L’incontro di oggi è l’occasione per festeggiare gli ottanta anni di un Maestro della storiografia italiana, Paolo Prodi, e il libro Storia moderna o genesi della modernità? che, con prolificità inesausta, ha appena posto fra le nostre mani, fresco di stampa, e che sarà qui illustrato dai Colleghi Gabriella Zarri e Miguel Gotor.
Il nostro breve intervento vuole introdurre la presentazione del libro di Paolo Prodi che raccoglie alcuni scritti pubblicati in tempi diversi su uno dei temi storiografici a lui più cari. Prima di esaminarne i contenuti vorremmo richiamare un passaggio dell'introduzione al libro che testimonia non solo la lungimiranza del suo progetto storiografico, la sua passione per il "mestiere" di storico. Prodi ricorda i suoi studi e l'avvio del suo iter accademico quando passò al vaglio di studiosi quali Garin, Sestan, Cantimori, infine i primi passi quale docente alla Facoltà di Magistero di Bologna ed il successivo passaggio a Trento. Di queste esperienze possiamo fungere da testimoni diretti avendo conosciuto quella Facoltà creata solo da pochi anni, nella quale entrò Paolo Prodi. Magistero visse in quegli anni, fra il 1956 e gli inizi degli anni Settanta, una stagione particolare con un corpo docente in maggioranza giovane e altamente qualificato: da Ezio Raimondi a Gina Fasoli, da Giovanni M. Bertin a Raffaele La Porta, Francesco Adorno, Luigi Heilmann, Piero Camporesi, Renzo Canestrari, Nicola Matteucci, Luciano Anceschi, Enzo Melandri per ricordarne alcuni.
Prodi si schermisce quando lo si chiama Maestro e certo pensando alla sua esperienza potremmo definirlo un "maestro in viaggio", in considerazione dei suoi frequenti spostamenti da un'università all'altra e dei lunghi soggiorni di studio in Germania e negli USA. È un fatto però che l'esperienza di studio vissuta accanto a lui e ai suoi collaboratori più assidui, da Adriano Prosperi a Roberto Ruffilli, lasciava comunque un segno. L'opzione per una tesi di 'Moderna' comportava la frequenza, per almeno due anni, al cosiddetto seminario dei laureandi per discutere insieme lo stato di avanzamento della propria ricerca, i dubbi scaturiti dalla lettura dei documenti e dalla loro interpretazione ma soprattutto le osservazioni e i consigli che Prodi e i suoi collaboratori non facevano mai mancare, inanellando lunghe serie di riferimenti bibliografici che si trasformavano in letture e nella crescita di un nuovo segmento del lavoro di ciascuno. Possiamo dire che quello era un vero laboratorio dello storico, una forma di apprendistato nel quale ciascuno metteva alla prova le proprie attitudini e magari maturava la volontà di dedicare la propria vita alla ricerca.
Poi Prodi si trasferì a Trento per assumere il rettorato di una università che attraversava una fase convulsa della sua esistenza e toccò ad Olmi seguirlo e divenire il suo assistente in quello che appariva essere quasi un avamposto dell'Università italiana dove, insieme ad Hubert Jedin, diede vita all’Istituto storico italo-germanico in Trento, che si qualificò ben presto come una delle più dinamiche strutture della ricerca storica.
Tralasciando qui di parlare di quanto Paolo ha fatto per l’Università di Trento, ci limitiamo a sottolineare il fatto che con l’Istituto storico italo-germanico prese vita un’esperienza per molti versi esaltante e straordinaria, piena anche certamente di momenti di sconforto e di rabbia, ma comunque, ripeto, entusiasmante. Dal nulla, letteralmente dal nulla, nel senso che l’Istituto all’inizio era una semplice scrivania, si manifestò e si consolidò in poco tempo una ‘creatura’ che può essere definita, almeno per quei tempi, unica, grazie anche al trasferimento a Trento di Pierangelo Schiera e Giuliana Nobili Schiera, che poi si sarebbe occupata, in modo mirabile, di tutte le numerose pubblicazioni dell’Istituto. In poco tempo l'Istituto prese uno slancio incredibile: ci sono stati anni in cui quanti vi lavoravano, trovandosi all'estero per congressi, seminari, soggiorni di studio, potevano dire con orgoglio «siamo dell’Istituto storico italo-germanico» (si noti bene, non dell’Università di Trento o di qualche altra Università) per essere subito riconosciuti come protagonisti a vario titolo di una grande impresa, come membri di una istituzione oramai prestigiosa e, perché no, anche di una svolta – o più svolte se pensiamo ai vari settori di ricerca praticati all’interno dell’Istituto – in campo storiografico.
Nonostante il suo peregrinare incessante fra Bologna, Trento, gli USA, la Germania, Roma e poi ancora Bologna, Prodi non ha mai tralasciato di mantenere contatti frequenti con tutti, coinvolgendoci nelle settimane della cultura a Trento o riprendendo a Bologna l'appuntamento settimanale per comunicare le nostre ricerche e spesso le sue che sono poi, fra le altre, quelle che ora sono confluite nel libro di cui parleranno Gabriella Zarri e Miguel Gotor.