Storicamente. Laboratorio di storia

Dibattiti

Comprendere le ingiustizie contro le sex worker nel corso dei secoli

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Abstract

Researching the sex work market is a difficult endeavour, both for past and present times. Indeed, this market has often been largely hidden, and at least partially criminalised. The very definition of what is prostitution has been, and still is, contested. Studying its evolution throughout the centuries, looking at different cases in Europe and the United States, can be useful to the understanding of injustices experienced by the people, women and others, who sell sex.

Fare ricerca sul mercato del sesso passato o contemporaneo non è operazione facile, come riconosce nel suo Comprare piacere. Sessualità e amore venale dal Medioevo a oggi anche Marzio Barbagli, che pure non ha rinunciato a cimentarsi in quest’impresa con un ambizioso progetto che attraversa i secoli. Si tratta infatti di un mercato che è ed è stato spesso in larga parte nascosto, e almeno parzialmente criminalizzato, come ben documenta questo testo fornendo esempi da Paesi europei e dagli Stati Uniti. Inoltre, la definizione di ciò che è prostituzione è ed è stata di per sé spesso scivolosa e contesa, come Barbagli ben discute per le cortigiane di alta classe e le mantenute di diverse epoche e luoghi, che prendevano accordi con pochi uomini, o anche solo uno, e così sfuggivano al controllo delle leggi sulla prostituzione.

Per questi motivi, ci chiarisce Barbagli, i dati, sebbene spesso disponibili, sono poco affidabili, e vanno analizzati con cura. In particolare, è successo di frequente che i numeri del mercato del sesso vengano gonfiati, soprattutto nelle fasi in cui questo mercato è stato maggiormente visibile, suscitando forme di forte inquietudine, di cosiddetto “panico morale”, condivise da intellettuali, riformatori, religiosi – uomini soprattutto, e poi, dal 1800, anche donne – che hanno a loro volta generato cambiamenti delle rappresentazioni sociali di questo mercato, delle politiche di intervento messe in atto per controllarlo, e dunque della sua organizzazione.

Risulta chiaro dal testo di Barbagli come in Europa si siano avvicendati, dal Medioevo a oggi, tentativi tra loro diversi di controllare, ridurre, o addirittura eliminare il sesso a pagamento. In generale, per quanto diversi, questi tentativi hanno colpito sempre le donne che vendono sesso – in modi diretti o indiretti – e a volte le persone che gestivano o promuovevano il loro lavoro (chiamati con molti nomi, quali “mezzani”, “ruffiani”, “papponi”), mentre storicamente mai gli uomini che compravano i loro servizi. Questo fino a tempi molto recenti, a partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso, in cui anche i clienti sono diventati target di politiche repressive, sia con leggi nazionali (il cosiddetto “modello svedese”), sia con misure amministrative locali o regolamenti di polizia (pensiamo per l’Italia alle ordinanze antiprostituzione emesse da molti dei nostri sindaci).

Interessante, lungo l’intero testo, l’interrogativo dell’autore che si chiede quali contesti abbiano favorito, storicamente, la maggiore concentrazione di compravendita di sesso – e dunque poi l’urgenza dell’intervento – e i cambiamenti di approcci di policy. Barbagli ci racconta in particolare il ruolo, in questo senso, di tre grandi mutamenti sociali, che portano alte concentrazione di uomini soli, e un allentamento del controllo sociale e familiare tradizionale. In primo luogo, i processi di urbanizzazione. Le città sono infatti senza dubbio uno dei luoghi privilegiati del mercato del sesso: il grado di mescolanza e di anonimia lo favorisce, e vi arrivano a volte rapidamente molti uomini e donne giovani dalle campagne, da altre regioni e paesi, in cerca di soldi, di avventure, e di compagnia. In secondo luogo, la creazione delle università, dal Medioevo in poi, finché le università non sono state pienamente aperte alle ragazze. Terzo, l’espansione degli eserciti, durante le guerre, e con la leva obbligatoria affermatasi in Europa largamente dal 1870. Trattando di lavoro sessuale maschile, Barbagli menziona anche lo stimolo al sesso a pagamento dato dallo sviluppo delle prigioni, a partire dalla fine del Settecento, e dalla moltiplicazione dei lunghi viaggi in navi da trasporto, entrambi luoghi ad alta concentrazione maschile in cui alcuni uomini – spesso ragazzi in molti casi queer o trans – scambiavano (e ancora scambiano) sesso contro vantaggi materiali e protezione. Si potrebbero aggiungere a questi esempi anche altre imprese di sfruttamento intensivo, come quello delle coltivazioni, un caso molto attuale nell’Italia di oggi, in cui molti lavoratori migranti vivono in baracche, dove sono presenti anche donne che offrono vari servizi di cura e di sesso.

