Dario Internullo, Senato sapiente. L’alba della cultura laica a Roma nel medioevo (secoli XI-XII). Roma: Viella, 2022, 407 pp.
Nel 1143, la proclamazione di una renovatio Senatus sul Campidoglio segnò in modo clamoroso l’avvio del comune urbano di Roma. Anche se si trovano riferimenti a una collettività urbana autonoma anteriori al 1143, la città poteva sembrare saldamente controllata dai papi. Quali furono le spinte culturali di questa rinascita? Chi ne furono i protagonisti? Di quale immaginario politico si era nutrita l‘affermazione della nuova istituzione? Si potrebbe, con queste domande, riassumere in senso lato, le tematiche di un libro molto più ricco e complesso, che si configura sopratutto come un importante ‘‘saggio sulla cultura documentaria di Roma’’ (p. 22).
Ricercatore in storia medievale presso il dipartimento di Studi Umanistici di Roma Tre, Dario Internullo aveva dedicato un primo libro alla vita intellettuale di Roma nel Trecento (Ai margini dei giganti. La vita intellettuale dei romani nel Trecento (1305-1367 ca.). Roma: Viella, 2016). Affacciandosi ai secoli XI-XII, l’a. si interessa a una città diversa: un centro urbano dominato da un potere pontificio che assunse, negli stessi secoli, la testa di una Chiesa dalle pretese universali. Interessandosi ai poteri laici e alla cultura che li intrise, Internullo si inserisce, nello stesso tempo, in un campo storiografico profondamente rinnovato. Basta ricordare che, per il periodo qui preso in esame, due importanti libri sono stati pubblicati negli ultimi anni: l’uno scritto da Chris Wickham (Roma medievale. Crisi e stabilità di una città, 900-1150, Roma: Viella, 2013), l’altro da Jean-Claude Maire Vigueur (L’altra Roma. Una storia dei romani all’epoca dei comuni (secoli XII-XIV). Torino: Einaudi, 2011). Internullo riesce a far dialogare posizioni storiografiche contrastanti e ad assumere, nello stesso tempo, posizioni chiare.
Essendo scomparsi gli archivi medievali del Comune di Roma, a eccezione di alcuni documenti emanati dal Senato medievale, che sono stati tramandati dai destinatari, l’a. ha dovuto cercare altrove le fonti che gli hanno permesso di ricostruire lo ‘‘sfondo culturale’’ (p. 21) che sta al centro della sua ricerca. Oltre ai documenti senatoriali, egli si è basato sulla documentazione ecclesiastica – 1450 unità per i secoli XI-XII – che fanno luce sul ‘‘profilo sociale e la cultura’’ degli operatori del diritto (p. 22), nonché sui manoscritti prodotti a Roma o nelle sue vicinanze negli stessi secoli. Scandito da cinque capitoli, il libro mette a fuoco il ‘‘complesso dinamico di conoscenze elaborate sulla base di un corpus di testi scritti e condiviso da un gruppo di persone’’ (p. 15) che è stato alla base di una nuova istituzione politica.
