Laurie Laufer e Florence Rochefort (eds.), “Che cos’è il genere”, Premessa di Alfonsina Bellio, Milano, FrancoAngeli, 2017, 204 pp.
Le polemiche, anche radicali, che hanno accompagnato nel nostro paese le proposte di introduzione della cosiddetta “Teoria Gender” nelle scuole non sono state da meno di quelle verificatesi nel contesto francese, dove pure la laicità è valore costituzionale e dove è stato già introdotto il matrimonio omosessuale. Quindi la traduzione di quest’opera collettanea risulta oltremodo opportuna e chiarificatrice. Non solo. Misurare la quantità e il tenore delle opposizioni suscitate in terra di Francia costringe a fare i conti con una pervicacia degli stereotipi e delle pretese autorità che facilmente soffoca ogni anelito alla decostruzione di quello che – la comunità accademica è da tempo concorde – risulta un discorso pluridisciplinare prescrittivo fondato sull’asimmetria e sui rapporti di potere.
Il volume si presenta allo stesso tempo come uno strumento di iniziazione alla teoria del genere in diversi domini disciplinari e quale denuncia della persistente “inferiorizzazione” della donna in ambiti sensibili quali l’istruzione, il lavoro, la religione (tutte le religioni…) e, implicitamente, la politica. Così, alcuni saggi sono dedicati a ripercorrere la costruzione degli squilibri di potere, tramite relativi stereotipi, nell’ambito di paradigmi disciplinari che spaziano dalla linguistica alle neuroscienze. Altri affrontano in maniera più esplicita le issues delle battaglie femministe e della teoria del genere per denunciare disparità e svilimenti concreti e astratti che resistono fortemente pure nel paese della parità giuridica perfetta. I tre saggi conclusivi tirano le fila ripercorrendo i travagli interni alla scienza e alla politica francese, mettendo a nudo i dislivelli permanenti, al di là delle asserzioni universaliste, nel riconoscimento e nella accettazione di tutti coloro che infrangono quel modello binario maschio/femmina sul quale tuttora si vogliono reggere i progetti sociali, economici, politici (specie a destra, ma non di rado anche a sinistra).
I risultati che emergono da ciascun saggio sono estremamente interessanti, specie quando sia possibile compararli con le realtà sociali e culturali del nostro paese e/o di aree culturalmente agli antipodi. In realtà, il binarismo e l’essenzialismo risultano ancora presupposti irrinunciabili a Nord come a Sud del Mediterraneo, per cattolici laici come per praticanti, come ancora per ortodossi, protestanti ed ebrei. Tutto ciò mentre fioriscono le letture contestualiste delle Sacre Scritture e mentre, ci si augura nel libro, le spinte provenienti dalle minoranze costringono la norma a rendersi più duttile di fronte alla presunta “eccezione”. Strumento formidabile di analisi, il gender è utilizzato (e demolito) nei quattordici saggi in questione quale impensato autoritario che ha regolato e regola le vite degli individui, marcando grosse sperequazioni tra maschile e femminile e tenendo ai margini gli orientamenti “fuori dalla norma”. Di alcuni nodi si è già parlato anche per il caso italiano: le disparità salariali, ma prima ancora quella formazione/introiezione nelle aule scolastiche per cui maschi e femmine imboccano strade diverse (e diversamente remunerate) credendo “naturale” ciò che in realtà è imposto e funzionale. Di nuovo, ci troviamo alle prese con una disparità sostanziale a onta di tutte le parificazioni giuridico-formali, ma ora possiamo entrare nei meccanismi stessi di riproduzione di idee e condotte volte a salvaguardare, nonostante tutto, la famiglia tradizionale, la procreazione, il dominio maschile nella sfera pubblica. Particolarmente interessante, a nostro avviso, il saggio della curatrice Laufer sul vero e proprio insoluto che il discorso sul genere apporta nelle granitiche certezze di una psicanalisi che ripropone Freud ma ha smarrito la comprovata avversione freudiana alla generalizzazione.
La bella traduzione di Bellio consente di introdurre nel panorama italiano quella che è sia una messa a punto degli studi nelle scienze sociali, sia una rivendicazione squisitamente politica della validità della teoria del Gender. Inoltre, nei saggi si trovano utili rassegne dei progressi degli studi femministi nelle singole aree disciplinari, verificatisi in Francia e nel resto del mondo. Nel nostro paese, il discorso sulla teoria del genere si è arenato di fronte ad una presunta impermeabilità del paese che ospita la sede papale. Dopo aver letto questa raccolta di saggi, possiamo sentirci almeno in questo senso meno unici e meno puniti dalla sorte, viste le resistenze di destre e oltranzisti d’Oltralpe. Ma soprattutto, disponiamo di uno strumento utilissimo – e si spera apripista – nella prospettiva di pubblicazioni scientifiche accessibili a un pubblico largo, oltre gli specialismi, che abbiano simultaneamente il merito di fondare definizioni rigorose e quello di procedere con sicuro piglio scientifico nella via della decostruzione.