Storicamente. Laboratorio di storia

Fonti e documenti

Le carte del Partito comunista francese per una storia del comunismo in Africa

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Abstract

The history of African anti-colonial movements, especially those present in the French colonies, can be reconstructed thanks to the documentation of the French communists. The documents of the PCF, collected in the Archives départementales de la Seine-Saint Dénis, offer an important point of view on African decolonization. These sources provide the missing piece for a social, political and cultural history of relations between metropolises and colonies and between North and South of the world. Together with the digitization projects of the French sources preserved in the former Soviet archives (today still in Russia) and the documentary mass produced by trade unions and colonial security services, the sources of the PCF are also essential for internationalizing the history of the French Communist Party, reconnecting it to the broader relations between anti-colonial movements and the international communist movement.

La politica coloniale ed estera del Pcf

La storiografia sul Pcf si è tradizionalmente concentrata sulla sua politica interna, focalizzandone la presenza nelle fabbriche e nella società francese. Si è spesso pensato alle relazioni internazionali del Pcf come parte di uno spazio geografico limitato ai rapporti con l’Urss e con le strutture transnazionali del comunismo, il Comintern prima, il movimento comunista e operaio internazionale e il blocco socialista successivamente (Gallissot 1997).

La scarsa attenzione per i contatti politici, culturali e ideologici tra comunisti francesi e Terzo Mondo è dovuta all’influsso di un forte paradigma postimperiale del Pcf che ne limiterebbe il focus all’elaborazione di una strategia più nazionale che internazionale. Questa visione sarebbe concentrata sullo spazio coloniale francese, considerato parte di una sfera d’influenza naturale della civilisation française e dunque anche della cultura politica del marxismo metropolitano. Ancora una volta, l’evidente attenzione dei comunisti francesi per la classe operaia nazionale e il loro marxismo quasi giacobino oscura la vocazione internazionalista del Pcf e perfino l’opposizione al colonialismo diventa parte di una strategia interna. Si è spesso sottolineata la scomoda posizione del Pcf come partito nazionale e al contempo oppositore del colonialismo immerso nell’ambiente politico, culturale e sociale di un impero coloniale secolare. L’attenzione della storiografia si è focalizzata sulle difficoltà di analisi dimostrate dai dirigenti comunisti francesi sul tema dell’anticolonialismo, ma difficilmente ha restituito il dualismo delle loro posizioni, costantemente in bilico tra la condanna dell’imperialismo e il progetto di costruzione una comunità francofona multietnica e socialista (Moneta 1971, 273; Ruscio 2019).

Solo negli ultimi anni si è parlato del Pcf come di un “Parti global”, tentando di ricostruirne il ruolo transnazionale, mettendo l’accento sulla sua appartenenza al movimento operaio internazionale e alla sua vasta rete globale di associazioni, di movimenti e di organizzazioni politiche e sindacali. Nel quadro di questo nuovo interesse è stato possibile riportare alla luce l’importante impegno dei comunisti francesi in Africa e in particolare nei paesi francofoni del continente. L’asse Est-Ovest continua a marcare la storia delle relazioni internazionali del Partito comunista, ma nella nuova prospettiva storiografica questa direttrice si somma a quella Nord-Sud, oggetto di indagine privilegiato per ricostruire una storia globale dell’Europa del Novecento e delle forze politiche che la animano (Ducoulombier e Vigreux 2019; Blum, Di Maggio, Siracusano e Wolikow 2021).

Il ruolo del Pcf nel contesto coloniale africano ha catturato l’interesse dei ricercatori per l’approccio duale rivelato dal partito in quella situazione. Da una parte, i comunisti si mostrano già a partire dagli anni Venti come pilastro dell’anticolonialismo e dell’antimperialismo in Francia e nelle colonie, dialogando con i movimenti nazionalisti e accogliendo tra i loro ranghi lavoratori europei stabiliti in Africa e africani emigrati nella Metropoli. Dall’altro lato, tuttavia, i dirigenti del Pcf faticano a confrontarsi con delle istanze indipendentiste sorte in un contesto diverso da quello metropolitano e dove non esiste una classe operaia cosciente. Inoltre, i comunisti francesi devono misurarsi con le loro ambizioni nazionali, carattere accentuato ancor più a partire dall’ascesa di Stalin in Urss. Tra le due guerre il Pcf comincia un serrato confronto con le strutture del Comintern, che propendono per l’istaurazione di un dialogo fruttuoso con i movimenti nazionalisti rivoluzionari delle colonie in funzione antimperialista. In questo frangente, i comunisti francesi rivelano tutto il loro disagio nella gestione delle problematiche relative al mondo coloniale, ma sono comunque i primi a dotare il proprio partito di una sezione coloniale, come richiesto dall’Internazionale [1].

