Fascisti del tempo presente
Nel primo numero della rivista «L’Orologio», Lucci Chiarissi chiarì il significato di «fascisti del tempo presente». Nel giornale è scritto:
I compilatori di queste pagine […] sono degli ex ventenni (e ciò vuol dire, oggi, dei quarantenni) perché a vent’anni hanno vissuto la loro meravigliosa avventura civile e, dopo di allora, non hanno fatto politica o l’hanno fatta male. Essi, in verità, non potevano svolgere un’iniziativa politica in un’Italia sconfitta, cioè, e nella necessità, dunque, di raccogliersi in una vita quasi animale; in un’Italia che nulla aveva ancora da offrire per un’iniziativa che potesse avere una dignità nella storia nazionale.
Se mai potevano testimoniare, per qualche tempo, la loro sopravvivenza alla sconfitta in un regime istituzionalmente nemico e lo hanno dignitosamente fatto.
Ora il dopoguerra è finito e sopravvivere a quel modo non basta e non soddisfa più. Il fatto è, però, che il dopoguerra è finito per tutti gli italiani; e per tutti gli europei. Ma a molti italiani e a molti europei “istituzionalmente” vincitori riesce difficile, più che a noi, avvedersi di ciò.
Il dopoguerra è finito anche se l’Italia ufficiale, per darsi un qualsiasi contenuto, si sforza ancora di farlo ancora sopravvivere con i suoi miti ed il suo vocabolario nato dalla disfatta. Né siamo giusti, potrebbe fare altrimenti, costituzionalmente incapace com’è di rappresentare ed esprimere la società d’oggi e costretta, per sopravvivere, ad inchiodare l’Italia e gli italiani appunto all’atmosfera del dopoguerra.
I compilatori di queste pagine ambiscono, in definitiva, a far considerar, agli italiani almeno, che il dopoguerra è irrimediabilmente finito.
Che siano essi i primi ad accorgersene non deriva da un’illuminazione o da una particolare vocazione all’analisi storica. E’ che, forse, i vincitori hanno consentito loro malgrado agli sconfitti di arrivare, nella vita, a posizioni che, esteriormente almeno, sono quelle di tutti gli italiani. E questo ha portato gli sconfitti a scoprirsi, in certo qual modo, vincitori, o comunque, usciti dal clima della guerra e del dopoguerra.
Ex ventenni ed ex sconfitti, dunque, i quali si riaffacciano, con queste pagine, ad interloquire nei problemi della vita contemporanea; problemi che, se è permesso, essi amano appassionatamente come problemi di un mondo nel quale sono nati i loro figli e dove essi vivono la verità del loro lavoro.
In parole più grosse, i compilatori di queste pagine rivendicano il diritto ad un’iniziativa e ad una responsabilità per loro stessi, per gli italiani e per gli europei.
Del loro passato, però, ai compilatori di queste pagine resta, forse, un gusto che a molti frettolosi parrà il loro vizio storico: essi, cioè, sentono di non poter impostare e risolvere ciascuno i problemi umani se non proponendoli all’intera comunità; allargandoli, cioè, agli italiani ed agli europei tutti.
L. Lucci Chiarissi, Editoriale, n. 1, giugno 1963, 1-2.
Sullo stesso argomento si veda anche: M. Castellacci, Quarant’anni, «L’Orologio», n. 1, giugno 1963, 23.