Storicamente. Laboratorio di storia
Massari
“Al massaro […] era affidata la gestione di un appezzamento di terreno mediamente esteso, fra le 100 e le 200 pertiche (6-12 ettari), in base a un contratto di locazione – detto contratto di masseria – stipulato su base triennale o novennale e rinnovabile allo scadere dei termini. Il contratto massarile era un accordo fra il possessore delle terre e il reggitore […], il capo della famiglia contadina, che ripartiva fra i figli , gli altri parenti e i garzoni conviventi i compiti da svolgere sulla terra e in casa. Il massaro aveva di solito attrezzi e animali di sua proprietà. Ma ciò che contava maggiormente era la capacità di coordinare un gruppo di lavoro numeroso e solidale, costruito sui legami di sangue che univano l’aggregato domestico”.

Fonte: E. De Marchi, Dai campi alle filande. Famiglia, matrimonio e lavoro nella “pianura dell’Olona” 1750-1850, Milano, FrancoAngeli, 2009, 70-71. La stessa distinzione è presente, con alcune differenze, anche nel Bergamasco: C. Gioia, Lavoradori et brazenti,senza trafichi né mercantie. Padroni, massari e braccianti nel Bergamasco del Cinquecento, Milano, Unicopli, 2004. Si tratta di figure simili ai “pigionali” e ai mezzadri dell’Italia centrale, studiate molti anni fa da C. Poni, Fossi e cavedagne benedicon le campagne. Studi di storia rurale, il Mulino, Bologna, 1982; P. Malanima, Il lusso dei contadini. Consumi e industrie nelle campagne toscane del sei e settecento, Bologna, il Mulino, 1990; M. Della Pina Mezzadri e pigionali in Toscana: le campagne pratesi, in SIDeS, La popolazione delle campagne italiane in età moderna, Bologna, Clueb, 1993, 412-426; e più recentemente da S. Anselmi, Agricoltura e mondo contadino, Bologna, il Mulino, 2001.