Quando, nella seconda metà degli anni Trenta, il ruolo dell’Ic si indebolisce irrimediabilmente a causa della sua sottomissione alla centralità dell’Urss e delle sue strategie nazionali, il Pcf si ritrova all’avanguardia nello sviluppo di una strategia fortemente voluta da Stalin per contrastare l’avanzata dei fascismi in Europa: la costituzione dei fronti popolari. I comunisti francesi sono impegnati a mostrare una propria immagine patriottica e cercano il dialogo con i socialisti e le altre forze antifasciste, spesso le stesse che sostengono il valore della colonizzazione e della civilisation française (Gallissot 1997; Wolikow 2016, 127-54). La questione coloniale non è più la priorità e anche l’attività del Pcf in Africa risente dell’urgenza di fermare l’espansione del nazismo, in particolare dopo l’inizio della Seconda guerra mondiale e l’invasione del suolo metropolitano da parte della Wermacht. Le colonie africane diventano fondamentali per la riorganizzazione della Resistenza e dell’esercito della Francia libera e la Sezione coloniale comunista è al centro di un’attiva propaganda antifascista che prosegue per tutti gli anni Quaranta sia nel Maghreb che in Africa subsahariana (Wolikow 2021; Siracusano 2022).

La storiografia si è spesso soffermata sulla preponderanza del paradigma antifascista e patriottico su quello anticoloniale, marcando la specificità del comunismo francese proprio nel suo giacobinismo. La via nazionale del Pcf al socialismo, a differenza di quella italiana, opera un recupero di istanze nazionali, a tratti patriottiche, in virtù delle quali l’interesse del proletariato francese si identifica con la democratizzazione, l’indipendenza e il rafforzamento della nazione. Un rafforzamento che, però, rende difficili i rapporti con i movimenti nazionali rivoluzionari nelle colonie. Gli anticolonialisti africani non si identificano nelle aspirazioni nazionali metropolitane e rifiutano l’applicazione scientifica del socialismo nelle società extra-europee, provocando spesso incomprensione e sospetto nei comunisti francesi. Alcuni studiosi, al contrario, hanno insistito sulla rigidità ideologica del Pcf e sulla sua fedeltà incondizionata all’Unione Sovietica per spiegare le difficoltà incontrate nel dialogo con gli anticolonialisti africani: il dogmatismo e il paternalismo dimostrati dal Pcf compromettono la sua comprensione della società coloniale e delle sue sfaccettature (Gallissot 1997; Courtois, Lazar 2000, 296-304).

Malgrado gli storici rilevino tali problematiche anche per il periodo cominformista e per quello krusceviano – segnato, peraltro, dal susseguirsi di ondate di decolonizzazione – è oggi possibile ricostruire il ruolo del Pcf nelle interazioni tra Francia, Europa e Africa, oltre che tra blocco socialista e Terzo Mondo. Le fonti del Partito mostrano come si possano allargare gli orizzonti della storiografia e ripensare la funzione dei comunisti occidentali nel processo di decolonizzazione africano, anche al di là di una prospettiva postimperiale e di un’attenzione centrata sulle ex-colonie.

Gli archivi del Pcf. Storia e sistemazione dei fondi

Lo studio delle correlazioni tra comunismo e movimenti anticoloniali africani richiede un’indagine approfondita dei fondi conservati negli archivi del Partito comunista francese, oggi custoditi negli Archives départementales de la Seine – Saint Dénis.

