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Peregrine Horden – Nicholas Purcell, “The Boundless Sea”

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Peregrine Horden – Nicholas Purcell, The Boundless Sea. Writing Mediterranean History. London, Routledge, 2020, 240 pp.

The Boundless Sea di Peregrine Horden e Nicholas Purcell si configura come il fruttuoso seguito di una precedente collaborazione tra i due autori, concretizzata nel 2000 con la pubblicazione di Corrupting Sea. A Study of Mediterranean History, un lavoro innovativo che ha analizzato la storia antica, medievale e moderna attraverso un paradigma ecologico. Questa collaborazione, come sottolineano gli autori stessi, non si esaurisce con The Boundless Sea, ma proseguirà nella pubblicazione di un’ulteriore monografia.

Il libro qui in discussione è una raccolta di dodici articoli, i quali, a eccezione dell’ottavo, sono già stati pubblicati altrove. Ciò influenza indubbiamente la consequenzialità delle argomentazioni, l’organizzazione delle quali, tranne i primi capitoli-articoli (1-3), è disorganica, non seguendo apparentemente un criterio né tematico né cronologico.

Nonostante ciò, le tematiche che il testo si prefigge di presentare emergono chiaramente dai diversi saggi. Gli obiettivi sono sostanzialmente due: analizzare le microecologie e la connettività del Mediterraneo nella storia attraverso i classici campi di ricerca, come la storia sociale o economica; approfondire in un’indagine più globale, boundless, la storia del Mediterraneo e delle sue possibili connessioni tra differenti realtà geografiche e cronologiche.

Quest’ultimo proposito è sin da subito espresso nel primo capitolo, che affronta i problemi metodologici della storia del Mediterraneo e la possibilità stessa di considerare il Mediterraneo come categoria storica. Horden e Purcell giungono qui alla conclusione che il corretto metodo sia fare ricorso ad una new thalassology (4), avvalendosi di un metodo comparativo e globale.

Il secondo capitolo è una replica alle critiche ricevute in merito a The Corrupting Sea, espresse da antichisti, medievisti e archeologi, riguardanti principalmente il mancato approfondimento di alcune tematiche citate, ma anche l’aver tralasciato delle problematiche rilevanti per il contesto analizzato. Sebbene talvolta vengano date risposte polemiche e quasi provocatorie – «[...] to two historians who have no more than armchair acquaintance with field work.» (23) – e altri passaggi sembrino apertamente poco modesti, vi è una volontà di giustificarsi per ciò che è stato tralasciato nel precedente progetto editoriale.

Nel terzo capitolo vengono affrontati problemi fondamentali per la comprensione dei molteplici temi esaminati nei capitoli centrali dell’opera. In questo caso si tratta di dare una definizione geografica al concetto di Mediterraneo, identificato come “il buco della ciambella”, attorno al quale realtà frammentate territorialmente e culturalmente abbattono le loro frontiere attraverso la connettività e la mobilità, rese possibili e necessarie dal mare stesso. Ciò lo rende un paradigma adattabile all’analisi di altre situazioni geografiche e temporali.

La questione della mobilità viene trattata nel quarto capitolo, nel quale è confutata la presunta fixity, attribuita da alcuni studiosi contemporanei al periodo storico che va dal I millennio a.C. al VI secolo d.C., attraverso alcuni casi di studio, quali l’evoluzione urbanistica e i frequenti spostamenti nel Mediterraneo per ragioni economiche.

Il tema delle città è approfondito nel quinto capitolo, dal punto di vista ecologico. Le città vengono prese in considerazione come connesse con il loro entroterra e i cittadini come connessi con l’ambiente circostante. Il modello per eccellenza è la città di Roma, dipendente per la propria sussistenza dalle risorse del resto dell’Impero, ma anche legata al territorio extra-urbano per le attività quotidiane. Tuttavia quello di Roma è una grande realtà urbana, e gli autori esprimono la loro volontà di studiare in futuro situazioni di paesaggi extraurbani.

