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Luigi Ferdinando Marsili. La costruzione della frontiera dell'Impero e dell'Europa

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Il Convegno internazionale La politica, la scienza, le armi. Luigi Ferdinando Marsili e la costruzione della frontiera dell'Impero e dell'Europa (Bologna, 23 ottobre 2009) è il primo degli eventi organizzati dal Comitato delle celebrazioni marsiliane chiamato a sottolineare una serie di ricorrenze appena trascorse o imminenti: il 350° anniversario della nascita di Marsili (1658), i 300 anni dalla stesura del suo Parallelo dello stato moderno della Università di Bologna con l'altre di là de' monti (1709) e, infine, il terzo centenario della fondazione dell'Istituto delle scienze di Bologna che cadrà nel 2011. Il Comitato quindi ha giustamente scelto di prendere le mosse dallo stesso personaggio Marsili, ed ha proposto un'occasione di riflessione sia su questa poliedrica figura, sia sugli sviluppi più recenti della storiografia che l'ha riguardata. Infatti Marsili "riscoperto" dagli storici negli anni attorno al 1930 (anche allora si trattava di un centenario: il secondo dalla morte) non è più del tutto uscito dalla loro agenda: nobile, militare, diplomatico, scienziato, schiavo nei Balcani, conoscitore del mondo turco, fondatore dell'Istituto delle Scienze di Bologna, aspirante riformatore dell'Alma mater studiorum ha fornito motivo di interesse ad un gran numero di studiosi, attratti dall'uno o dall'altro aspetto della sua vicenda biografica [Gullino e Preti 2008, Sarti 2001, Gherardi r. e Martelli 2009]. Non si può certo negare che tanto successo sia dovuto almeno in parte alla ricchezza e alla facile accessibilità di molte fonti: il Marsili stesso selezionò ed ordinò moltissimi materiali attinenti alla sua vita professionale di militare e diplomatico e ai suoi interessi scientifici. La navigazione in questo mare di documenti, tutti conservati dalla Biblioteca universitaria di Bologna, è stata poi resa meno avventurosa dall’inventario realizzato negli anni Venti del Novecento da Lodovico Frati [2005].
Circa quest’ultimo aspetto, in occasione del convegno di ottobre Andrea Gardi ha messo in guardia gli studiosi e, dopo aver ricostruito con precisione la storia delle carte marsiliane, ha evidenziato il percorso di costruzione della memoria attuato dal loro autore: il Fondo Marsili è anche l’immagine di sé che Luigi Ferdinando lasciò ai posteri, per glorificare le proprie imprese e per celare o giustificare insuccessi e amarezze, che certo non gli mancarono. Il Fondo stesso, così, nella sua formazione e articolazione diventa documento per la conoscenza della biografia marsiliana, mentre agli storici resta il dovere di prestare un’attenzione speciale alla critica della fonte, attenzione che in passato è stata talvolta sopraffatta dall’entusiasmo di alcuni ricercatori per il loro oggetto di studio.
Uno dei meriti maggiori del Convegno, invece, è consistito proprio nel presentare ricerche di assoluto valore scientifico, le quali hanno inteso intrecciare una pluralità di fonti e di testimonianze, anche perché si sono aperte – e questo è certamente un altro tratto meritorio – alla storiografia straniera, in particolar modo a quella ungherese. L’attenzione, infatti, si è concentrata sull’impegno del Marsili nella definizione dei confini sud-orientali dell’Impero subito dopo la pace di Carlowitz, un momento centrale della sua biografia ed anche capace di coagulare i molteplici aspetti della sua attività e dei suoi interessi. Il generale bolognese toccò allora il vertice della propria carriera al servizio di Leopoldo I, poiché, pur avendo partecipato alle trattative per la pace in un ruolo di non grande prestigio, era poi stato nominato plenipotenziario imperiale per la determinazione dei confini da tracciare tra i due imperi e, di fatto, tra l’Europa e il mondo ottomano. In questa attività, che lo impegnò per circa due anni, si intrecciavano e trovavano applicazione, com’è stato dimostrato da Raffaella Gherardi [2009], competenze diplomatiche, scientifiche e politiche, che spaziavano dalla conoscenza della geografia fisica a quella dei costumi e delle lingue, dalla storia dei vari territori alla progettazione dei futuri possibili commerci. L’attitudine del Marsili per ambiti così disparati del sapere, d’altra parte, risaliva, come ha ben spiegato Stefano Magnani, per lo meno alla sua prima giovinezza quando, durante un viaggio a Costantinopoli, aveva abbinato curiosità più strettamente scientifiche (come le osservazioni sui moti delle maree) a interesse antiquari, coltivandoli entrambi con tanta serietà da poter essere comunicati per via epistolare a corrispondenti del livello di un Marcello Malpighi o di un Geminiano Montanari. Una simile poliedricità, nata forse come espressione di un enciclopedismo dal sapore ancora rinascimentale, si trasformò però in un preciso progetto per le armes savantes ricostruito da Piero Del Negro il quale, oltre a riportare la carriera del Marsili in una più corretta prospettiva storiografica, ha delineato funzioni e ruoli assegnati ai vari campi dello scibile nell’albero del sapere marsiliano. Il dibattito sulla preminenza delle armi o delle lettere, tanto presente nella cultura cinque e seicentesca, aveva trovato anche in Emilia interessanti interpreti, come Annibale Romei presentato da Éva Vigh. In Marsili la scienza non è affatto estranea alla formazione del suo militare ideale, tant’è che intorno alla metà degli anni ’80 del ‘600 cominciò a pensare alla costituzione di un’accademia per avviare alla carriera militare i giovani bolognesi e proprio dall’evoluzione di questo progetto, un quarto di secolo dopo, nacque l’Istituto delle scienze.