La storia di questi archivi non è sempre lineare e segue spesso percorsi tortuosi, distinguendosi da quella del Partito comunista italiano per le diverse caratteristiche e utilizzi delle sue carte. Se, infatti, il Pci costituisce un suo archivio corrente già a partire dalla fine degli anni Sessanta, soprattutto per un suo utilizzo interno, il Pcf non ha questa volontà di conservazione. Prima dell’apertura dei suoi archivi al pubblico, nel 1993, i comunisti francesi non organizzano le loro carte per la consultazione. Alcuni progetti di sistemazione archivistica – come la costituzione di un “archives des grands témoins, des grands hommes et de la geste communiste” che riunisca le carte dei dirigenti e dei resistenti nell’Istituto Maurice Thorez (1964) – non vengono portati avanti e falliscono prima di cominciare. Nel frattempo, tuttavia, il Pcf apre delle negoziazioni per assicurarsi il rientro della documentazione inviata in Unione Sovietica fin dagli anni Venti, riuscendo a ottenere, nel 1972, una serie di bobine microfilmate contenenti la corrispondenza tra i francesi e l’Internazionale comunista. L’accesso a questa documentazione viene riservato unicamente ai tesserati, ma questo permette comunque la costituzione di una leva di storici comunisti formata soprattutto da intellettuali, universitari e giornalisti che si dedicano ad una ricostruzione scientifica e analitica della storia del partito. Il loro percorso di ricerca si interrompe parzialmente negli anni Ottanta, quando il Pcf irrigidisce le sue posizioni politiche e ideologiche in risposta all’ascesa di Mitterrand come leader della gauche. Con il crollo del muro di Berlino e dell’Urss, però, i comunisti francesi cominciano a ripensare la loro storia e soprattutto l’accesso alle loro fonti, aprendo un periodo di dibattiti interni che porta alla desecretazione delle carte e all’apertura ufficiale degli archivi nel 1993. Solo negli anni successivi, però, si procede alla reale sistemazione del materiale, tanto che le prime lavorazioni degli inventari risalgono al 1998 e la classificazione statale come bene storico nazionale avviene nel 2003. L’anno successivo, il partito ritiene di doversi affidare ad un ente pubblico per conservare le proprie carte e sigla un protocollo d’intesa con gli Archivi dipartimentali della Seine – Saint Dénis, a Bobigny, dove la documentazione viene trasferita solamente nel 2006 (Boichu 2010; Génevée 2012; Boichu e Morin 2014).

Le fonti del comunismo francese
per una storia dell’anticolonialismo in Africa

La storia della colonizzazione, del suo consolidamento e dei movimenti di decolonizzazione è stata spesso affrontata unicamente dal punto di vista delle amministrazioni coloniali. In particolare, la nascita, l’evoluzione e la crisi dell’impero francese nel continente africano beneficiano quasi solo di una ricerca storiografica imperniata sulle fonti governative o di polizia, a danno di una storia politica, culturale e sociale che possa restituire la complessità di una società disomogenea e di un’epoca fatta di rotture ma anche di continuità. Un’analisi sui fondi coloniali, pur necessaria, rischia di trascurare le correlazioni globali tra movimenti sociali e politici che hanno invece influenzato eventi, ideologie e mentalità del colonialismo e dell’anticolonialismo. Per questo motivo, le carte del Pcf sono oggi fondamentali per una ricostruzione del ruolo non solo del partito francese, ma anche del comunismo internazionale e delle organizzazioni di massa ad esso collegate in Africa. Da questi documenti è possibile svelare i contatti, gli scambi e le influenze vicendevoli tra comunisti e movimenti nazionali e anticoloniali in Maghreb e nei territori subsahariani.

Tra le carte necessarie a questo tipo di ricerca, bisogna ricordare quelle della Sezione francese dell’Internazionale comunista (Sfic). Questi documenti sono ancora conservati presso il Rgaspi, a Mosca, contrassegnati dalla segnatura 517, e sono parzialmente consultabili sotto forma di microfilm anche all’archivio dipartimentale della Seine-Saint Dénis. Tuttavia, l’Università e la Maison de Sciences de l’Homme di Digione hanno provveduto a digitalizzare la gran parte delle sue carte e a renderle accessibili online. Tra queste, è possibile scovare alcuni documenti della Section coloniale – il cui fondo è pressoché perduto – tra la corrispondenza, i verbali e i rapporti degli organismi dirigenti, che mostrano anche l’attività del Partito nelle colonie e i suoi rapporti con il Comintern. Buona parte delle stesse fonti dell’Internazionale comunista dedicate all’Europa occidentale sono state raccolte dal progetto di digitalizzazione dell’Università di Digione e sono oggi disponibili online: tra le carte accessibili, la fitta corrispondenza del Bureau Noire dell’Internazionale con i partiti comunisti occidentali e in particolare quello francese, quello belga e quello britannico [2].

