale. L’unica possibilità erano le università austriache, dove i corsi si tenevano però in lingua tedesca. Battisti decise di iscriversi alla Facoltà di Legge presso l’Università di Graz ma contemporaneamente iniziò a frequentare i corsi della Facoltà di Lettere presso l’Istituto di studi superiori di Firenze [Biguzzi 2008, 38-48]. Là, da qualche anno, Giovanni Marinelli (1846-1900) aveva dato corso a un nuovo indirizzo nello studio e nell’insegnamento della geografia che influenzò profondamente il pensiero del giovane trentino.

Proprio con Marinelli, nel 1897, Battisti discusse la sua tesi di laurea che aveva come oggetto la geografia del Trentino e che per l’originalità di metodo e di contenuto fu subito pubblicata [Battisti 1898]. Si tratta di uno dei primi studi monografici che riguardino una regione italiana, indagata sotto il profilo fisico-naturale, storico, statistico-economico e demografico, per fornire un’immagine unitaria del territorio e rivendicarne un preciso carattere culturale.

Tornato a Trento, negli anni successivi Battisti si dedicò intensamente alla politica attiva nelle file del Partito Socialista, tralasciando l’impegno verso la geografia e abbandonando una promettente carriera accademica [Biguzzi 2008, 49-57].

Cesare Battisti e la geografia del Trentino e dell’Alto Adige

Fu nel giorno fatidico del 24 maggio 1915 che Cesare Battisti diede alle stampe la sua seconda monografia dedicata alla regione trentina [Battisti 1915a]; non l’atlante che qui si ripubblica ma un volume monografico che proponeva in parte aggiornato il contenuto della sua tesi di laurea. In seguito all’evoluzione della situazione politica Battisti era giunto a schierarsi nella fazione degli interventisti contro gli Imperi Centrali. Non l’atlante che qui si ripubblica ma un volume monografico che proponeva in parte aggiornato il contenuto della sua tesi di laurea.

Il Trentino rappresentava in quel momento uno dei territori oggetto di contesa con l’Austria-Ungheria. Ma l’obiettivo ormai evidente della politica italiana era estendere la sovranità nazionale ben oltre Trento sino allo spartiacque alpino, assecondando un modello scientifico di regione e confine che si era definito negli anni precedenti e che andava a supportare le decisioni strategiche: non solo Trento e Trieste ma tutta la regione dell’Adige fino al Brennero e, in prospettiva, le isole e la costa dalmata per il dominio sull’Adriatico [Cattaruzza 2007, 69-84].

Come accennato all’inizio, la questione nazionale aveva rivestito per Battisti una priorità assoluta, secondo un’interpretazione di indirizzo socialista. Nella prospettiva di un riscatto sociale delle classe più deboli, infatti, l’indipendenza sulla base delle caratteristiche etnico-culturali rappresentava il primo tassello di un progressivo riscatto per la libertà dei popoli e la giustizia nei confronti dei meno abbienti. La riflessione del geografo trentino si colloca in una prosecuzione ideale del pensiero risorgimentale di Mazzini e Cattaneo, attraverso la mediazione del geografo Arcangelo Ghisleri (1855-1938), coniugato con l’esigenza di progresso collettivo del socialismo [Magini 1986; Ferretti 2015, 13-16].
Battisti fece proprie le ragioni dell’interventismo democratico secondo le tesi antimperialiste di Gaetano Salvemini e Leonida Bissolati [Cattaruzza 2007, 80], ma allo stesso tempo modificò sensibilmente anche la sua visione territoriale dello stato-nazione: il problema dell’Alto Adige è esempio massimo della trasformazione avvenuta nell’ideologia battistiana.

Nella prima opera sul trentino [Battisti 1898] la rivendicazione italiana in Alto Adige non era nemmeno accennata. Il confine alla chiusa di Salorno, allora limite amministrativo fra i capitanati trentini e quello di Bolzano, era espressamente indicato quale barriera linguista e limite settentrionale fra il Trentino – territorio definito quasi interamente italiano – e la regione tirolese di lingua tedesca. Nei paragrafi dedicati agli aspetti fisici della regione, tuttavia, compare una mappa che traccia in maniera schematica i limiti dell’idrografia e che include nella rappresentazione l’intero bacino dell’Adige e dei suoi tributari, come l’Isarco, estendendo perciò il confine fino al Passo di Resia e al Brennero.

