Storicamente. Laboratorio di storia

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Ombretta Ingrascì, Donne d’onore. Storie di mafia al femminile

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«[Le donne di mafia] non sono protagoniste della violenza in prima persona, generalmente non uccidono, non sono pari agli uomini sul piano delle decisioni, eppure oggi tutti gli addetti ai lavori, dai magistrati ai poliziotti, dagli studiosi agli psicologi dei servizi pubblici concordano che il loro ruolo dalle molteplici sfaccettature sia di grande rilevanza» (p. VIII). Con queste parole che Renate Siebert utilizza nella prefazione, appare chiara l’importanza del volume che la storica Ombretta Ingrascì dedica al fenomeno delle donne appartenenti alla mafia siciliana e alla ‘ndrangheta, a conclusione di un percorso che la vede impegnata su questo fronte da più di dieci anni. Il suo studio ha il merito non solo di inserirsi in un filone accademico ampiamente studiato negli ultimi quindici anni, ma anche di presentare una rinnovata prospettiva, più ampia e completa dal punto di vista dell’approccio. Se le storie e il vissuto delle donne di mafia, inseriti in un’analisi sociologica tesa all’individuazione di codici culturali comuni, erano già stati documentati dalla stessa Siebert negli anni ’90, e se la particolare trasversalità del “femminile”, ripudiato e osannato allo stesso tempo dagli uomini mafiosi, era già stata oggetto dei contributi di Alessandra Dino, Ingrascì riesce a fondere nelle stesse pagine la complessità di entrambi i temi.
Che ruolo hanno le donne nella criminalità organizzata? Esiste la possibilità di un’evoluzione di tale ruolo nel corso degli anni? Quanti sono gli elementi a disposizione dello studioso per tracciare un quadro d’insieme? A partire da queste domande di fondo, Ingrascì analizza la problematica da una prospettiva non solo temporale ma anche culturale e criminale, non dimenticandosi di quelle figure femminili che negli anni recenti sono state condannate, e chiedendosi se in realtà non sia stata la percezione di queste donne mafiose ad essere cambiata nel tempo e non la loro essenza specifica. Ecco giustificato l’ampio spazio dato all’analisi dell’evoluzione del fenomeno mafioso, in riferimento alla presenza più o meno consapevole delle donne sullo sfondo del contesto criminale. Ingrascì ci introduce in una sfera complessa, che va dall’analisi della passività insita nello stesso principio di non associabilità femminile alla mafia (le donne non possono prestare giuramento) o nell’utilizzo delle donne come oggetto di scambio per le politiche matrimoniali mafiose, al primigenio ruolo attivo di educatrici dei figli secondo principi etici mafiosi o di Erinni furenti in cerca di vendetta personale. Queste codifiche, diventate a volte stereotipi puri, hanno impedito all’inizio un’identificazione chiara delle caratteristiche e responsabilità delle donne da parte della giustizia italiana. Seguendo il percorso di Ingrascì si capisce molto bene come questo luogo comune sia potuto cambiare solo dopo l’avvento del pentitismo e la scoperta che le donne mafiose, in assenza del capofamiglia arrestato o ucciso, possono rivestire una funzione suppletiva. La questione principale, in riferimento a questa considerazione, è quella che ruota attorno al concetto di pseudoemancipazione: le donne si sono improvvisamente ritrovate protagoniste di un mondo che le aveva escluse, ma senza diventare soggetti con libertà di movimento e di pensiero, sono rimaste strumenti in mani altrui, utilizzate per necessità. Le logiche della società mafiosa, patriarcale e maschilista, non hanno finora consentito una trasformazione in senso assoluto, e cioè un’emancipazione vera e propria. La bravura di Ingrascì sta nel suo continuo ricorrere alle fonti, nel suo giustificare ogni affermazione sulla base di studi precisi, di materiali processuali e soprattutto delle voci in prima persona dei pentiti. L’ultima parte del libro è infatti dedicata a ricostruire le storie personali e criminali delle pentite, in particolare la vicenda di Rosa N., ex affiliata ad una cosca calabrese della ‘ndrangheta. Vicenda esemplare e paradigmatica, che dimostra da sola tutte le precedenti considerazioni fatte dall’autrice.