Storicamente. Laboratorio di storia

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Börm, Luraghi (eds.), “The Polis in the Hellenistic World”

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Henning Börm, Nino Luraghi (eds.), “The Polis in the Hellenistic World”, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2018, 264 pp.

Il volume curato da Börm e Luraghi si inserisce in un’intensa e fortunata stagione di studi sulla polis ellenistica, oggi non più appannaggio dei soli epigrafisti ma al centro dell’agenda di ricerca in storia antica. Nato con l’intento di esplorare nuove prospettive di indagine e al contempo di riaccendere il dibattito su linee interpretative ormai consolidate, il libro raccoglie dieci saggi – per la maggior parte presentati alla conferenza Rethinking the Polis in the Hellenistic Age (Costanza, 2-3 giugno 2014) – firmati da studiosi di rilievo dalle più varie tradizioni accademiche. L’ampia varietà dei contributi, ben organizzati e armonizzati, l’originalità delle metodologie adottate e la ricca bibliografia a conclusione di ogni capitolo fanno di questo volume un valido strumento, per quanto intenzionalmente non esaustivo, per chiunque voglia dedicarsi allo studio della polis ellenistica.

Ad aprire il volume è la dibattuta questione sulla validità del paradigma pan-democratico che domina l’interpretazione della realtà politica ellenistica, intorno alla quale si articolano i primi due saggi. C. Ando, lamentando la mancanza di un’analisi del processo decisionale politico che chiarisca lo spazio concesso in termini di rappresentatività alle istanze di coloro che non appartenevano alle élite, sostiene che la tanto celebrata koinè democratica ellenistica celasse realtà di stampo oligarchico che fondavano la loro identità civica proprio su disuguaglianza ed esclusione sociale e la cui stabilità dipendeva da strutture macroregionali, come regni e imperi. La riflessione teorica di Ando risulta più efficacemente calata sulle società ellenistiche nel saggio seguente, in cui C. Müller propone una lettura della nozione di oligarchia che mette al centro la ricchezza e il potere da essa derivato. Attraverso l’esame di alcune oligarchic situations – come le dinamiche di dipendenza implicite nell’evergetismo cittadino, la trasformazione di numerose magistrature in liturgie e l’imposizione di requisiti censitari per la definizione del corpo civico – l’autrice mostra, in linea con l’impostazione del volume di J.A. Winters (Oligarchy, Cambridge 2011), come le élite abbienti modificassero dall’interno i regimi democratici ellenistici, rendendoli tutt’altro che incompatibili con oligarchie economiche.

Completa la riflessione sulla distribuzione dei poteri nelle realtà civiche il contributo di H. Börm sulla stasis (ossia la condizione di crisi e di conflitto all’interno di una comunità cittadina) di età ellenistica. Discostandosi dalle linee tradizionali della scholarship, che ha affrontato questo fenomeno soprattutto per l’età classica e allo scopo di descriverne le cause, Börm interpreta le numerose evidenze di staseis post-classiche come prova della vitalità della polis ellenistica. Se il cambiamento dei parametri politici non ebbe un impatto sostanziale nella concettualizzazione della stasis da parte degli autori antichi, il pregio del saggio consiste nel valorizzare il ruolo delle abbondanti fonti epigrafiche ellenistiche nel definire nuovi paradigmi interpretativi e nel favorire la conoscenza delle modalità conciliative messe in atto dalla polis.

Nel saggio dedicato all’evoluzione ellenistica dell’arbitrato interstatale, longevo strumento diplomatico per la risoluzione di controversie tra città, A. Magnetto mette in luce la forte valenza ideologica assunta da questa pratica nel mutato contesto politico in quanto diretta espressione della libertà e autonomia delle poleis di fronte ai regni ellenistici e allo stato romano. Merito dell’a. è inoltre aver illustrato come a rendere i verdetti assai corposi, oltre allo sviluppo procedurale dell’arbitrato, applicato a contenziosi sempre più complessi, fu anche l’esigenza di monumentalizzare la memoria civica, autenticando e dando materialità a pagine di storia locale spesso molto antiche.

Gli stati federali, protagonisti del capitolo di P. Funke, rappresentarono un’altra forma di interazione tra città assai fortunata in età ellenistica, poiché offrendo alle poleis nuovi mezzi per dare voce ai loro interessi ne favorirono la sopravvivenza nonostante la pressione egemonica dei regni. I casi di studio delle leghe Achea ed Etolica portano l’a. a individuare la chiave del successo dei copiosi koinà ellenistici nella formale uguaglianza giuridica delle poleis negli organi federali, nell’efficace politica di integrazione delle loro élite e soprattutto nella crescente indipendenza esecutiva del consiglio federale, la cui elezione su base proporzionale assecondava la richiesta di ampia partecipazione politica degli stati membri.