Il bacino idrografico dell’Adige [Battisti 1898]
Il bacino idrografico dell’Adige [Battisti 1898]

A livello comparativo è interessante confrontare questa mappa con la tavola XV dell’atlante Il Trentino, come verrà fatto oltre (cfr. par. 3), proprio per evidenziare il legame fra regione idrografica e un modello regionale più ampio che comprenda anche connotazioni di carattere storico e politico.

Battisti, infatti, non poteva certo ignorare una delle teorie scientifiche più significative che era stata elaborata nell’arco dei due decenni precedenti da Giovanni e Olindo Marinelli (1876-1926), principali esponenti di quella scuola geografica fiorentina dove lui stesso si era formato.

L’idea di regione che si veniva affermando nella geografia italiana muoveva dall’esigenza di creare una sintesi del sapere geografico sia per quanto riguardava l’analisi fisico-naturale dell’ambiente che per gli aspetti relativi alla storia dei gruppi umani.

Il progresso nei metodi di raccolta, classificazione e rappresentazione dei fenomeni geografici determinava la creazione di inventari sistematici degli elementi di indagine. La loro elaborazione permetteva di individuare unità geografiche che spiegassero la presenza e la diffusione di un fenomeno. Questo consentiva, come primo passo dell’analisi regionale, di individuare e descrivere una cosiddetta regione elementare, esplicativa di un singolo fenomeno, riguardasse esso il clima, la flora o la fauna, l’idrografia o la demografia, l’insediamento o la toponomastica. Il livello di indagine successivo contemplava, quale somma dei fenomeni rappresentati da singole regioni elementari l’insieme di fenomeni caratterizzanti le regioni complesse, suddivise in climatiche, fitogeografiche, zoogeografiche, antropiche ecc. Infine la regione integrale, sintesi conclusiva di tutti i fenomeni e i livelli di analisi e rappresentazione evidente di unità geografica [Marinelli 1908, 236-237; Marinelli 1916].

La regione integrale, come risultato di un esperimento empirico, ebbe un enorme successo in un ambiente geografico accademico caratterizzato all’epoca dal dominio del pensiero positivista [Proto 2014b, 54-60]. Battisti sarà fra i primi a darne evidenza applicativa, utilizzando il modello marinelliano per definire la geografia del Trentino e, in seguito, anche per il vicino Alto Adige.

La monografia pubblicata il giorno dello scoppio della guerra presenta già una prima fondamentale distinzione rispetto alla tesi di laurea discussa diciotto anni prima a Firenze. Nel primo paragrafo, laddove Battisti traccia i confini della regione trentina, si riferisce al territorio di Bolzano utilizzando il toponimo Alto Adige, invece di Tirolo sempre mantenuto nella monografia del 1898 e inoltre lo apostrofa come «territorio originariamente italiano, ora mistilingue» esplicitando una precisa rivendicazione politica [1915a, 4]. I richiami all’Alto Adige nel testo sono numerosi e soprattutto divengono significativi nella trattazione delle risorse idriche e del loro sfruttamento idroelettrico dove, per forza di cose, si evidenzia la presenza di un’unità geografica basata sul comune bacino idrografico, pur mantenendo distinta la regione Alto Adige dal Trentino [1915a, 147-150].

La coeva corrispondenza con Gaetano Salvemini, inoltre, testimonia l’incertezza che incominciava a palesarsi nella definizione e nell’applicazione del modello scientifico regionale al territorio studiato, proprio nel momento in cui Battisti era impegnato nella pubblicazione dell’atlante Il Trentino. Veniva meno il principio sino ad allora da lui sostenuto di un confine italiano a Salorno nella Valle dell’Adige.