La rilevanza della dimensione culturale, piuttosto che tecnica, diventa evidente negli studi condotti in modo più specifico sul Marsili plenipotenziario imperiale per l’attuazione della pace di Carlowitz. Allora, ad esempio, ebbe modo di approfondire la propria conoscenza del mondo ottomano, ed anzi fu chiamato per il proprio ufficio a collaborare con gli emissari del Sultano. Le vicende biografiche del Marsili, piuttosto articolate, lo portarono in più occasioni a varcare i confini dell’Impero ottomano ben prima della pace di Carlowitz: poco più che ventenne compì un viaggio a Costantinopoli al seguito del bailo di Venezia; tra il 1683 ed il 1684 fu prigioniero nei Balcani; negli anni successivi fu impegnato nelle guerre tra i due Imperi; nel 1691 tornò a Costantinopoli sotto mentite spoglie [Gullino e Preti 2008]. Gli scritti, numerosissimi e di varia natura risalenti a quegli anni, hanno fornito a Mónika Molnár materiale di studio per indagare le valutazioni espresse a proposito dei “turchi”. Il ruolo di plenipotenziario in realtà lo metteva in condizione di stabilire contatti continui, ed inoltre, anche su espressa richiesta di Vienna, lo portava a elaborare riflessioni assai ponderate sull’Impero nemico. Lo stato del Sultano, agli occhi di Marsili, perdeva del tutto i connotati di quasi mitica invincibilità e monolitica compattezza; dopo che l’esercito turco era stato sconfitto dalle armate cristiane – da Vienna a Belgrado –, si mettevano in evidenza tutte le debolezze del sistema turco che non garantiva una reale potenza militare; il Marsili imputava la debolezza dell’Impero ottomano anche alla mancata centralizzazione del potere: fautore convinto dell’assolutismo, reputava meramente formale il dispotismo del Sultano che, di fatto, non esercitava un reale controllo sulla difforme compagine dei suoi domini.
La definizione della frontiera con l’Impero turco riguardava in particolar modo i confini della Transilvania e dell’Illiria; Levente Nagy e Sandor Bene se ne sono occupati e in entrambi i casi, al centro della riflessione, hanno posto due concetti fondamentali, la frontiera per Nagy e la patria per Bene. Riguardo alla frontiera l’atteggiamento del Marsili era, forse inevitabilmente, condizionato dalle letture dei classici antichi e gli stessi ungheresi sembrano essere assimilati agli sciti dell’antichità; dopo la pace di Carlowitz, tuttavia, quella frontiera avrebbe dovuto perdere i connotati di area insidiosa e instabile, per trasformarsi in una barriera capace di impedire migrazioni di popoli, ma permeabile, almeno nei progetti del Marsili, al transito di ogni merce, in particolare di quelle provenienti da Oriente, in un’ottica mercantilistica attenta a coniugare l’armonia politica con l’interesse economico, e a porre il “buon ordine” al servizio del potere assoluto del sovrano. Alla “razionalizzazione” della frontiera fa eco la “temperanza” dei sentimenti patriottici studiati da Sandor Bene per mezzo dell’analisi testuale di alcuni testi marsiliani; ne emerge il tentativo di porre sotto controllo la passionalità dei sentimenti per la patria, in osservanza degli insegnamenti dello stoicismo di Giusto Lipsio, costante punto di riferimento filosofico per il Marsili. Al di là dell’interesse per le radici delle scelte marsiliane, si scopre l’incontro fruttuoso e un po’ sorprendente col patriottismo di Pavao Ritter Vitezović, uno dei padri della nazione croata, il quale lavorò col generale bolognese, tanto che molti suoi autografi sono ora conservati tra le carte marsiliane. La loro collaborazione potrebbe stupire, dato che Vitezović puntava proprio su elementi sentimentali per argomentare e costruire il proprio discorso sulla patria croata; ciononostante Marsili e Vitezović strinsero di fatto un’alleanza contro le aspirazioni dell’aristocrazia che auspicava, per l’Illiria, una soluzione federale, nella quale fosse ancora possibile ritagliare ampi spazi di potere per la nobiltà locale.