Applicando il felice concetto di peer polity interaction al campo degli studi regionali, F. Daubner propone una rivalutazione dell’identità delle poleis del nord della Grecia, spesso escluse dagli studi ellenistici poiché inserite in realtà federali o monarchiche. La menzione di numerose città macedoni ed epirote nelle liste dei theorodokoi, fonti privilegiate dall’autore, rivela come tra IV e III secolo a.C. tali comunità fossero invece riuscite, con uno sforzo di ellenizzazione e monumentalizzazione urbana, a integrarsi come ‘pari’ nel network panellenico senza recidere i legami con il potere centrale. [Alle pp. 142-145 l’autore si riferisce agli inviati delfici come theorodokoi anziché come theoroi].

La nozione di network è centrale anche nel saggio di G. Oliver, dedicato all’osservazione dei fenomeni economici che interessarono la polis tra IV e I secolo a.C. L’a. mette in guardia da un approccio che, ponendo un’eccessiva attenzione sulle istituzioni, trascuri la dirompente capacità dei regni ellenistici e di Roma di impattare sulle economie cittadine (come è emerso dagli studi di De Callataÿ sulle coniazioni civiche), nonché la fitta rete di inter-polity relations in cui operavano le poleis e i loro agenti più influenti per perseguire attivamente il proprio benessere economico e adeguarsi ai mutamenti imposti dalla realtà politica. [Si segnala l’inversione dei grafici alle pp. 166 e 170].

A. Chaniotis guida il lettore nelle brulicanti atmosfere notturne ellenistiche, nel tentativo, ben riuscito, di sottrarle agli stereotipi che avvolgono le notti di ogni tempo. I fattori storicizzanti, nonché cause dell’incremento delle attività notturne, sono individuati sia nella diffusione di associazioni private e nell’appropriazione popolare del simposio, sia nell’intensificarsi dei rituali celebrati di notte nei santuari. Tale fenomeno, associato alla sistematizzazione di tecniche difensive per proteggere le città da frequenti attacchi e assedi notturni, favorì un’inedita consapevolezza in materia di sicurezza, avviando quel processo di Entnachtung e di addomesticamento della notte che vedrà il suo apice nella tarda età imperiale.

N. Luraghi propone un nuovo approccio alle iscrizioni cittadine ellenistiche che, superandone la mera interpretazione evenemenziale, tenti piuttosto di cogliervi i silenzi e gli impliciti vincoli ideologici. La lettura in filigrana di alcuni casi di studio epigrafici, in particolare del decreto in onore di Callia di Sfetto, lascia ad esempio intravedere come gli Ateniesi ovviassero alla difficoltà di integrare nel loro apparato ideologico le interferenze di agenti politici esterni come i re ellenistici, riconducendole, con una (involontaria?) mistificazione della realtà, alla più familiare e consolidata opposizione tra democrazia e oligarchia, cioè a conflitti politici interni alla città.

Il volume si chiude con un contributo di H.-U. Wiemer che, sulla scia di Wilamowitz, ritorna sulla discussa destinazione del trattato Sui doveri di Panezio di Rodi. Nonostante l’indubbio impatto dell’etica dello Stoico sulla classe senatoria romana, che la scholarship tende a riconoscere come pubblico dell’opera, proprio un puntuale confronto con i contenuti del De officiis di Cicerone (di cui il trattato stoico fu la fonte principale) e con i decreti onorari tardoellenistici consente all’autore di identificare piuttosto negli interlocutori impliciti di Panezio i giovani e philotimoi esponenti delle élite greche, protagonisti del processo di “aristocraticizzazione” (p. 251) della città ellenistica.

Sommario

  1. Henning Börm - Nino Luraghi, Foreword: the Hellenistic Polis
  2. Clifford Ando, The Political Economy of the Hellenistic Polis: Comparative and Modern Perspectives
  3. Christel Müller, Oligarchy and the Hellenistic City
  4. Henning Börm, Stasis in Post-Classical Greece: The Discourse of Civil Strife in the Hellenistic World
  5. Anna Magnetto, Interstate Arbitrations as a Feature of the Hellenistic Polis: Between Ideology, International Law and Civic Memory
  6. Peter Funke, Poleis and Koina: Reshaping the World of the Greek States in Hellenistic times
  7. Frank Daubner, Peer Polity Interaction in Hellenistic Northern Greece: Theoroi going to Epirus and Macedonia
  8. Graham Oliver, People and Cities: Economic Horizons beyond the Hellenistic Polis
  9. Angelos Chaniotis, The Polis after Sunset: What is Hellenistic in Hellenistic Nights?
  10. Nino Luraghi, Documentary Evidence and Political Ideology in Early Hellenistic Athens
  11. Hans-Ulrich Wiemer, A Stoic Ethic for Roman Aristocrats? Panaitios’ Doctrine of Behavior, its Context and its Addressees