Cultura politica del neofascismo italiano
La cultura politica del neofascismo italiano ha avuto spesso sembianze multiple, ossia ha rappresentato la sintesi di “identità” diverse. Tale caratteristica, per certi versi, è stata “ereditata” dallo stesso fascismo, nel quale coesisterono più “anime”. Su questo tema, Marco Revelli, evidenziando che queste molteplici identità possono essere ricondotte essenzialmente a tre, ha scritto:
D’«identità fasciste» ce ne sono più d’una. C’è il fascismo sovversivista della fase movimentista, di derivazione sindacalista-rivoluzionaria, socializzatore, anticapitalista, rodomontesco, erede del primo Mussolini, quello della retorica massimalista, dell’antropologia guerriera; e c’è il fascismo liberal-autoritario o liberalnazionale […] né manca il fascismo conformistico, umanistico e familistico dei pletorici, omnipervasivi ceti medi, l’anima più autentica del «fascismo-regime» […]. E il Movimento sociale in questi cinquant’anni […] ci ha abituati a un attento dosaggio di queste tre anime; a un alternarsi consapevole di toni e intenzioni. È stato radicale e socializzatore nel momento dell’origine, quando più duro era l’impatto con la sconfitta storica, più acuta la memoria antifascista del Paese: allora ha sfoggiato tutto il proprio repertorio «rivoluzionario», dal mito repubblichino della socializzazione al tradizionalismo evoliano, in esplicita rivolta contro l’Occidente e il Mondo moderno. Ma si è rapidamente convertito a un liberalismo conservatore, filoccidentale e filo capitalista […]. E ha giocato fino in fondo la sua anima piccolo-borghese, grettamente conformista, familisticamente reazionaria negli anni del centrosinistra, prima, e poi soprattutto in risposta ai mutamenti del costume indotti dal ’68.
M. Revelli, Le due destre, Torino, Bollati Boringhieri, 1996, 57.