Nel dicembre del 1914 Salvemini scrisse a Battisti ponendogli sei precise domande sulla consistenza numerica degli italiani nel territorio di Bolzano, sull’opportunità politica di un confine di stato al Brennero e i conseguenti rischi di un irredentismo tedesco e, infine, sulle teorie e la personalità di Ettore Tolomei (1865-1952), il più tenace sostenitore dell’irredentismo italiano in Alto Adige, col quale Battisti stesso aveva iniziato una fitta corrispondenza. La risposta di Battisti non si fece attendere ma rimase piuttosto vaga: non fornì i dati numerici sulla presenza italiana, non espresse opinione sull’operato di Tolomei, né sulle conseguenze per la popolazione tedesca di un’annessione italiana dell’intero territorio fino allo spartiacque alpino. Sostenne, inoltre, la legittimità di un confine italiano che coincidesse con il confine del napoleonico Dipartimento dell’Alto Adige fissato nel 1810, annettendo perciò Bolzano all’Italia ma escludendo Merano e Bressanone. La debolezza militare di questo confine per la difesa del territorio era cosa nota e Battisti preferiva non esprimersi a riguardo, pur giudicando un eventuale confine al Brennero come la migliore difesa militare [Calì 1988, 99-100]. Era la premessa di un’accettazione del programma massimo dell’irredentismo.

Geografia, cartografia e nazione: Il Trentino

Battisti partì volontario per il fronte il 29 maggio del 1915. Nei mesi precedenti l’arruolamento aveva accettato di collaborare a un’iniziativa editoriale dell’Istituto Geografico De Agostini. Per assecondare la propaganda verso le terre irredente Giovanni De Agostini aveva pianificato la pubblicazione di una serie di atlanti tematici dedicati ai territori linguisticamente e culturalmente affini all’Italia. Lo scopo era di far conoscere a un pubblico più vasto possibile la natura di quelle regioni e il loro legame storico-culturale con l’Italia. Rispetto alla tradizionale monografia geografica, riservata a un pubblico più erudito, la forma dell’atlante si presentava di facile comprensione grazie alla capacità comunicativa di mappe e illustrazioni.

A Battisti fu affidato l’incarico di realizzare due volumi: il primo sul Trentino che fu pubblicato nell’ottobre 1915 [1915b], il secondo sulla Venezia-Giulia, uscito soltanto postumo dopo la fine della guerra e in omaggio all’eroe defunto [1920].

Battisti cominciò a lavorare all’atlante nei primi mesi del 1915. La corrispondenza con Giovanni De Agostini e Luigi Filippo De Magistris (1872-1950), futuro geografo accademico al tempo redattore presso l’Istituto Geografico De Agostini [Ferro 1990], testimonia alcuni aspetti che si riferiscono ai tempi di composizione dell’opera.

Nel maggio del 1915 il lavoro di scrittura poteva ormai dirsi terminato: sia le bozze del volume sia le carte erano in fase di rielaborazione presso la casa editrice [Calì 1988, 72].

Ai primi di luglio il volume risultava impaginato e pronto per i giri di bozze finali. De Agostini scriveva a Battisti per presentargli lo schema del frontespizio realizzato:

La copertina sarà molto espressiva. Grande quanto è la pagina di testo, dell’altezza di circa 23 cm. su buona carta cilindrata, in una mezza tinta simpaticamente calda spiccherà il monumento di Dante a Trento. Nel cielo, bianchissimo, poche parole di stampa in colore rosso: il tuo nome ed il Titolo. [Calì 1988, 75]

Concluse entro l’estate le ultime rifiniture, l’opera fu diffusa in tremila copie all’inizio dell’autunno e in pochi mesi andò esaurita, perciò De Agostini spinse Battisti a preparare una seconda edizione. Lo scambio epistolare con la casa editrice testimonia come l’approntamento della ristampa fosse in corso a poche settimane dalla morte di Battisti e da questa interrotto. L’opera sarà poi riedita nel 1917 e, di nuovo, nel 1919 con la collaborazione della vedova Ernesta Bittanti, rispettando quasi fedelmente l’edizione originale e tralasciando modifiche e integrazioni che Battisti aveva invece previsto (vedi oltre).

Ne Il Trentino Battisti si prodigò per la prima volta in maniera compiuta con la produzione di carte tematiche originali che fossero da complemento e integrazione ai testi statistico-geografici.