In questi e molti altri contesti, il movimento delle persone è un tema ricorrente per comprendere il lavoro sessuale, come emerge anche dall’analisi proposta in Comprare piacere. La migrazione, innanzitutto delle donne che si trovano a vendere sesso, è una costante nella storia del lavoro sessuale, e non invece, come si tende a pensare erroneamente, un fenomeno recente. Per esempio, ci racconta Barbagli, nella seconda metà dell’Ottocento circa un quarto delle donne che lavoravano nelle case di tolleranza delle grandi città italiane venivano da Paesi stranieri, e un’altra metà da un’altra provincia (338). Nell’Ottocento, proprio come oggi, in molte città europee e degli Stati Uniti il lavoro sessuale e il lavoro domestico rappresentavano le principali opzioni occupazionali per le ragazze e le donne immigrate, e venivano spesso praticati in alternanza, e in modo transitorio. Interessante infatti sapere che in Italia, sempre nella seconda metà dell’Ottocento, una percentuale tra il 25 e il 50% delle donne che lavoravano nelle case di tolleranza aveva precedenti esperienze di lavoro domestico (339). Il movimento delle persone è stato storicamente fondamentale, e tale resta, non solo per chi vende sesso, ma anche per chi lo compra. I viaggiatori, o comunque gli uomini non locali, costituiscono spesso clienti importanti per l’industria del sesso. Questo fu molto vero tra l’altro per l’Italia, ci racconta Barbagli, dove i turisti erano spesso anche turisti sessuali, alla ricerca di incontri con donne e ragazze che spesso consideravano in qualche modo esotiche. Notevole è stato anche il ruolo dei turisti che cercavano uomini e ragazzi, attratti tra l’altro dal fatto che in Italia non c’erano leggi che criminalizzavano la sodomia, come era invece il caso in molti Paesi d’Europa. Fra questi ragazzi, che offrivano incontri sessuali a uomini spesso di passaggio, alcuni erano “effeminati” (oggi forse useremmo la definizione di trans?), altri invece erano virili, altri ancora erano soldati. In molte città europee i clienti internazionali hanno rappresentato una componente fondamentale probabilmente per tutte le parti del mercato, al di là del genere di chi vendeva sesso. Per esempio «A Parigi, nel 1883 uscì un catalogo per i turisti anglofoni intitolato Women of Paris, che riportava, in ordine alfabetico l’elenco delle cortigiane più note della capitale francese, con il loro indirizzo e alcune indicazioni sulle loro specialità erotiche» (342). In questo, e in molti altri passaggi del volume, vengono discusse questioni di stratificazione del mercato del sesso, che è spesso stato fortemente segmentato, e ancora lo è. Barbagli descrive mercati paralleli per clienti di ceti, classi, etnie diversi, e in cui lavoravano donne di estrazione sociale e origine diversa, tra le quali una minoranza riusciva a muoversi verso i segmenti più alti. Per esempio, Barbagli discute la situazione di Parigi nell’Ottocento, dove le “grandes horizontales”, le “grandes cocottes” e “le demi-mondaines” potevano guadagnare, per un incontro con un cliente, cento volte di più di una lavoratrice di strada. Ovviamente, allora come oggi, i servizi offerti da queste che ora chiameremmo escort era ben diverso, e l’incontro sessuale abbinato a servizi di accompagnamento al ristorante o a teatro, e fornito da donne che erano anche attrici, ballerine, cantanti. La stratificazione, e la divisione, a volte rigida, fra vari settori dell’industria del sesso è argomento che attraversa anche l’industria contemporanea. Interessante, e ben riflesso nell’analisi di Barbagli, è il fatto che le autorità contribuiscano spesso a irrigidire queste divisioni, sottoponendo a forme di regolamentazione repressiva solo le forme più popolari di prostituzione, o in alcuni contesti dividendo chiaramente per classi i vari luoghi di lavoro sessuale autorizzato, come è il caso, ad esempio, delle case di tolleranze legali nell’Italia di Cavour, che erano divise in tre classi.

Un’altra ragione menzionata da Barbagli per cui non è facile fare ricerca sulla prostituzione è la difficoltà di ricostruire le prospettive delle persone che vendono sesso. E questo vale ancora oggi. I punti di vista sui quali si basa il lavoro di ricerca sul mercato del sesso, lo stesso Barbagli lo riconosce, sono di altri soggetti, scrittori, osservatori, riformatori, religiosi, spesso uomini, spesso clienti, che lo dicano esplicitamente o meno. Parlare in prima persona è stato ed è ancora molto difficile per chi fa lavoro sessuale. Le cose stanno però cambiando, per chi fa ricerca sul mercato contemporaneo, soprattutto grazie all’elaborazione collettiva di persone – donne e non solo – che vendono sesso, e che, a partire da esperienze tra loro molto diverse, insieme chiedono migliori condizioni di vita e di lavoro, la fine della criminalizzazione, della violenza e dello stigma nei loro confronti. Storicamente, Barbagli ce lo ricorda, ci sono state proteste organizzate dalle donne che vendevano sesso contro l’introduzione di politiche repressive nei loro confronti. Il testo racconta infatti il caso delle proteste contro il duca di Milano Gian Galeazzo Visconti alla fine del Trecento, per aver deciso di far loro portare un segno distintivo. Casi che si sono moltiplicati, racconta Barbagli, in particolare a partire dalla fine dell’Ottocento, e nel Novecento, per poi giungere alla famosa protesta di Lione del 2 giugno 1975, che ancora oggi è ricordata come l’International Sex Workers’ Day, e come l’inizio del movimento per i diritti delle persone che fanno lavoro sessuale1. In quell’occasione le prostitute – come si autodefinivano allora – occuparono la chiesa di Saint Nizier per manifestare contro una situazione – peraltro analoga a quella italiana di allora, e non dissimile da quella di oggi, sotto un regime abolizionista2 – in cui, nonostante le leggi dichiarassero di proteggerle, di fatto invece erano esposte a vessazioni, ricatti, discriminazioni non solo da parte di sfruttatori, clienti, e persone comuni, ma anche di medici e forze dell’ordine, ovvero di coloro che Barbagli descrive come i protagonisti delle ingiustizie fatte alle lavoratrici del sesso nei secoli.


Bibliografia

  • Garofalo Geymonat, Giulia, e Paola Giulia Macioti, a cura di. 2016. Sex Workers Speak. Who Listens? Beyond Trafficking and Slavery. London: Open Democracy. https://www.opendemocracy.net/en/beyond-trafficking-and-slavery/sex-workers-speak-who-listens.
  • —, e Giulia Selmi, a cura di. 2022. Prostituzione e lavoro sessuale in Italia. Oltre le semplificazioni, verso i diritti. Torino: Rosenberg&Sellier.