Binomio edilizia-terziario
All’inizio degli anni Settanta i 2/3 degli attivi gravitavano a Reggio, a Catanzaro e a Cosenza nel settore terziario: rispettivamente il 62,2%, il 64% e il 68,6%.
Percentuali più che doppie rispetto alla Calabria (31,1%) e quasi rispetto all’Italia (38,4%). La medesima peculiarità della base occupazionale delle città calabresi era presente nel 1951. Rispetto
al dato assoluto dell’inizio degli anni Cinquanta, la popolazione attiva nel settore delle costruzioni risultava pari al 16,3% a Reggio, al 20,3% a Catanzaro e all’11,7% a Cosenza; dati superiori
alla media regionale (9,8%) e a quella nazionale (7,5%). Nel 1971 il divario si era ridotto ma dipendeva ancora dall’edilizia la creazione di molte occasioni occupazionali e di reddito per i
residenti. In particolare, anche se Reggio, all’inizio degli anni Cinquanta, presentava una fisionomia produttiva in parte differente dalle altre città, come ha rilevato Domenico Cersosimo, «alla
specializzazione agricola-edilizia-terziaria dell’immediato dopoguerra si sostituirà […] un modello di crescita sempre più incentrato sul binomio blocco edilizio-terziario, ovvero sulle capacità
dei ceti dominanti reggini di intercettare e catturare risorse e occasioni finanziarie esterne in grado di sostenere i redditi e la domanda aggregata locale, senza peraltro riuscire ad attivare
meccanismi di sviluppo endogeno» [1993, 373]. Cfr. anche Cersosimo 1991 e 1994.