Il libro di Hans Bots e Françoise Waquet si propone di descrivere la comunità dei letterati, la respublica litteraria, all'interno dello spazio europeo nel periodo compreso fra il Rinascimento e l'Illuminismo. Ne risulta un'indagine sull'Europa dell'età moderna da cui emerge come il mondo dei dotti costruì progressivamente una rappresentazione di sé fortemente unitaria e in perenne tensione tra realtà e ideale. I primi tre capitoli tentano di definire rispettivamente le molteplici valenze semantiche, i limiti diacronici e i confini spaziali della Repubblica delle lettere.
Apparsa per la prima volta, pare, all'inizio del '400, nella forma latina Respublica litteraria, la locuzione si affermò a partire dal '500, anche nelle lingue volgari, per indicare principalmente due significati: da una parte gli studiosi, i cultori del sapere, dall'altra la comunità dei dotti nel suo insieme. È solo verso la fine del '600 che la Repubblica delle lettere divenne oggetto di riflessioni delle quali si impadronirono anche i dizionari. Prendendo a prestito spesso il linguaggio della politica, la Repubblica delle lettere fu vista come un organismo dotato di proprie leggi, che, in contrasto con la configurazione politica europea, frazionata in stati nazionali, e in conseguenza delle divisioni religiose, rivendicava caratteri di universalità e praticava «al suo interno un ecumenismo che includeva tra i suoi fondamenti il riconoscimento di un principio supremo: il sapere» (pp. 48-9). Tale visione del mondo era il riflesso in ambito politico-religioso dell'aspirazione umanistica ad una conoscenza che abbracciasse tutti i campi dello scibile. Essa non venne meno neppure quando, nella seconda metà del '600, i dotti presero coscienza dei limiti dell'enciclopedismo e della necessità di una specializzazione nei diversi ambiti del sapere.
Se la Repubblica delle lettere postulava l'universalità, il suo spazio, a detta dei suoi stessi cittadini appariva molto meno esteso, limitato di fatto all'Europa occidentale. Tale territorio si presentava organizzato attorno a un certo numero di poli che variarono nel periodo considerato a causa delle guerre, delle divisioni religiose e dell'intervento statale nel campo del sapere.
I cittadini di questa repubblica, oggetto di trattazione del quarto capitolo, erano per loro stessa definizione, tutti coloro che coltivassero il sapere. Sebbene la Repubblica delle lettere fosse presentata come una società di eguali, i dotti riconoscevano all'interno della loro comunità, percepita comunque come elitaria, l'esistenza di letterati di rango elevato e letterati di rango inferiore. La comunicazione delle conoscenze rappresentava il «più gradito dei doveri» per un cittadino della Repubblica delle lettere. Tale «commercio» avveniva secondo dinamiche molteplici, prese in esame nel quinto capitolo, come i carteggi epistolari, dalla seconda metà del XVII secolo, i periodici eruditi, e, in misura limitata a causa dei costi, i viaggi. A partire dalla fine del '400, il mezzo principale di comunicazione fu tuttavia il libro a stampa che, pur non portando alla scomparsa della circolazione dei manoscritti e della consuetudine della dotta conversazione, si impose come «l'attributo per eccellenza del mondo erudito». Luoghi privilegiati per la trasmissione del sapere furono le università, le botteghe dei grandi librai, specialmente quelli olandesi, le biblioteche pubbliche e private, le accademie.
I generi letterari (sesto ed ultimo capitolo) nei quali prese forma l'identità della Repubblica delle lettere furono le opere complete, o opera omnia, le biografie degli studiosi e i racconti di viaggio. A questi si devono aggiungere i periodici, le bibliografie e i cataloghi delle biblioteche e delle collezioni, indispensabili strumenti di lavoro nati in risposta all'esigenza di padroneggiare una massa sempre crescente di pubblicazioni. Le opere erudite non prescindettero da fattori di ordine tecnico ed economico legati all'evoluzione della produzione del libro a stampa. I dotti, preoccupati di far circolare i loro scritti, dovettero spesso scontrarsi con la riluttanza e la poca cura degli stampatori-librai a stampare opere difficili da vendere. In molti casi, gli studiosi dovettero contribuire finanziariamente alla pubblicazione delle loro opere ed occuparsi anche della distribuzione, sia per assicurarne la diffusione, sia per rientrare delle spese affrontate. La Repubblica delle lettere esce in traduzione italiana a distanza di otto anni dalla sua pubblicazione in Francia. Rispetto all'edizione originale, l'apparato bibliografico è arricchito di una rubrica dedicata alla Repubblica delle lettere e l'Italia.