La documentazione cartacea conservata nell’archivio di Bobigny è invece fondamentale per scrivere la storia delle relazioni tra il Pcf e i movimenti anticoloniali africani dagli anni Quaranta alla fine della guerra fredda. Nel fondo della Section de politique extéreiure (Polex) comunista si trova il nucleo documentario sostanziale per intraprendere questo tipo di ricerca, poiché dalle sue carte riaffiorano i legami internazionali, l’impegno anticoloniale, l’interesse e le difficoltà espresse dal partito francese nei confronti del nazionalismo e del socialismo africano. Il fondo è formato da tre grandi insiemi: il primo è dedicato all’organizzazione, al funzionamento e alle attività della sezione, il secondo è incentrato sul lavoro dei collettivi geografici o tematici e il terzo è riservato ai collaboratori (Courban 2002; Vigreux 2011; Boichu e Morin 2014).

Oltre alle note, ai verbali di riunione e alla corrispondenza con i partiti e i movimenti, il fondo conserva relazioni e resoconti di viaggio delle delegazioni, mostrando i molteplici punti di vista che animano il dibattito ideologico e politico all’interno del comunismo francese e che ne influenzano i rapporti diretti con gli interlocutori africani. Il materiale della Polex è per la maggior parte descritto e inventariato per area geografica (ad esempio Africa del Nord o Africa subsahariana) e per stato di riferimento e in questo modo è possibile ritrovare le carte relative ai paesi africani sotto segnature consecutive. Tra queste permangono residui documentari dell’ormai scomparso archivio della Sezione coloniale, recuperati dai dirigenti attivi in Africa e riuniti al materiale prodotto dalla Sezione di politica estera. È inoltre possibile recuperare i dossier redatti durante le giornate di studio e i seminari organizzati dal collectif Afrique della Polex riguardo alle problematiche del continente africano, dell’imperialismo francese e occidentale nel Terzo Mondo e dell’impatto della globalizzazione. Alle carte dedicate alle ex-colonie francesi si aggiungono, negli anni Settanta e Ottanta, quelle concernenti la lotta all’apartheid in Sudafrica e la solidarietà con i movimenti di liberazione delle colonie portoghesi, fonti che dimostrano un tentativo di apertura del Pcf al di là del suo spazio post-imperiale di riferimento (Suret-Canale 1994) [3].

Accanto alla mole di materiale prodotto direttamente dalla Polex (note, relazioni, resoconti, riassunti di viaggio, corrispondenza e verbali), il fondo offre una vasta documentazione utilizzata dai membri della Sezione per il lavoro politico in Africa. Questa comprende riviste, brochure, opuscoli di propaganda, ritagli stampa, immagini e copie di documenti diplomatici o istituzionali che sono oggi lo specchio dell’attività africana del Pcf e della sua analisi della situazione. La presenza di questo tipo di materiale documentario conferma la mancanza di una volontà conservativa e di una lavorazione archivistica dei fondi da parte del partito, mai destinati all’utilizzo corrente. A differenza delle carte del Pci, dove spesso questo tipo di documentazione è stato scartato dagli archivisti di partito (privilegiando invece i documenti prodotti direttamente dagli organismi dirigenti e dalle sezioni per un’utilità immediata), l’archivio dei comunisti francesi ne presenta una massa non trascurabile, conservata per esigenze storiche dagli archivisti che hanno lavorato il fondo successivamente (Boichu 2010).

