Karel Van Nieuwenhuyse e Joaquim Pires Valentim (eds.), The Colonial Past in History Textbooks. Historical and Social Psychological Perspectives, Charlotte NC, Information Age Publishing, 2018, XI-284 pp.
Il nuovo volume della serie International Review of History Education è frutto del progetto Cost Action: Social psychological dynamics of historical representations in the enlargedEuropean Union e si innesta sul fertile campo della comparazione internazionale della didattica della storia. Prima di analizzare la struttura della volume, sarà utile indicare i cinque aspetti che tenta coraggiosamente di affrontare in una struttura analitica particolarmente complessa: passato coloniale, ruolo dell’insegnamento della storia, prospettiva multidisciplinare, analisi diacronica, approccio comparativo. Non conosciamo in che grado la “storia”, come materia scolastica, condizioni le le “coscienze” della attuale generazione di studenti delle scuole secondarie, ma certamente i capitoli su colonizzazione e decolonizzazione si prestano a entrare nelle dinamiche identitarie di ragazzi cresciuti al centro dei processi migratori, in un tempo in cui la questione della “giustizia sociale” si pone su scala globale, in un’epoca, infine, di decostruzione delle identità nazionali e allo stesso tempo di radicalizzazione di altre forme di identificazione sociale.
Tutto questo ci fa guardare con interesse al sottotitolo di questo libro, in cui gli autori dichiarano la necessità di mettere insieme le metodologie e le capacità euristiche di tre discipline: la storia, la psicologia sociale, le scienze del’educazione. Ciò permette al gruppo di ricerca di giustapporre più strumenti analitici per inquadrare i differenti temi sollevati dalla storia del passato coloniale: i processi di costruzione delle identità nazionali e sociali, l’uso pubblico della storia, la metodologia didattica, il nesso tra storia e memoria collettiva, la rappresentazione dei conflitti etnici e nazionali, la costruzione dell’”Altro” e del “Noi”, la formazione di stereotipi sociali, i processi di omogenizzazione o di differenziazione, la relazione tra manuali e curricula statali.
I due saggi iniziali di Stanard (Post-1945 Colonial Historiography and the New Imperial History) e di Wagner, Kello e Isaki (Politics, Identity and Perspectives in History Textbooks), tracciano i due ambiti di analisi del volume e allo stesso tempo pongono le due domande con cui il gruppo di ricerca è chiamato a confrontarsi. IL primo intervento stimola a chiedersi in che grado i manuali di storia abbiano recepito la new imperial history, ovvero l’analisi delle interrelazioni e delle reciproche influenze tra colonizzatori e colonizzati, nonché lo spostamento del focus dagli eventi politici, militari e economici, ai processi sociali e culturali (tipico anche del post-colonial turn).Il secondo saggio affronta il tema più tradizionale del rapporto tra politica e manuali di storia nella loro funzione di mediatori di identità nazionali e sociali, dunque estremamente sensibili a essere piegati a un uso pubblico della storia. In questo contesto gli autori, consapevoli di una natura intrinsecamente e inevitabilmente politica dei libri di testo, pongono la questione della scelta di una «multiple perspective» (p. 40) e allo stesso tempo di una direzione politica esplicita verso determinati valori di cittadinanza, una prospettiva che però si dimostra tutt’altro che semplice quando si confronta con un mondo fatto di identità molteplici a livello globale.
I dieci saggi successivi si confrontano con singoli casi nazionali: Inghilterra (Abadia, Collins), Spagna ( Brescó de Luna), Italia (Cajani), Francia ( Otto), Portogallo (Pires Valentim, Miguel), Belgio (Nieuwenhuyse) Zimbabwe (Bentrovato), Malta (Azzopardi, Buttigieg), Mozambico (Cabecinhas, Macedo, Jamal, Sá), Cile (Figueiredo, Gazmuri). Pur essendo impossibile riassumere in questa sede il contenuto dei saggi, si può mettere in evidenza come la loro struttura risponda a due criteri: 1) tutti i saggi prendono in considerazione una prospettiva diacronica, che metta in rilievo non solo le peculiarità nazionali ma anche i mutamenti tra decenni diversi; 2) all’analisi di alcuni paesi europei viene affiancato l’esame di quattro ex-colonie, in modo da poter confrontare la differente rappresentazione del processo da parte dei colonizzatori e dei colonizzati.