Il Marsili d’altra parte era andato coltivando una doppia appartenenza patriottica, legato a Bologna da un lato e dall’altro a Vienna, città nella quale, oltre a costruire la propria carriera, poteva facilmente ritrovare italiani e concittadini. Come ha ben illustrato Jean Michel Thieriet, la Vienna di fine Seicento ospitava infatti moltissimi italiani, alcuni noti alla storia, come i militari, i funzionari e gli artisti della corte di Leopoldo I, altri invece sconosciuti alle cronache, come artigiani, mercanti e soprattutto ecclesiastici, tanto numerosi da imprimere un carattere particolare alla vita viennese. Questa capacità di attrazione della capitale asburgica affianca una lettura più generale dei rapporti internazionali proposta da Jean Bérenger: tra Sei e Settecento si consuma una svolta decisiva, declina la parabola di Luigi XIV ed emerge la potenza austriaca. Malgrado Leopoldo I avesse tentato di evitare lo scontro con l’Impero turco, gli Asburgo dalla presa di Belgrado, nel 1689, alla pace di Ryswick, nel 1697, avevano sostenuto e vinto uno scontro determinante su più fronti; con la pace di Carlowitz, poi, avevano chiuso un conflitto secolare che risaliva ai tempi di Carlo V. L’apice della carriera militare e politica di Marsili al servizio dell’Imperatore va collocato, dunque, proprio nel fluire di questi eventi, mentre la sua capacità di accesso ai massimi vertici dell’amministrazione asburgica e allo stesso Leopoldo I gli diede la possibilità di contribuire alla formazione di fondamentali scelte politiche.
Definiti i confini tra gli Imperi, il Marsili tornò a guidare le truppe asburgiche nella guerra di successione spagnola; accusato di tradimento e degradato, lasciò l’Austria e iniziò un’altra fase della sua vita, tra l’Italia, la Svizzera e la Francia, più dedito alla scienza che non alle armi. Il Comitato per le celebrazioni marsiliane, nel proprio programma, non ha trascurato questi aspetti e, nei prossimi mesi proporrà ulteriori riflessioni per mezzo di conferenze e mostre. Le iniziative a venire trarranno giovamento dalla messa a punto e dagli stimoli offerti dal Convegno internazionale di cui si è dato conto: tutta l’attività del Marsili potrà essere meglio studiata adesso che appaiono più chiaramente delineate l’esperienza politico-diplomatica e le scelte culturali del personaggio.

Bibliografia

GULLINO G. e PRETI C. 2008, Marsili Luigi Ferdinando, v. Dizionario biografico degli italiani, Roma: Istituto dell’Enciclopedia italiana, vol. 70, pp. 771-781.
SARTI R 2001, Bolognesi schiavi dei «turchi» e schiavi «turchi» a Bologna tra Cinque e Settecento: alterità etnico-religiosa e riduzione in schiavitù, «Quaderni storici», 107 (2001), pp. 437-473.
GHERARDI R. e MARTELLI F. 2009, La pace degli eserciti e dell’economia. Montecuccoli e Marsili alla Corte di Vienna, Bologna: Il Mulino.
FRATI L. 1925-1927, Catalogo dei manoscritti di Luigi Ferdinando Marsili conservati nella Biblioteca Universitaria di Bologna, «La Bibliofilia», (XXVII-XIX).
GHERARDI R. 2009, Luigi Ferdinando Marsili e la frontiera dell’Impero, in: R. Gherardi, F. Martelli 2009, cit., pp. 151-304.