Storicamente. Laboratorio di storia

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Mario Gallina, “Incoronati da Dio. Per una storia del pensiero politico bizantino”

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Mario Gallina, “Incoronati da Dio. Per una storia del pensiero politico bizantino”, Roma, Viella, 2016, 198 pp.

L’a., che insegna Storia bizantina all’Università di Torino e si occupa prevalentemente del mondo mediterraneo fra Oriente e Occidente in età medievale, vuole consegnare al pubblico un affresco puntuale, chiaro e fruibile su una tematica complessa come la storia della teologia politica bizantina.

Il libro è diviso in cinque parti, che corrispondono alle macro-periodizzazioni con cui si è soliti descrivere la storia dell’impero romano d’Oriente dal secolo IV fino alla conquista latina del 1204. La prima parte tratta dei caratteri costitutivi e pregressi della teologia politica bizantina, passando dalle forme di divinizzazione del potere tipiche della tradizione orientale ed ellenistico-giudaica fino alla riflessione dei padri della Chiesa sul rapporto tra potere temporale e potere spirituale. Ma ciò che l’a. vuole sottolineare per i secoli IV-VI non sono solo le peculiarità dell’ideologia autocratica romano-orientale, bensì la complessa e (in taluni casi) contradditoria teoria politica che non arrivò mai a una chiara sintesi tra la sacralità del potere imperiale (basileía) e le tendenze costituzionaliste volte a limitarne le prevaricazioni. L’imperatore era sì, il vicario di Cristo in terra, ma era anche sottoposto alla normazione in quanto espressione dell’ordine costituito, alla legittimazione da parte del consensus omnium, così come era vincolato alla costante ricerca della sinfonia tra potestà imperiale ed ecclesiastica.

Dall’epoca di Eraclio, tuttavia, e per tutti i secoli VII e VIII, a causa di profonde modificazioni geo-politiche e dell’avvento dell’iconomachia, la sovranità imperiale venne resa più radicale, ricercando un più stretto contatto con la sua natura divino-sacramentale. Così, la figura del basileús iniziò ad essere proposta coma la sola autorità in grado d’intendere la volontà divina, anche in ambiti come quelli ecclesiale e dottrinale. E fu per questo che in età iconomaca si assistette ad una profonda ridefinizione della basileía, a causa della quale, caricando la figura imperiale di una coloritura messianica sulla scia dei re-sacerdoti dell’Antico Testamento, si alterò il principio giustinianeo della sinfonia tra imperium e sacerdotium.

Successivamente, a fronte del trionfo dell’ortodossia e della rinascita dell’epoca basilide, tra IX e X secolo la riflessione politica (ed ecclesiologica) bizantina venne accresciuta di ulteriori elementi attraverso novità e persistenze ideologiche. Non solo si assistette ad una più alta teorizzazione della sacralità e delle prerogative del patriarca costantinopolitano, imposta principalmente dalle gravi ingerenze in ambito ecclesiale che manifestarono gli imperatori iconomachi, ma anche il classico pensiero sulla basileía venne integrato con nuove pratiche quali la porfirogenesia, nuove idealizzazioni come la dottrina della “famiglia dei popoli e dei principi”, e rinnovate persistenze come l’enfasi sulla “romanità” dell’impero.

Il secolo XI, invece, a causa della crisi strutturale che afflisse l’impero dalla morte di Basilio II fino all’avvento di Alessio I Comneno, fu caratterizzato da una riflessione politica più legata alle contingenze storiche. Pertanto, se da una parte ritroviamo un retore come Teofilatto d’Ocrida che riprese con originalità la classica ideologia imperiale, dall’altro lato ci furono intellettuali come Michele Psello e Caucameno che, con intenti diversi, teorizzarono la basileía (il primo) in un ottica più secolarizzata, e (il secondo) da una prospettiva di giusto governo ed equità.

L’a., infine, dedica le ultime pagine all’età comnena e alla sua rigida concezione assolutistica del potere imperiale, ponendo all’attenzione del lettore le peculiarità del pensiero politico bizantino del secolo XII. Tali caratterizzazioni sono pertanto individuate nella dinastizzazione del trono imperiale, nella ricerca di stabilire dei canoni alla successione famigliare, ma anche nella ripresa della regalità come immagine di Cristo e nella forte enfatizzazione della vocazione ecumenica di Bisanzio, a fronte (principalmente) dello stretto confronto culturale e politico con l’Occidente latino. La diacronia storica si conclude all’inizio del secolo XIII, poiché, come rileva l’a., dopo la grande catastrofe della quarta crociata del 1204 « per la basileía bizantina si apriva, anche sul piano della riflessione ideologica e del pensiero politico, una storia nuova e diversa in cui anche il potere imperiale, non più garantito nella sua universalità ed eternità dall’ordine cosmico e divino, andava incontro al destino di tutte le nazioni umane» (p. 174).

In conclusione, il libro si presenta come un’opera di sintesi, che tratteggia una storia del pensiero politico bizantino alquanto dinamica, in cui la tensione dualistica tra l’origine divina dell’autocrazia imperiale e le forme di limitazione ad essa crearono un sistema di autorappresentazione e giustificazione politica decisamente sfaccettato; ma sempre orientato verso una tensione metafisica che identificava l’impero e l’imperatore come componenti imprescindibili nell’economia della salvezza divina. L’obiettivo dell’a., infatti, è quello di proporre una storia del pensiero politico bizantino attraverso le sue complesse sfaccettature ed evoluzioni storiche, andando a confutare l’idea che esso fosse dominato da un rigido formalismo retorico e da povertà concettuale.