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Luciano Cheles, “Iconografia della Destra”

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Luciano Cheles, Iconografia della Destra. La propaganda figurativa da Almirante a Meloni, Roma: Viella, 2023. 217 + 76 pp. di apparato iconografico.

Pubblicare un volume di taglio storico a ridosso di eventi che potrebbero influenzarne la trattazione rappresenta sempre un rischio. Ecco che il saggio di Luciano Cheles sulla visual identity del Movimento sociale italiano, di Alleanza Nazionale e di Fratelli d’Italia uscito a un anno dall’inizio del governo Meloni avrebbe potuto risultare un azzardo per questo motivo. Questo però non è. Adottando una prospettiva di lungo periodo – dal 1946 fino alla prima metà del 2023 – l’autore ripercorre le linee di continuità e discontinuità che si sono rincorse nelle produzioni estetiche di MSI, AN e FdI.

Attraverso lo studio di tessere di partito, manifesti, poster elettorali, cartoline e giornali vengono ricostruiti i repertori iconografici che si sono susseguiti nell’estrema destra italiana per quasi ottant’anni, non dimenticando anche alcuni accenni sulle formazioni giovanili o extrapartitiche. A motivo di ciò, questo testo risulta essere uno dei primi tentativi di tenere insieme in modo scientifico le produzioni culturali dal MSI all’esperienza di FdI. In Italia, le analisi sulle culture politiche dell’estrema destra stanno vivendo da tempo un notevole sviluppo, grazie a numerose ricerche che hanno permesso di esplorare l’ampio panorama di riferimenti culturali e intellettuali caratterizzante quest’area politica. L’interesse storiografico è stato favorito dalla presenza di un certo dinamismo culturale, specie in alcuni periodi della storia dell’estrema destra, come gli anni Settanta. Questa peculiarità non è stata ignorata in ambito scientifico, anzi è stata impiegata per restituire la complessità di questo ambiente politico e determinare le specificità del caso italiano. In questo contesto, il saggio di Cheles si colloca a pieno titolo all’interno del filone di ricerca sulle culture politiche dell’estrema destra italiana, offrendo ulteriori spunti interpretativi, e, soprattutto, innovando attraverso lo studio sistematico della propaganda figurativa.

La struttura del testo è tripartita, una sezione per ciascuno dei partiti menzionati. Nel MSI i principali riferimenti ispiratori sono tre: quello religioso, visibile sia nel riadattamento di iconografie sacre sia nell’idea di cristianità come fattore identitario; quello della sinistra, intesa come mimesi delle forme espressive della stessa; e quello del littorio, da cui sono tratti riferimenti simbolici, lessicali e visuali. Se si guarda all’esperienza di AN, l’autore individua alcune continuità: l’uso camuffato del braccio per rimandare al saluto romano e della corporeità in generale, delle M “nascoste” nei manifesti o le rovine romane negli sfondi. Ci sono anche delle discrepanze, come la preferenza per la camicia bianca indossata da molti esponenti politici – che Cheles motiva come opposizione estetica a quella nera – oppure anche la predilezione per l’uso del colore blu. Queste cesure, rispetto a un precedente immaginario, risultano incomplete o addirittura inautentiche. FdI sembra mantenere ancora più saldi i riferimenti con il regime: come i suoi predecessori, anche Meloni si fa ritrarre in pose identiche ad alcune di Mussolini; allo stesso modo è indiscussa la presenza della fiamma all’interno del logo del partito. In questo caso, c’è poi una digressione sull’estetica delle attività giovanili, ovvero le manifestazioni Atreju e Fenix. Questi eventi, in cui i richiami al fascismo sono evidenti, spesso vengono fatti passare come “smargiassate giovanili”. Ma questo non sono perché “questi ragazzi, che con tanta solerzia coltivano l’eredità del passato, sono i futuri dirigenti del partito” (p. 129). Nell’insieme dei riferimenti su cui FdI sta costruendo la sua identità visuale, l’autore osserva che a ridosso delle elezioni del 2022 a motivo dell’intenzione di presentarsi come partito di destra non estrema, la strategia sia stata quella di occultare i riferimenti più noti, prediligendo figure di conservatori, come John Ronald Reuel Tolkien, Giovanni Paolo II o Margaret Thatcher, sicché “al pantheon ufficiale, quello che si indirizza a un pubblico generico, se ne affianca un altro più discreto, a uso interno, volto ad affermare e consolidare l’identità del partito” (p. 145). 

All’interno delle tre parti del testo, si evidenziano alcune linee di continuità che accomunano MSI, AN e FdI: le campagne contro l’uso di sostanze stupefacenti; la presenza strumentale della donna con vari possibili usi della femminilità (dalla donna angelo, alla donna guerriera, alla “civettuola”); il mito della giovinezza, che acquisisce nuovo vigore specialmente con Fini prima e Meloni poi; così come i riferimenti alla cristianità cari al MSI, trovano nuova linfa con Meloni. La propaganda contro la sinistra, invece, è più discontinua, ed è andata scemando con la fine del “pericolo comunista”. Permane invece sempre un legame con il littorio, sia a livello grafico, ma anche a livello lessicale e sintattico, nella scelta dei verbi o negli accenni ai discorsi del Duce; questi rimandi sono più subdoli e, stando a quanto sostiene l’autore, vengono recepiti solo da chi milita in questi ambienti politici. Ripercorrendo questi filoni tematici, il lettore ha la dimostrazione di come determinate scelte figurative e discorsive siano in continuità fra loro.
Sforzo notevole è l’apparato di fonti messo insieme: sono oltre duecentotrenta le immagini inserite nel volume, mentre molte altre sono solamente descritte. Come anticipa Cheles nell’introduzione, il corpus è tutt’altro che omogeneo per tipologia, materiale e provenienza; infatti il MSI non si era curato di creare un archivio, mentre da AN in poi c’è stata una maggiore attenzione alla conservazione dei materiali. Per cui il volume beneficia anche di collezioni di privati, di fondazioni o altri enti. Gli elementi che vengono presi in considerazione, oltre ai disegni, alle fotografie o alle grafiche, sono i simboli, le scelte di colori e forme, ma anche le scritte e le frequenti citazioni. Con l’avvicinarsi agli anni più recenti e il moltiplicarsi delle possibili fonti a causa dell’uso dei social network, la presentazione delle stesse diventa meno sistematica e necessiterebbe di una trattazione a parte. Così come rimangono a livello di incursioni esemplificative le fonti provenienti dalle formazioni più radicali, quali CasaPound o Forza Nuova. Sebbene ci siano solo alcuni accenni, è assente anche un’analisi di meme o altre espressioni sarcastiche, che hanno caratterizzato i profili di FdI o Atreju. 

Quanto emerge fuori di dubbio in questo saggio è un’indagine all’interno della produzione culturale dell’estrema desta italiana, dietro i cui prodotti visuali si celano allusioni e precisi riferimenti rivolti a un pubblico di nostalgici, che non possono essere colti da un elettore esterno a quell’ambiente politico. Viene dimostrato in modo efficace l’evidente intenzione da parte dei tre partiti di creare una propaganda figurativa stratificata, rivolta tanto a raccogliere nuovi consensi, quanto a continuare a mantenere precisi collegamenti con il fascismo.