Storicamente. Laboratorio di storia

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Irene Fosi, La giustizia del papa. Sudditi e tribunali nello Stato Pontificio in età moderna

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Il libro di Irene Fosi presenta una interessante ricerca sul tema della giustizia nello Stato pontificio tra Cinquecento e Settecento. Attraverso lo studio di materiale inedito degli archivi giudiziari e dei numerosi carteggi dell’epoca l’a. ricostruisce la multiforme realtà del governo della giustizia nella sua complessità, dove trovano spazio violenza e repressione, moderazione e clemenza.
Nella premessa la Fosi precisa che il suo studio non parla di amministrazione della giustizia «espressione troppo moderna che evoca coerente razionalità e progettualità» (p. VI ), ma di governo della giustizia e quindi di controllo del territorio dominato.
L’ottica scelta per analizzare il governo della giustizia e il rapporto tra sudditi e tribunali è prevalentemente centrale, romana. Il continuo carteggio tra Roma e la periferia esplica le varie sfaccettature del significato di ordine e di giustizia. L’analisi delle pratiche dei vari tribunali mostra che «governare il disordine e realizzare la giustizia si caratterizzarono anche come integrazione, patteggiamento, commistione fra vecchio e nuovo, adattamento lento e non distruzione sistematica e radicale di un ordine sociale, di rapporti interpersonali, di forme di giustizia che, in qualche modo se regolate e controllate da autorità esterne e superiori, potevano ancora sopravvivere e garantire il bene comune e la pacifica convivenza» (pp. VIII-IX ).
Il libro, strutturato in 13 capitoli, descrive nel primo la complessa geografia dei territori italiani appartenenti allo Stato pontificio. Nel secondo capitolo viene affrontato il discorso sui diversi tribunali di Roma che tra Cinquecento e Settecento delineano e rafforzano le loro competenze. La particolare realtà rappresentata dal tribunale dell’Inquisizione e dal suo approccio con le altre istituzioni romane viene descritta nel terzo capitolo e nel sesto si parla del rapporto che questo organo aveva con gli altri tribunali della periferia dello Stato.  Nel quarto capitolo vengono descritte le modalità usate dalla giustizia di Roma per proporsi ai sudditi. L’a. offre una panoramica sulle devianze con le quali la giustizia si doveva misurare fornendo dei significativi esempi nell’analisi, contenuta nel quinto capitolo, del controllo operato sulla nobiltà e di quello operato nei confronti dei peccati e dei reati, della famiglia e degli ecclesiatici, analizzato nei capitoli VII-IX. Il continuo confronto con la cultura del buon governo e la realtà, densa di difficoltà di ogni genere, prime fra tutte quelle derivate dalla difesa dei privilegi che nobiltà, città e comunità rivendicavano nei confronti del centro e dei suoi ministri, viene analizzato nei capitoli dieci e undici. Il risultato di questo rapporto, rappresentato soprattutto dalla fitta corrispondenza e dalla pratica delle suppliche, traduzioni documentarie di un costante dialogo tra centro e periferia, viene esposto nel dodicesimo capitolo.
L’ultima parte, affrontando il tema della propaganda che dal tardo Cinquecento ebbe come oggetto la giustizia e il buon governo, descrive sia quelle forme espressive (cerimoniali, cicli pittorici, monete) utilizzate per esaltare il primato del papa e della Chiesa di Roma, sia altre forme meno auliche, rappresentate dai racconti di «giustizie» (casi processuali famosi, storie di sangue, di vendette familiari), destinate a diffondere un’immagine della giustizia papale impegnata a far trionfare il bene sul male attraverso l’educazione dei suoi sudditi. Storie di «giustizie» che tra Settecento e Ottocento contribuiranno invece a creare una leggenda nera sulla giustizia del papa e a fare dello Stato pontificio uno dei protagonisti della decadenza italiana.