Nelle prime cinquanta pagine dell’opera Battisti si sofferma sui diversi aspetti che caratterizzano la regione storica del Trentino, riprendendo, in molti casi letteralmente, ampi stralci delle monografie già dedicate a quel territorio. L’indice è quasi identico a quello della monografia pubblicata pochi mesi prima [1915a] della quale l’atlante ripropone, di fatto, gli stessi contenuti in forma di sintesi. Costante è il richiamo, in nota a piè di pagina, alle carte tematiche in calce al volume come ulteriore esplicazione dei fenomeni narrati.I temi affrontati sono quelli tradizionali delle monografie regionali:

  1. Geografia fisica: posizione, superficie, orografia, idrografia, clima.
  2. Storia del territorio.
  3. Divisione politico-amministrativa.
  4. Aspetti statistico-demografici: popolazione, fenomeni migratori, lingue e dialetti.
  5. Geografia economica: uso del suolo, assetto proprietario, attività economiche, infrastrutture.
  6. Geografia dell’insediamento: città, paesi, abitazioni.

L’intento del volume è volto palesemente a dimostrare il carattere italiano della regione nel suo legame fisico e culturale con la patria a mezzogiorno. Dalla breve sintesi storica, dove le tracce presenti sono equiparate a quelle delle contermini regioni italiane, Battisti tende a riproporre ad ogni passo il legame con l’Italia e la quasi estraneità culturale con il mondo tedesco [1915b, 9-10].

La novità importante, rispetto ai precedenti lavori monografici, è il pur breve capitolo dedicato alla geografia dell’Alto Adige, dove Battisti accoglie le tesi esposte nelle opere di Ettore Tolomei, espressamente citate in nota [1915b, 50].

Oltre alla comune eredità romana, alla presenza di rilevanti comunità italiane, il legame più evidente rilevato da Battisti è quello dell’unità geografica: Trentino e Alto Adige possono costituire una sola regione, in virtù delle caratteristiche fisico-naturali del territorio che, unite agli aspetti storici, demografici, economici e insediativi compongono quella sovrapposizione di elementi utile a richiamare il modello di regione integrale teorizzato dai Marinelli.

La cartografia gioca un ruolo importante nell’esplicare visivamente il modello teorico regionale e l’idea di un’unità geografica costruita per gradi sulla base della raccolta dei diversi elementi.

Delle diciannove carte che compongono l’atlante quindici ( II, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XVII, XVIII, XIX ) descrivono il territorio trentino e riguardano fenomeni di geografia antropica; la I, la III e la XV includono anche l’Alto Adige, mentre la XVI rappresenta una pianta della città di Trento.

Le tavole illustrano, secondo quanto già detto, i diversi aspetti dell’analisi geografica regionale. L’ordine di pubblicazione segue la loro citazione in nota nei capitoli narrativi.

La rappresentazione cartografica, elaborata da una base IGM, dimostra una matura padronanza delle tecniche e dell’utilizzo dei tematismi, imitando quelle che erano allora le migliori cartografie prodotte in Italia, in special modo a opera di Achille Dardano (1870-1938), dal 1901 stretto collaboratore dell’Istituto De Agostini [Cerreti 2006].

In alcuni casi (tavola IV e VI) il tematismo o i tematismi sono estesi anche a contemplare i territori limitrofi, come l’Alto Adige.

La tavola VI è dedicata alla presenza della Lega Nazionale in Trentino, società irredentista fondata a Trieste nel 1891 in seguito alla dissoluzione della società Pro Patria di Rovereto per volere del governo austriaco. La Pro Patria era stata anche la sostenitrice della costruzione a Trento del monumento a Dante Alighieri, divenuto bandiera dell’irredentismo e che figura, non a caso, sulla stessa copertina de Il Trentino.

La Lega Nazionale promuoveva la difesa della cultura italiana fuori dal Regno, soprattutto attraverso la costituzione di circoli privati e scuole [Morosini 2011, 53-80]. Antagonista di questa associazione erano le cosiddette società pangermaniste, impegnate sul fronte opposto per la difesa della lingua e della cultura tedesca [Framke 1987; Zaffi 1995, 157-190]. In Trentino, come documentato da Battisti, la Lega Nazionale aveva sostenuto la costituzione di asili nidi, scuole elementari e professionali di lingua italiana, per contrastare azioni analoghe delle associazioni germaniche. Inoltre favoriva la circolazione di materiale librario in italiano grazie a ottanta biblioteche circolanti [1915b, 17].