I fondi della Polex permettono di conoscere il lavoro preparatorio alle decisioni di politica estera da parte degli organismi dirigenti del Pcf e sono complementari alle carte personali degli alti dirigenti del partito o dei collaboratori della Sezione. Tra questi, uno dei più interessanti è sicuramente quello dello storico marxista e membro del Comitato centrale del Pcf Jean Suret-Canale, tra i più grandi esperti di Africa nel Pcf e per decenni impegnato al fianco dei progressisti e anticolonialisti africani. Suret-Canale è stato forse il più attivo dirigente comunista in paesi come la Guinea, il Senegal, il Mali o il Congo, stabilendosi per diversi anni a Conakry e collaborando attivamente con il presidente Sékou Touré per la costruzione di un socialismo guineano e africano. Il fondo personale di Jean Suret-Canale ha una duplice valenza per gli studiosi: da una parte, le carte illustrano l’attività del Pcf nelle colonie e nelle repubbliche indipendenti dell’Africa subsahariana francofona attraverso il suo impegno in qualità di alto dirigente e dei suoi contatti con gli ambienti politici e culturali locali; dall’altro lato, però, i documenti di Suret-Canale mostrano la sua specificità all’interno di un partito che spesso pecca non solo di eurocentrismo, ma anche di un francocentrismo o di un gallocentrismo (categoria ben definita dallo storico Alain Ruscio) (Ruscio 2007) molto spiccato. L’attività di Suret-Canale in sostegno del socialismo africano e della costituzione di repubbliche progressiste e non capitaliste in Africa occidentale si scontra spesso con la passività del Pcf, che appoggia le iniziative del suo alto dirigente, approva le sue decisioni ma spesso si limita al ruolo di mediatore tra i partiti africani e l’Unione Sovietica. Le carte di Suret-Canale, invece, così come le registrazioni audio del Comitato centrale, i verbali del Bureau Politique o le note della Polex, sono una testimonianza della intensa attività di cooperazione culturale e politica del dirigente comunista francese in Africa. Ne testimoniano inoltre lo sforzo per la costruzione di legami duraturi con le nuove esperienze socialiste nel continente, sfruttando anche i vecchi contatti allacciati in epoca coloniale tra sindacalisti, militanti e studenti. Il materiale conservato in questo archivio offre una panoramica delle ricerche storiografiche di Suret-Canale e del suo lavoro nel Pcf e accanto ai movimenti anticoloniali. Le carte mostrano il suo ruolo centrale nella costruzione di una narrazione storica sia panafricana sia nazionale da parte di regimi come quello di Sékou Touré in Guinea, che affida al dirigente francese la redazione di un manuale di storia per le scuole depurato dai vecchi concetti colonialisti (Suret-Canale 1994; Coquery-Vidrovitch 2008) [4].

Accanto a Suret-Canale, in Africa agiscono altri militanti e dirigenti comunisti. Tra questi i più importanti sono Léon Feix e Raymond Guyot, membri del Comitato centrale e del Bureau Poltique, collaboratori della Polex e attivi soprattutto in Africa del Nord. I loro fondi personali raggruppano l’essenziale del nucleo documentario comunista riguardante il processo di decolonizzazione del Maghreb e le controversie legate alla guerra d’Algeria. Tra le loro carte, così come in quelle di Suret-Canale, riaffiora l’attività africana di molti altri dirigenti comunisti, tra i quali Elie Mignot, Louis Odru e Raymond Barbé, rispettivamente membro del Cc e della segreteria, rappresentante dell’Union Française all’Assemblea Nazionale e segretario della Sezione coloniale. Documenti relativi al ruolo di Odru e Barbé in Maghreb e in Africa occidentale sono conservati anche nei fondi della Polex, in particolare nelle carte residue della Sezione coloniale, testimoniando il loro impegno per delle relazioni feconde con i movimenti progressisti africani e contro la repressione delle autorità francesi [5].

Per affrontare i procedimenti giudiziari a carico dei militanti anticoloniali africani il Pcf incarica un collettivo di avvocati comunisti già attivo nella difesa degli ex-resistenti. L’attività di giuristi quali Pierre Stibbe, Blanche e Léo Matarasso, Pierre Braun, Henri Douchon e Pierre Kaldor affiora tra le carte della Polex relative ai processi contro i rivoluzionari malgasci dopo l’insurrezione del 1947, contro gli attivisti del Rassemblement démocratique africain in Costa d’Avorio tra il 1949 e il 1951 o contro i combattenti del Fln algerino e gli anticolonialisti camerunensi negli anni Cinquanta e Sessanta. La gran parte del materiale documentario dedicato al lavoro degli avvocati del Pcf è però conservato nel fondo dello stesso Kaldor, depositato anch’esso presso l’archivio della Seine-Saint Dénis. L’archivio personale di Kaldor illustra il suo percorso politico e lavorativo, la sua attività nel Secours Rouge o durante la Resistenza, le sue iniziative in favore dei prigionieri in Algeria o in Camerun durante le decolonizzazioni, ma anche il suo impegno per la costituzione di gruppi, collettivi e associazioni di solidarietà con il continente africano (il Comité de défense des libertés démocratiques en Afrique Noire o l’Afaspa – Association française d’amitié et solidarité avec les peuples d’Afrique). Le sue carte raccontano la sua biografia militante, ma anche quella dei suoi colleghi e collaboratori, legandosi all’attività di partito e alle relazioni tra movimento comunista internazionale e movimenti socialisti e nazionalisti africani (Terretta 2015; Siracusano 2018) [6].