Questo doppio punto di osservazione non solo permette una più proficua comparazione, ma dà uno spessore extraeuropeo alla risposta, spesso negativa, alle domande poste dai due saggi iniziali. Dal punto di vista metodologico, i manuali ruotano ancora prevalentemente attorno agli aspetti politici, economici, militari e diplomatici, piuttosto che a quelli sociali e culturali. I modelli euristici rimangono centrati sulle specifiche realtà geografiche piuttosto che sulle relazioni e sulle reciproche influenze fra colonizzatori europei e popoli colonizzati. Spesso è assente una riflessione su come l’esperienza coloniale abbia condizionato concezioni europee fondamentali nelle dinamiche politico-culturali, quali “genere”, “razza” e “classe”.
Nel saggio conclusivo del volume (Perspectives on Representations of Colonial Pasts Through Textbook Analysis), Wassermann si trova costretto ad ammettere che la narrativa sul colonialismo nei libri di testo oscilla tra un «covert Eurocentrism» e un «overt Afrocentrism» (p. 274).
Non si può negare che, nei manuali europei, un’analisi diacronica evidenzi un indubbio abbandono della prospettiva degli europei esportatori di civilizzazione, tipica di molti testi degli anni ‘50, ‘60 e ‘70, presentando un riconoscimento esplicito degli errori e delle ingiustizie commesse dai paesi colonizzatori. Tuttavia è ben lungi l’adozione della prospettiva della “new imperial history”. Ciò si manifesta in maniera differente, con un «nascosto eurocentrismo» nei manuali occidentali, oppure, negli stati africani, con un un esplicito nazionalismo orientato all’enfatizzazione di un’immagine positiva della nazione. In entrambi i casi si rileva sia l’assenza di una reale analisi delle interconnessioni generate dal processo coloniale all’interno di una storia comune e condivisa di colonizzatori e colonizzati sia la prevalenza della prospettiva politico-economico-militare su quella socio-culturale.
Il volume non si limita a questa constatazione, ma ne rintraccia le cause in più elementi: la presenza di autori che sono spesso insegnanti e non accademici, lo spazio troppo limitato per riprodurre l’articolazione di una ricostruzione storiografica complessa, le dinamiche commerciali di un prodotto soggetto alle dinamiche del mercato delle adozioni (siano esse controllate o meno dallo Stato), il forte nesso tra storia e politica, accentuato dalla funzione di costruzione dell’identità nazionale attribuita alla disciplina.
In base a tutte queste considerazioni, il post-colonial turn e la “new imperial history sembrano lontani dal trovare spazio nei manuali scolastici, proprio perché prevederebbero l’abbandono di quegli schemi tradizionali della storia del colonialismo attualmente capaci di parlare in maniera semplificata agli specifici passati coloniali, agli studenti e agli insegnanti delle singole nazioni per cui vengono scritti.
Sommario
Introduction, Karel Van Nieuwenhuyse & Joaquim Pires Valentim.
Post-1945 Colonial Historiography and the New Imperial History, Matthew G. Stanard.
Politics, Identity and Perspectives in History Textbooks, Wolfgang Wagner, Katrin Kello & Inari Sakki.
Imperial Ideas and Ideologies of Empire: British Imperial History in Educational Books for KS3 History, Lilia Abadia & Jane-Marie Collins.
A Rosy Foreign Country: Examining Modern Colonialism in Spanish History Textbooks (1964-2015), Ignacio Brescó de Luna.
Colonialism and Decolonization in History Textbooks for Italian Upper Secondary School, Luigi Cajani.
From the Civilizing Mission to the Postcolonial Condition? Representations of Colonialism Through the Prism of Decolonization in French History Textbooks Since the 1960s, Marcus Otto.
Colonialism in Portuguese History Textbooks: A Diachronic Psychosocial Study, Joaquim Pires Valentim & Isabel Miguel.
Towards A Postcolonial Mindset in A Post-Colonial World? Evolving Representations of Modern Imperialism in Belgian History Textbooks (1945-2017), Karel Van Nieuwenhuyse.
“Decolonizing the Mind”? Historiographical Perspectives on Modern Imperialism and Colonialism in Zimbabwean Post-Colonial History Textbooks (1980s-Present Day), Denise Bentrovato.
‘Colonialism in the Mirror’: An Analysis of Representations of Colonialism in School History Textbooks in Malta Before and After Independence (1964), Simone Azzopardi & Emanuel Buttigieg.
Representations of European Colonialism, African Resistance, and Liberation Struggles in Mozambican History Curricula and Textbooks, Rosa Cabecinhas, Isabel Macedo, Cassimo Jamal & Alberto Sá.
Representations of Modern Imperialism in Chilean History Textbooks: An Analysis Framed By the 1998 and 2009 Curricula, Ana Figueiredo & Renato Gazmuri.
Perspectives on Representations of Colonial Pasts Through Textbook Analysis – Not Quite A Decolonial Turn, Johan Wassermann.