Nel sesto capitolo, l’attenzione si focalizza sulla questione della tassazione nella storia del Mediterraneo antico. Le tasse influirono profondamente sulla mobilità, ma anche sulla vita sociale, politica e culturale e qui viene analizzato il caso di diverse poleis greche. Questa vera e propria “morfologia delle tasse” si conclude con un parallelo tra il comportamento di Atene e di Roma al momento della loro massima egemonia, sottolineando come entrambe, pur continuando a regolare loro stesse le imposte fissate delle città a loro sottoposte, concessero un certo grado di autonomia locale nella gestione della fiscalità.

Nel settimo capitolo è affrontato l’argomento delle colonizzazioni. Partendo dalla distribuzione delle opportunità produttive associate con le diverse realtà ecologiche, si giunge alle ridistribuzioni di territori, rese possibili dall’ambiente che circonda il Mediterraneo, e infine alla nascita delle colonie greche, realtà indipendenti, ma interconnesse con le madrepatrie. Per approfondire ulteriormente il concetto di colonizzazione viene proposto l’esempio delle colonie della Magna Grecia.

Tornando a parlare di economia, nell’ottavo capitolo, gli autori spostano l’analisi cronologica sul periodo tardoantico e medievale. Per confermare il loro giudizio, espresso in The Corrupting Sea, riguardo alla contrazione di connettività all’interno del Mediterraneo dal declino dell’Impero romano d’Occidente sino circa al IX secolo, si prendono in esame le Vite di Giovanni l’Elemosiniere e la Vita di San Villibaldo. Inoltre, mettendo a confronto le posizioni di autori quali Michael McCormick e Chris Wickham, Horden e Purcell giungono alla conclusione che il Mediterraneo nell’epoca medievale ha favorito il mantenimento di una connettività che ha permesso proficui scambi di merci a lunga distanza e, con la diffusione di tecnologie nate secoli prima proprio nel bacino del Mediterraneo, contribuì all’aumento della ricchezza nell’Europa del nord.

Nel nono capitolo si approfondisce il tema dell’acqua, inizialmente sotto il profilo religioso: si evidenzia come i rapporti tra l’acqua e l’uomo non si limitino alle costruzioni di acquedotti o all’applicazione di altre tecnologie, ma come sia fondamentale comprendere i risvolti sociali e culturali che questa relazione genera. Il discorso ecologico prosegue con esempi sull’uso dell’acqua all’interno di differenti ambienti microecologici, come le zone umide o le aridocolture.

L’argomento del decimo capitolo, in cui si torna a parlare di talassologia e talassografia, fa dubitare del suo corretto posizionamento all’interno dell’opera, così distante dal primo capitolo in cui era stato introdotto il termine, e senza nessun sostanziale cambiamento di posizione che giustifichi la sua collocazione nella parte finale del lavoro. Inoltre, questa sezione riprende tematiche già affrontate nel capitolo precedente e nel resto del libro, ossia la percezione sullo studio dell’acqua e di problemi quali la mobilità e il rapporto tra uomo e ambiente acquatico, con l’unica specifica che qui viene preso in considerazione il mare.

L’originalità dell’undicesimo capitolo sta nel paragonare due ecosistemi apparentemente differenti, come il Mediterraneo e il Sahara, mettendone in luce i punti di incontro ma sottolineandone le differenze che rendono il parallelo non del tutto realizzabile. Tali divergenze riguardano i diversi tipi di rotte, i differenti mezzi utilizzati e gli snodi all’interno di questi sistemi; la riflessione si estende alle disuguaglianze di origine politica, territoriale e culturale.

Funzionale alla prosecuzione degli studi sulla connettività del Mediterraneo è l’approccio comparativo ed è ciò che gli autori realizzano nel dodicesimo e ultimo capitolo. In esso ribadiscono il parallelo con il Sahara e inseriscono ulteriori termini di confronto, in particolare con la Via della Seta e l’Europa, per concludere che questi casi sono solo punti di partenza per le infinite possibili indagini comparative nell’ambito della connettività.

Le argomentazioni trattate e qui descritte sono portate avanti dagli autori in uno stile lineare e di agevole comprensione anche per i non specialisti. Dunque, nonostante un’organizzazione poco lineare delle varie sezioni dell’opera, è presente, oltre al raggiungimento degli obiettivi tematici prefissi nella prefazione, un’organicità interna a ciascun articolo e un filo conduttore ben percepibile che rende la lettura utile e stimolante per future indagini.