Gli archivi sindacali

La ricostruzione dell’attività comunista in Africa deve tenere conto della multiformità non solo delle strutture di partito, ma anche delle organizzazioni di massa ad esso collegate. Il sindacato è lo strumento più importante per una lotta rivendicativa dei lavoratori, per formare una classe dirigente politica, per ideologizzare e inquadrare gli operai. Per questo motivo la Cgt (Confédération générale du travail), d’ispirazione comunista, assume un ruolo centrale nella costruzione di legami con i movimenti nazionalisti e progressisti africani, allacciando contatti con i lavoratori locali e cercando di ispirarne le strategie e le progettualità. Gli archivi della Cgt – conservati nella sede del sindacato, presso l’Institut d’histoire sociale di Montreuil – sono quindi oggetto di ricerche di numerosi studiosi che sempre più si interessano alle origini dei sindacati autonomi africani e ai loro rapporti (vicini ma difficili) con i sindacalisti francesi [7]. Inoltre, l’attenzione è ricaduta sul ruolo della Cgt nel tentativo di formazione ideologica di un’avanguardia operaia rivoluzionaria in Africa settentrionale e occidentale attraverso i corsi delle scuole sindacali [8] (Blum 2013; Siracusano 2021; Burton e Harisch 2023). La dimensione internazionale dei rapporti sindacali tra Africa, Europa occidentale e campo socialista è ben rispecchiata dal fondo della Federazione sindacale mondiale (FSM), che conserva le carte della centrale sindacale con sede a Praga (di cui è membro la Cgt) e che raccoglie la corrispondenza dei suoi dirigenti con quelli guineani, maliani, congolesi, senegalesi, algerini, tunisini o marocchini. Queste fonti, conservate negli Archives départementales de la Seine-Saint Dénis, documentano il ruolo di primo piano assunto dalla Cgt nella mediazione tra organizzazioni del campo socialista e sindacati africani. La documentazione, affidata agli archivi dalla stessa Fsm nel 1991, è stata trasferita da Praga a Bobigny a testimonianza del compito primario assunto dai comunisti francesi nell’organizzazione (ben due segretari generali, Louis Saillant e Pierre Gensou, sono francesi affiliati alla Cgt) [9]. La corrispondenza, le note, le relazioni, i verbali e la documentazione dei fondi della Cgt e della Fsm arricchisce e integra la ricostruzione delle relazioni e dell’immaginario africano del Pcf, ma apre anche diverse prospettive di storia sociale, culturale e politica, riferendosi non solo allo sviluppo dei movimenti sociali africani, ma anche alle affinità e alle frizioni ideologiche con i sindacati social-comunisti europei (Siracusano 2021).

Il Pcf in Africa tra le carte degli archivi istituzionali

Uno studio completo sui legami personali, gli immaginari politici e culturali e le relazioni di partito tra comunisti francesi e movimenti anticoloniali in Africa non può limitarsi all’analisi delle carte prodotte direttamente dal Pcf. La documentazione della polizia, dei servizi di sicurezza e delle amministrazioni coloniali è fondamentale per ricostruire una visione esterna delle attività comuniste nel continente africano. Le fonti conservate dagli Archivi nazionali francesi nella sede di Pierrefitte sur Seine raccolgono le note informative, la corrispondenza e i dossier inviati al Ministero degli interni relativi all’attività comunista tra gli africani residenti in Francia, ma anche all’attività del Pcf e dell’Ic nelle colonie francesi. Questa documentazione si riferisce al periodo tra le due guerre e in particolare dalla fine degli anni Venti all’inizio del Secondo conflitto mondiale. Le informazioni raccolte dai servizi di sicurezza forniscono un quadro dettagliato – sebbene viziato da un forte anticomunismo – del lavoro politico della Ligue de défense de la race nègre, del Comité de défense de la race nègre, dell’Union des travailleurs nègres e della Lega antimperialista, con particolare attenzione ai loro legami internazionali con il Comintern e con gli altri movimenti panafricani. Il fondo conserva anche una grande massa d’informazioni relative alla subversion in Nord Africa, a cominciare dall’opposizione anticoloniale alla guerra del Riff, per poi concentrarsi sulle tensioni in Algeria, Marocco e Tunisia negli anni Trenta. Un interessante nucleo documentario riguarda invece l’attività dei comunisti italiani espatriati nelle colonie francesi del Maghreb e in particolare a Tunisi, dove il loro peso si fece sentire soprattutto alla fine degli anni Trenta [10].