Di particolare interesse è la tavola XVII sulle strade d’accesso al Trentino, volta a evidenziare il legame fisico e infrastrutturale del territorio con le limitrofe regioni italiane. L’esistenza di numerosi collegamenti con il Veneto e la Lombardia era del resto già presentata in maniera schematica nel testo [1915b, 45-47] e riprendeva una polemica esposta nella precedente monografia. Battisti accusava il governo imperiale di aver ostacolato lo sviluppo infrastrutturale verso l’Italia, penalizzando così l’economia trentina per la mancanza di collegamenti verso le regioni più favorevoli per il commercio dei suoi prodotti [Battisti 1915a, 155-156].

Il problema infrastrutturale del Trentino in termini di prossimità fisica con l’Italia veniva affrontato in quegli stessi mesi anche dalla propaganda veicolata attraverso le pubblicazioni del Touring Club Italiano. Nel giugno dello stesso 1915, ad esempio, la «Rivista mensile» del TCI pubblicava un articolo dedicato alla geografia fisica delle Alpi Retiche orientali e ai valichi alpini. Una carta a corredo evidenziava gli itinerari da percorrere per raggiungere la regione trentina e alto atesina e per attraversare la catena alpina, spingendo l’attenzione verso la facilità di comunicazione fra il Regno d’Italia e il Trentino grazie alla presenza di ben tredici accessi stradali (nella carta in numeri arabi) e, di contro, la barriera rappresentata dalle Alpi verso il Tirolo settentrionale, raggiungibile solo attraverso tre collegamenti (in numeri romani) [Tedeschi 1915, 380].

L’inclusione dell’Alto Adige non sembra fosse prevista dal piano iniziale dell’opera e subentrò durante la realizzazione. Poche sono a riguardo le indicazioni che si ricavano dalle fonti se non legate alle condizioni di urgenza che caratterizzarono il concepimento e l’elaborazione dell’atlante, dovute alla necessità di assecondare lo sviluppo degli eventi politici. È documentato che in previsione di una seconda edizione dell’opera Battisti aveva intenzione di ampliare il capitolo riguardante l’Alto Adige e includere nuove rappresentazioni cartografiche di quelle terre. Nel novembre del 1915 aveva già disegnato una carta geologica e una sulle ferrovie esistenti e in progetto, entrambe estese all’Alto Adige. In fase di elaborazione era invece una mappa sulla toponomastica romana e sulla presenza di tracce archeologiche del mondo antico dal Brennero ad Ala, esplicito richiamo alle teorie di Tolomei [1] [Calì 1988, 346].

In questa prima edizione l’unità fisico-geografica della regione era dimostrata attraverso la tavola XIV che rappresenta i bacini idrografici trentini e altoatesini, con i relativi limiti di spartiacque, in rapporto allo sfruttamento dell’energia idroelettrica. La carta riprendeva quanto affermato nel testo dove la trattazione delle risorse idrauliche era affrontata per l’intera regione idrografica, essendo del resto impossibile scindere la questione [1915b, 28-31]. Il concetto di bacino idrografico, inoltre, giocava un ruolo importante nell’analisi regionale sia per quanto già rilevato a proposito della riflessione teorica dei Marinelli, sia, più in generale, per quanto concerne lo sviluppo delle scienze geografiche a livello internazionale. In quegli anni, soprattutto grazie all’influsso della teoria morfologica di William Morris Davis, il cosiddetto Geographical cycle, i fenomeni legati all’idrografia avevano un peso molto rilevante nell’analisi geografica ed ebbero riflessi non solo nel campo degli studi geomorfologici ma anche nella geografia regionale e per la spiegazione di dinamiche geografico-politiche [Proto 2014a, 90-92].

L’unità fisica, come sopra detto (cfr. par. 2), costituiva soltanto un singolo aspetto dell’analisi regionale sviluppata dai Marinelli. A integrazione della teoria di unità integrale della regione trentina e di quella altoatesina Battisti portava due mappe ulteriori relative invece a fenomeni antropici: le tavole I e II.

