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Paul Dietschy, Stefano Pivato, Storia dello sport in Italia

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Paul Dietschy, Stefano Pivato, “Storia dello sport in Italia”, Bologna, Il Mulino, 2019, 280 pp.

Come il 2018 anche il 2019 è stato un anno importante per quanto riguarda le pubblicazioni dedicate alla storia dello sport. A catalizzare l’attenzione della storiografia italiana è stata soprattutto La storia dello sport in Italia di Paul Dietschy e Stefano Pivato. Se infatti il primo è uno dei più importanti studiosi di storia del calcio a livello mondiale, il secondo è uno dei pionieri della materia in Italia fin dagli anni Ottanta, in collaborazione con altri studiosi come Pierre Lanfranchi e Richard Holt. Anche per tale motivo, quando nel 2018 è stata annunciata la pubblicazione di quest’opera, la comunità degli storici ha manifestato aspettative alte, non celando al contempo una perplessità di fondo: due studiosi di generazioni differenti (Dietschy è nato nel 1964, Pivato nel 1950), ma soprattutto con due approcci diversi, il primo più influenzato dalla storia politica, il secondo più dalla storia sociale, sarebbero riusciti a scrivere un’opera omogenea senza far emergere le proprie differenze interpretative e metodologiche? Ebbene, avuto finalmente tra le mani il prodotto finale, abbiamo potuto constatare che la collaborazione tra i due autori è ben riuscita, tanto da fare di questo libro uno dei più importanti volumi di storia dello sport pubblicati nel nostro paese negli ultimi anni. Pensiamo, infatti, che gli studiosi non potranno prescindere da questo testo per la stesura di nuovi lavori nel medesimo ambito di ricerche. La scorrevolezza e la comprensibilità della scrittura del volume – complice, nel caso delle parti scritte di Dietschy, l’ottima traduzione dal francese all’Italiano di Nicola Sbetti – rende peraltro il libro adatto anche ai semplici appassionati, che, immergendosi nella sua lettura, potranno acquisire le conoscenze di base per la comprensione dell’evoluzione socio-culturale dello sport in Italia. Anche per tale motivo, il volume è consigliato agli studenti degli ultimi anni dei licei sportivi e a quelli che seguono corsi di storia dello sport nelle facoltà di scienze umane, sociali e motorie.

Per quanto riguarda la struttura dell’opera, nel primo capitolo Dietschy si interroga sull’evoluzione dell’attività fisica nelle varie epoche, con la successiva circolazione transnazionale delle differenti discipline sportive. A questa apertura fanno seguito una serie di capitoli strutturati su una rigida, quanto efficace, periodizzazione lineare: dall’unità d’Italia ai giorni nostri. Pivato dedica il secondo capitolo dell’opera all’età liberale, che vide il passaggio dai giochi amatoriali, come quello del pallone, agli sport codificati di provenienza inglese, ma anche alla nascita del mito del ciclismo. Importante è il riferimento alla stampa sportiva, che a partire da quell’epoca si cominciò a imporre tra i gusti dei lettori. Il terzo è un capitolo centrale nel libro, poiché è dedicato a uno dei temi più dibattuti a livello storiografico, ovvero il rapporto tra fascismo e sport. Andando oltre la solita retorica sull’uso propagandistico dello sport da parte del regime, Dietschy sottolinea come si instaurò tra regime e mondo dello sport un rapporto complesso: il fascismo, più che avvalersi dello sport per i propri fini, tentò di controllarne le contraddizioni.

Possiamo definire “romantico” il quarto capitolo dedicato da Pivato agli anni dell’immediato dopoguerra dominato dal dualismo tra Coppi e Bartali, ma anche tra il ciclismo e il calcio, che in quegli anni si affermò definitivamente come sport nazionale. Appaiono centrali i paragrafi sulle olimpiadi di Roma 1960 e sul nuovo ruolo della televisione. I toni cupi degli “anni di piombo” dominano il quinto capitolo, sempre scritto da Pivato, che si conclude negli anni Ottanta, quando a emergere è il rapporto tra sport, politica ed edonismo. Centrali i paragrafi sulla vittoria del campionato del mondo del 1982 da parte della nazionale di calcio, ma anche il cambio di paradigma del tifo, soprattutto in conseguenza dalla tragedia dell’Heysel. Il sesto e ultimo capitolo redatto da Dietschy tocca i giorni nostri e si basa sul rapporto tra sport e globalizzazione. All’ultimo paragrafo intitolato Un popolo sportivo? è demandata una riflessione sull’attitudine sportiva degli italiani. Molto interessante è notare come ancora oggi esistano delle macroscopiche differenze di luogo e di genere. Secondo i dati riportati nel volume, le regioni del nord risultano quelle dove si pratica maggiormente un’attività sportiva, mentre gli uomini sopravanzano ancora le donne tra i praticanti.

In ultima analisi, quello di Paul Dietschy e Stefano Pivato è un libro che sarà ampiamente utilizzato nei prossimi anni dagli storici che studieranno la storia dello sport in Italia. Certo, se fosse in cantiere una seconda edizione dell’opera sarebbe interessante un’analisi dell’impatto che ha avuto il COVID-19 sullo sport, portando a uno stop epocale l‘attività agonistica, ma limitando anche la stessa attività fisica amatoriale, relegata per lo più tra le mura casalinghe [1].


Note

1. La presente recensione è stata scritta con il contributo della Fundação para a Ciência e a Tecnologia e del Fondo Sociale Europeo.