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Giusto Traina, “I Greci e i Romani ci salveranno dalla barbarie”

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Giusto Traina, I Greci e i Romani ci salveranno dalla barbarie. Bari-Roma, Laterza, 2023. 130 pp.

Il volume di Giusto Traina, che insegna storia romana all’università del Salento ed è uno specialista di storia militare antica e storia dei rapporti tra Roma e l’Oriente, prende le mosse dalla constatazione dell’importanza degli studi antichi per contrastare la “barbarie” presente nella contemporaneità. L’autore, tuttavia, mette da subito in guardia il lettore evidenziando che i cosiddetti barbari provengono dal mondo occidentale: politici, umanisti semicolti, rigidi contemporaneisti e appassionati delle scienze dure tendono a una lettura parziale o superficiale del mondo antico distorcendo e semplificando fenomeni e caratteristiche del mondo classico. Attraverso nove capitoli Traina compone un “libro nero sull’uso politico dell’antichità che ci aiuta a comprendere cosa c’è di vivo e cosa c’è di morto nel nostro legame con i Greci e i Romani” (quarta di copertina).

Il primo capitolo, “Radici”, indaga il recupero delle origini classiche nella contemporaneità. Sono presi in esame esempi illustri come la ricerca della purezza della razza ariana da parte della Germania nazista o la ricostruzione, mitica e allo stesso tempo artificiale, delle origini di Arabi e Rumeni. Si tratta di tentativi impropri e fondati su basi nazionalistiche, che cercano di giustificare atteggiamenti retrogradi e aggressivi nei confronti di altre culture o popoli. Il secondo capitolo, “La polis ci ha stressato”, sottolinea come la polis sia un sistema di governo universalmente apprezzato. Proprio per questo, le forme statali contemporanee hanno riletto e strumentalizzato il concetto di polis fondando le proprie politiche su interpretazioni anacronistiche e ideologicamente sbagliate. Il terzo capitolo, “Chi ha paura di Atena nera?”, propone un’analisi del dibattito attorno ai volumi Black Athena di Martin Bernal che contribuirono, nonostante la rilettura radicale delle origini indoeuropee del mondo antico, allo sviluppo di prospettive non eurocentriche. Traina nota che la posizione di Bernal, suggestiva ma a tratti molto semplicistica, favorì lo sviluppo di teorie afrocentriche che tesero a idealizzare o politicizzare la realtà greco-romana in maniera anacronistica. “Tutti pazzi per Antigone” è il titolo del quarto capitolo, che si concentra sulla celebre antinomia generatasi tra Antigone che, fedele alle leggi divine non scritte, vuole seppellire il fratello reo di aver tradito Tebe, e Creonte che, fedele alle leggi della polis, nega questa libertà. La contrapposizione tra le due figure ha finito per essere rievocata per questioni contemporanee, nonostante il contesto storico e culturale fosse completamente diverso: un esempio è la vicenda del 2019 riguardante Carola Rackete e il ministro dell’interno Matteo Salvini. La questione ruotò attorno al salvataggio da parte di Carola Rackete di alcuni migranti avvenuto dopo che lei stessa aveva forzato un blocco navale imposto dal governo italiano: subito si è generato un profondo dibattito che ha visto Salvini e Rackete ricoprire il ruolo di Antigone o Creonte a seconda della priorità assegnata alle norme etiche, generando analisi perlopiù paradossali e inesatte. Il capitolo successivo si intitola “La trappola dei classici” e mette in luce la relazione tra la guerra contemporanea e le opere classiche, in particolare è presa in analisi la narrazione di Tucidide sulla Guerra del Peloponneso. La contrapposizione tra Sparta e Atene, che rappresentarono due modelli statali contrapposti, è un caposaldo per gli studiosi anglosassoni di politica internazionale; tuttavia, il conflitto viene associato alla Guerra fredda, al rapporto tra Cina e Usa o alle guerre in Medio Oriente, semplificando e distorcendo la narrazione tucididea con lo scopo di paragonare forzatamente le cause dei conflitti antichi con quelli moderni. L’autore evidenzia giustamente che si tratta di un “passato appiattito sul presente” (pp. 49-50) da politologi che svuotano oltre agli avvenimenti passati, anche il significato del greco antico attraverso una traduzione inesatta. Il difficile rapporto che ha il mondo occidentale con le statue antiche e la recente notorietà mediatica di movimenti sociali come Black Lives Matter sono i protagonisti del capitolo sei, “Storie di statue”. Traina mette in luce come il nostro rapporto con l’eredità classica sia spesso conflittuale a causa di un’interpretazione anticolonialista di personaggi storici illustri antichi e moderni. L’Italia invece si misura con problemi diversi: un esempio sono le diverse difficoltà riscontrate nella valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Come nota l’autore, la politica, pur tentando di avanzare proposte creative, si è sempre dovuta misurare con vari ostacoli in termini di fattibilità. Il settimo capitolo, “Paesaggi greci, bighe «gallo-romane»”, affronta il tema dell’idealizzazione moderna del mondo classico, alternando il punto di vista di filosofi e letterati con l’influenza culturale popolare e commerciale. Partendo da una considerazione sul ruolo del viaggiatore moderno a contatto con il mondo classico, Traina riporta la contrapposizione delle esperienze profondamente diverse del filosofo Martin Heidegger e dello scrittore e pittore Henry Miller. La parte finale del capitolo è dedicata ai revival più o meno riusciti della cultura classica come il Caesars Palace di Las Vegas o lo Stadium Gallo-Romain in Vandea. Il capitolo otto, “Sono fasci questi romani?”, narra della ricostruzione artificiosa e ideologica del passato romano imperiale durante il ventennio fascista. Con il supporto della propaganda, la romanità imperiale divenne uno strumento efficace nelle mani del regime sia a livello culturale che politico; tuttavia, non tutto il passato romano è visto di buon occhio dal nazifascismo. Infatti, nel capitolo nove, “Tutta colpa di Caracalla”, la celebre Constitutio Antoniniana, che garantì la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’ecumene, secondo gli ideologi fascisti divenne la causa principale della caduta dell’impero poiché vennero concessi diritti anche alle popolazioni “barbare”. L’autore evidenzia come tuttora si rievochi l’editto di Caracalla sia come esempio politico virtuoso che come strumento di propaganda antirazziale. Nel concludere il volume Traina si chiede quale sia il futuro per gli antichisti, poiché lo studio del mondo classico in futuro sarà sempre meno incentivato e già ora affronta un periodo di grave crisi.

I diversi esempi raccolti in questo volume sollevano diversi interrogativi sul posto che hanno i classici nella nostra contemporaneità. Traina, pur non offrendo soluzioni alla deriva dei classici, espone sapientemente, con un tono ironico, le strumentalizzazioni del passato attuate o con leggerezza interpretativa oppure con secondi fini. Nel complesso il volume è interessante, ben scritto e adatto sia agli studiosi che alle persone curiose di conoscere cosa è davvero rimasto in noi della cultura classica.