Una parte consistente dei fondi dedicata all’impegno dei comunisti francesi nelle colonie africane è conservata negli Archivi nazionali d’Oltremare di Aix-en-Provence (Anom), che raccolgono la documentazione dell’ex-Ministero delle Colonie e delle amministrazioni coloniali (governatorati, distretti, circoli, municipi, arrondissement, ecc.). Questi fondi sono stati trasferiti nella cittadina provenzale con l’intento di decentrare la conservazione delle fonti coloniali, dapprima concentrate a Parigi: con la costruzione di un grande polo universitario tra Marsiglia e Aix, nel 1966 si pensò alla costituzione di un centro archivistico che raccogliesse la storia del colonialismo francese, situandolo in Provenza anche per sottolineare l’importanza della regione nei contatti con l’altra sponda del Mediterraneo. L’archivio è stato poi ampliato nel 1986, ma solo dieci anni più tardi, nel 1996, ha assunto la connotazione odierna accogliendo la maggior parte dei fondi coloniali (Bat 2009). Tra queste carte, organizzate per provenienza ministeriale o territoriale e integrate da archivi privati, è possibile accedere alla documentazione dei servizi di sicurezza coloniali e quelle del Service de contrôle et d’assistance en France des indigènes des colonies (Cai), che offrono un’ampia panoramica dell’anticolonialismo comunista in Maghreb, Africa occidentale ed equatoriale francese e Madagascar. La documentazione, raccolta nella serie contrassegnata Slotfom (Service de liaison avec les originaires des territoires français d’Outre-mer) ricostruisce con attenzione l’attività dei gruppi panafricanisti d’ispirazione comunista, socialista o liberale attivi in Francia e nelle colonie, fornendo informazioni dettagliate sul lavoro degli infiltrati dei servizi di sicurezza in queste organizzazioni (Dunstan 2021) [11].

Il materiale documentario raccolto nella serie Affaires politiques (Affpol) è invece fondamentale per ricostruire la fisionomia e le strategie dei partiti politici africani all’alba delle decolonizzazioni, stabilendo un nesso tra gli elementi più radicali e il Pcf attraverso la prospettiva delle istituzioni coloniali. Le note di polizia e la corrispondenza degli amministratori locali con il Ministero delle colonie (rinominato Ministero della Francia Oltremare dopo la guerra) mostrano l’evoluzione dei rapporti tra organizzazioni come il Rassemblement démocratique africain (e le sue sezioni locali) e i comunisti francesi, ma anche le relazioni tra il Pcf, i comunisti nordafricani (Tunisia, Algeria o Marocco) e i movimenti indipendentisti nazionalisti [12].

Le carte degli Archivi nazionali del Senegal dedicate alla documentazione del governatorato dell’Africa occidentale francese (Aof) e della colonia del Senegal possono invece fornire un ulteriore strumento di ricerca per la storia delle relazioni del Pcf con i movimenti anticoloniali e dell’azione comunista nel continente africano durante l’epoca coloniale. Il materiale conservato in questa sede può essere utile per ricostruire non solo le relazioni dei comunisti francesi con i suoi militanti residenti in Africa occidentale, ma anche per studiare i rapporti del Pcf con i movimenti politici, sindacali e studenteschi che animavano la vita pubblica in Senegal, Guinea, Costa d’Avorio o Sudan francese (Mali) tra gli anni Venti e il 1960 (DAS 2011).