Con la tavola I Battisti mirava a illustrare i diversi “confini geografici, storici ed etnografici” che storicamente avevano caratterizzato la regione per dare un’idea pratica dei movimenti storici sulla base dei principi genetici e organicistici che erano alla base della geografia politica di Friedrich Ratzel [1897]. Fra le varie linee riportate comparivano il confine storico del Dipartimento dell’Alto Adige (1810-1814), il confine ecclesiastico della Diocesi di Trento e il supposto limite storico della diffusione di popolazioni italiane. Su quest’ultimo termine Battisti si confrontò con lo stesso Tolomei. Lo scopo di Battisti era tracciare una linea che includesse non solo i territori altoatesini caratterizzati allora da minoranze italiane ma anche quelli che storicamente avevano avuto una rilevante presenza di popolazione italofona. Nello scambio epistolare Battisti cercava l’approvazione di Tolomei per arrivare a tracciare una linea, come poi fece nella tavola pubblicata, che arrivasse alle sorgenti dell’Adige escludendo solo l’alta Valle dell’Isarco, la Pusteria e la Valle Aurina:

Se la risposta al quesito che io pongo – senza forzare la storia – fosse quella indicata dal mio confine, il pubblico ritrarrebbe l’impressione che la differenza fra l’Italia geografica e l’Italia etnografica, sia nel suo stato attuale che in potenzialità, è piccolissima, come non è neppure grande la differenza per l’attuale Italia ecclesiastica e Italia geografica. [Calì 1988, 343]

Il risultato finale evidenziava come nel corso dei secoli la regione fosse stata interessata frequentemente da movimenti di popolazioni italiane che in qualche modo, come sostrato storico, giustificavano un altro elemento di conferma per la presunta italianità della regione.

La tavola III riprendeva esattamente una mappa pubblicata sempre dall’Istituto De Agostini all’inizio del 1915 e disegnata dal citato Achille Dardano [1915]. Si tratta di una rappresentazione a scala corografica dell’Italia nord-orientale fino all’Istria che, corredata da un breve opuscolo, illustra la distribuzione della popolazione sulla base della lingua parlata. La carta sfrutta abilmente una tecnica di rappresentazione che limita il tematismo in base all’altitudine, in questo caso fissata in 1300 metri. L’autore scelse poi di escludere dalla tematizzazione quelle aree a suo giudizio scarsamente abitate, come l’altopiano carsico. La popolazione ladina, inoltre, era annoverata fra gli italofoni. Il risultato finale favoriva notevolmente l’elemento italiano rispetto agli altri gruppi linguistici.

La carta fu ripresentata l’anno successivo nell’Atlante della nostra guerra, altra opera propagandistica dell’Istituto De Agostini [Dardano, De Magistris 1916].

Grazie a un’analisi comparativa attuata sulla scorta del modello regionale marinelliano, Battisti giungeva così a dimostrare come i territori di Trento e Bolzano potessero rappresentare una regione unitaria, caratterizzata dalla preponderanza dell’elemento culturale italiano e, dunque, una regione italiana.

Epilogo

La pubblicazione dell’atlante Il Trentino pone in evidenza un aspetto della figura di Battisti che la ricerca storiografica ha finora evitato di problematizzare. La maggior parte dei lavori dedicati al geografo trentino, infatti, non affrontano le questioni che emergono dall’analisi dell’atlante [Biguzzi 2008; Calì 2003].

L’adesione di Battisti alle teorie più estreme dell’irredentismo, mettendo in gioco gli ideali politici di libertà dei popoli che avevano sempre retto la sua azione politica, fu certamente dovuta alla necessità di far fronte comune di fronte agli eventi bellici che avevano stravolto il suo panorama politico di rifermento.

Notevole fu, infine, il peso esercitato dai modelli scientifici allora dominanti, quelle tesi geografiche che miravano a fornire una base neutrale a un discorso politico che in quel momento si stava affermando attraverso l’azione militare.

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  • Zaffi D. 1995, Le associazioni di difesa nazionale tedesche in Tirolo e nel Litorale, in Ara A., Kolb E. (eds.), Regioni di frontiera nell’epoca dei nazionalismi. Alsazia e Lorena/Trento e Triese, 1870-1914, Bologna: Il Mulino, 157-194.

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La sezione cartografica del volume


Note

1. Sull’intenzione di includere queste tre mappe diede notizia lo stesso Tolomei [1915, 507] nella recensione de Il Trentino pubblicata sul suo Archivio per l’Alto Adige.