Storicamente. Laboratorio di storia
Eredità: divisione egalitaria e quota legittima
In Italia, il primo codice civile dopo l’Unità - il Codice Pisanelli del 1865 – aboliva qualunque forma di maggiorascato e la possibilità di diseredare i figli. Sanciva invece la parità di tutti gli eredi, indipendentemente dal sesso. Tale uguaglianza, però, era relativa alla legittima, la quota patrimoniale che il codice definiva in metà dell’asse ereditario. Di conseguenza era ancora possibile privilegiare un erede attraverso specifiche disposizioni testamentarie sulla quota rimanente. Inoltre, pur eliminando l’obbligo della dote per le figlie femmine, non ne sanciva l’abolizione dell’istituto legale che avvenne solo con la Riforma del diritto di famiglia del 1975, lasciando dunque spazio per un suo uso discrezionale. Non a caso, la stessa Riforma prevedeva anche un aumento della quota corrispondente alla legittima, proporzionata rispetto al numero degli eredi (coniuge compreso), in direzione di una maggiore equità dei diritti dei successori.  

Fonti: R. Sarti, Nubili e celibi tra scelta e costrizione. I percorsi di Clio (Europa occidentale, secoli XVI-XX), in M. Latzinger e R. Sarti (a cura di), Celibi e nubili tra scelta e costrizione (secoli XVI-XX), Forum editrice, Udine, 2006, 213-220; C. Saraceno, Le donne nella famiglia: una complessa costruzione giuridica. 1750-1942, in M. Barbagli, D. Kertzer (a cura di), Storia della famiglia italiana 1750-1950, Il Mulino, Bologna, 1992, 103-129; V. Caporrella, La famiglia. Un’istituzione che cambia, Archetipolibri, Bologna, 2008, 132-139.