Cattolici e Teorie sulla razza
Nel mondo cattolico il dibattito era in corso già da tempo in relazione soprattutto alle discussioni intorno all'eugenetica e al controllo delle nascite in ambito statunitense ed europeo. Tra il 1915 e il 1916, con la pubblicazione di alcuni articoli in «Vita e Pensiero», protagonista di maggior spicco negli ambienti cattolici su queste questioni fu padre Agostino Gemelli, il quale aveva ad un certo punto imputato all'«incrocio tra le razze» il calo di fecondità nei matrimoni. Ma vale la pena ricordare anche il convegno sull'eugenica tenutosi a Napoli nel 1924, a conclusione del quale venne votato un ordine del giorno in cui si riconosceva che «il proporsi il perfezionamento della razza sia lodevole intento, ma che si debba raggiungerlo solo con larghe provvidenze sociali ed igieniche, con istruttiva propaganda, e sopra tutto con la diffusione di una profonda educazione cristiana». Cit. Maiocchi 1999, 25-26. Sul concetto di «razza» si veda anche Burgio 2000; Pisanty, 65 e seg.In generale la contrapposizione della Chiesa cattolica al razzismo si richiamava all'unità del genere umano, alla sua comune origine in Dio, insistendo sul carattere accidentale e non essenziale delle differenze tra "razze". Maiocchi1999, 149 seg. Teorizzatore delle differenze tra razze, ma non di una loro possibile gerarchizzazione, nell'ambito dell'antropologia cattolica fu Wilhelm Schmidt, direttore del Pontificio museo missionario etnologico lateranense, che nel 1938 pubblicò per i tipi della Morcelliana il libro Razza e nazione, che divenne un testo di riferimento per i cattolici su questi temi. Anche la pubblicistica medica degli anni Trenta era ricca di dure critiche alle politiche eugenetiche tedesche e di rivendicazioni della superiore umanità della medicina italiana. Ivi, 77. Mancava però ancora una presa di posizione ufficiale della Santa Sede sul razzismo. Solo dopo l'avvento della NSDAP al potere si fece più urgente la necessità di chiarire su quali basi dottrinali dovesse poggiare l'atteggiamento della Chiesa verso il razzismo, come dimostra un promemoria steso nel settembre del 1933 dalla Segreteria di Stato, dal titolo S. Sede e Nazionalsocialismo: Dottrina e politica, nel quale l'autore, rimasto anonimo, evidenziava le contraddizioni tra la dottrina cristiana e quella razzista, secondo cui le qualità morali degli individui e «tutti i valori umani» derivavano e risiedevano nei «popoli nordici». Il documento è citato da Wolf 2008, 240 seg. Questo documento servì poi per stendere un altro promemoria che Pacelli inviò al governo tedesco il 14 maggio 1934, dove si diceva che «l'assolutizzazione del pensiero razziale, e soprattutto la sua proclamazione come surrogato della religione» era una posizione erronea «i cui frutti perniciosi non si faranno attendere». Ivi, 245. Nell'ottobre 1934, su iniziativa di mons. Alois Hudal, rettore del collegio tedesco di Santa Maria dell'Anima, con l'approvazione di Pio XI, la Congregazione del Sant'Uffizio cominciò ad elaborare uno studio interno sulla dottrina nazionalsocialista della razza, che avrebbe dovuto condurre, nelle intenzioni del suo promotore, a un'enciclica e a un sillabo di errori da condannare, quali erano il nazionalismo radicale, il razzismo e il totalitarismo, ma tali documenti non videro mai la luce. Cfr. Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, S.O. 3373/34 [R.V. 1934, n. 29], fasc. 1-4. Per un'analisi del fondo si veda la voce Razza redatta da T. Dell'Era in Dizionario storico dell'Inquisizione, vol. III, Pisa Edizioni della Normale, 2010, 1300-1302 e Wolf 2008, 268-287.