Le fonti coloniali, locali o ministeriali, mostrano una prospettiva che tende a sopravvalutare i legami tra comunisti e movimenti anticoloniali, frutto di una gestione dell’ordine pubblico spesso ossessionata dalla “agitation communiste” [13]. Queste carte, integrate a quelle prodotte dal Pcf, rappresentano però il tassello mancante che permette una panoramica più chiara delle attività comuniste in Africa e delle ramificazioni transnazionali dell’anticolonialismo nell’impero francese, sempre meno limitato allo spazio francofono.


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Note

1. Edwards 2003; Adi 2013; Murphy 2013; Weiss 2014; Dunstan 2021.

2. Pandor, Fonds français de l’Internationale communiste, https://pandor.u-bourgogne.fr/archives-en-ligne/ead.html?id=FRMSH021_00033&c=FRMSH021_00033_e0000043&qid=; Pandor, Fonds de la Section française de l’Internationale communiste (fonds 517), https://pandor.u-bourgogne.fr/pleade/ead.html?id=FRMSH021_00034&c=FRMSH021_00034_e0000043&qid=; https://archives.seinesaintdenis.fr/Etat-des-fonds-off/p136/PCF-Internationale-communiste (ultimo accesso 8 luglio 2023).

3. Archives départementales de la Seine-Saint Dénis (ADSSD), Archives du Parti communiste français (APCF), Section de politique extérieure (Polex) (261 J 7), catalogati da Pierre Boichu, https://archives.seinesaintdenis.fr/Etat-des-fonds-off/p134/PCF-Structures-et-organismes-de-travail#polex (ultimo accesso 8 luglio 2023).

4. ADSSD, Fonds Jean Suret-Canale (FJSC), 229 J, catalogati da Pierre Boichu, https://archives.seinesaintdenis.fr/Etat-des-fonds-off/p119/Personnalites#suret_canale (ultimo accesso 8 luglio 2023).

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6. ADSSD, APCF, Fonds Pierre Kaldor, 503 J, non catalogati, https://archives.seinesaintdenis.fr/ark:/naan/a011483624993wwpOyd/from/a011500961923Z90fQc (ultimo accesso 8 luglio 2023).

7. Dewitte 1981; Delanoue 1983; Fall 2006; Bangali 2021.

8. Institut d’histoire sociale (IHS), Fonds Maurice Gastaud (FMG), Université ouvrière africaine (OUA), 30 CFD, catalogati da Aurélie Mazet, https://www.ihs.cgt.fr/wp-content/uploads/2019/02/04_06_GASTAUD_1959_1965_30CFD.pdf (ultimo accesso 8 luglio 2023).

9. Fonds de la Fédération syndicale mondiale (FSM), 450 J, catalogati da Pierre Carreau, https://archives.seinesaintdenis.fr/medias/customer_2/IR_EGF/2_Archives_privees/3_Organisations_syndicales/450J_IHSCGT_FSM_rep_methodique.pdf (ultimo accesso 8 luglio 2023).

10. Archives nationales de France (ANF), Intérieur; Direction générale de la Sûreté nationale: surveillance du Parti communiste français par la direction de la Sûreté nationale du ministère de l’Intérieur sous la IIIe République, https://www.siv.archives-nationales.culture.gouv.fr/siv/rechercheconsultation/consultation/ir/consultationIR.action?irId=FRAN_IR_050130 (ultimo accesso 8 luglio 2023).

11. Archives nationales d’Outre-mer (ANOM), Fonds ministériels, https://recherche-anom.culture.gouv.fr/ark:/61561/wz818jel; ivi, Fonds territoriaux, https://recherche-anom.culture.gouv.fr/ark:/61561/wz818a1zu; ivi, Archives privées, https://recherche-anom.culture.gouv.fr/ark:/61561/wz818g043g; ivi, Services de liaison avec les originaires des territoires français d’Outre-mer (SLOTFOM), https://recherche-anom.culture.gouv.fr/archive/fonds/FRANOM_00117/view:1531 (ultimo accesso 8 luglio 2023).

12. La serie AFFPOL è stata fondamentale per la storiografia delle decolonizzazioni in Africa francofona: Ageron e Michel 1992.

13. Ad esempio, ANOM, SLOTFOM III 5, Exposition coloniale 1931-propagande révolutionnaire et projets de manifestation à l’exposition, L’attitude du Parti communiste et de la Cgtu à propos de l’exposition coloniale, 1931.