I primi tre capitoli delineano il quadro generale che serve a individuare le grandi fasi cronologiche e i principali attori della vita culturale e politica romana dei secoli XI-XII. Il primo capitolo, ‘‘La città’’ (pp. 27-81), ricostruisce ciò che era allora l’Urbe: una delle città più ricche e dinamiche dell’Occidente, segnata, come altri centri urbani, dal ripiegamento nelle campagne delle vecchie aristocrazie di ufficio (che a Roma assumevano tratti bizantini) e dall’emergere, nel corso del secolo XII, di una militia urbana. Internullo si sofferma sopratutto sugli elementi che strutturano la ‘‘cultura documentaria’’ della città: le biblioteche, numerose in un centro che contava più di 300 chiese; il consolidamento delle scuole monastiche ed ecclesiastiche nel secolo XII, con la permanenza di una tradizione ellenizzante; l’esistenza, oltre ai chierici, monaci e notai, di un’importante popolazione di laici alfabetizzati. Numerosi esempi e piccole monografie – impossibili da riassumere in questa sede – danno un colore vivo alla ricerca. Pagine importanti sono dedicate allo studio della documentazione notarile. Internullo evidenzia l’antichità di alcune pratiche – in parte mascherate dalla scomparsa degli atti scritti su papiro – e mette a fuoco lo sviluppo precoce di modalità di registrazione presso i notai romani (notai che, a Roma, sono chiamati scriniarii). L’a. si sforza infine di mettere in relazione l’espansione documentaria del XII secolo con l’emergere del comune urbano. Il secondo capitolo tratta dei ‘‘poteri tradizionali’’ (pp. 83-102). Internullo si concentra sul ruolo svolto da papi e imperatori e dai conflitti tra di loro nello sviluppo di una cultura politica laica e urbana autonoma. L’enfasi viene messa sull’evoluzione del ceto dei giudici (giudici palatini, advocati, iudices dativi, causidici) e notai di tradizione romano-bizantina che rimasero a lungo legati al Laterano. Il terzo capitolo, ‘‘l’alba del comune’’ (pp. 123-187) conclude questo ricco panorama, ripercorrendo la storia dello sviluppo del comune romano. L’a. individua quattro fasi. La prima fu segnata da una ricomposizione del panorama politico (1080-1120). Un secondo periodo (1120-1138) fu segnato dall’emergere di un proto-comune. Il pontificato d’Innocenzo II (1138-1143) costituì un momento a sé stante. Venne infine il periodo della renovatio Senatus e dei primi passi della nuova istituzione (1143-1148). Il capitolo si basa su un lavoro prosopografico che permette a Internullo d’illuminare il protagonismo di alcune famiglie, individui e gruppi sociali. Senza trascurare il ruolo svolto dall’organizzazione militare in base alle regiones di Roma, l’a. mette in evidenza il ruolo svolto da giudici e notai nella creazione del comune romano.
Il quarto capitolo costituisce il cuore del libro. Intitolato ‘‘I giudici, i notai e le basi intellettuali del Senato’’ (pp. 189-271), si concentra su questi specialisti del diritto e della scrittura. Internullo evidenzia il contributo del papato e degli imperatori ottoniani al processo di formazione di questo milieu autorevole. Che si tratti di capitale simbolico, culturale o economico, l’a. si basa su un considerevole lavoro prosopografico per ricostruire con cura le molteplici dimensioni e evoluzioni del profilo di giudici e notai. Pone particolarmente l’accento sull’importanza del capitale culturale. Avvalendosi del ricco patrimonio librario romano, ben prima del secolo XII, questi giudici e notai parteciparono appieno allo sviluppo di una cultura giuridica di matrice giustinianea. Le basi intellettuali che hanno permesso la nascita del comune coincidono in gran parte con le conoscenze pratiche e teoriche detenute e messe in pratica da questi professionisti. Nel quinto e ultimo capitolo, ‘‘Alla conquista dello spazio cittadino’’ (pp. 273-350), l’a. analizza il contributo di questi strumenti intellettuali al processo di affermazione politica del comune romano. L’affermazione del comune avvenne inizialmente attraverso l’esercizio della giustizia da parte del Senato, una giustizia ‘‘rigida, complessa, regolare’’ e ‘‘intrisa di cultura giustinianea’’ (p. 306), che sembrò rapidamente prevalere su altre forme di risoluzione dei conflitti. Fu indubbiamente l’esercizio di questa giustizia, portata avanti da giudici e senatori, che portò allo sviluppo di una nuova forma di diritto consuetudinario. I riferimenti giuridici e la conoscenza delle auctoritates classiche diedero ai senatori gli strumenti intellettuali per sancire la vocazione del Senato a garantire la conservazione, la protezione e la manutenzione delle mura e degli ornamenti, di tutto ciò che visivamente e materialmente costituiva l’honor civitatis. Nelle sue conclusioni, Internullo si sforza di collocare il modello romano nel panorama più ampio dell’Italia comunale. Tornando sulla questione della progettualità del comune romano, in riferimento ai dibattiti aperti da un recente libro di C. Wickham (Sonnambuli verso un nuovo mondo: l’affermazione dei Comuni italiani nel XII secolo. Roma: Viella, 2017), l’autore sottolinea la partecipazione attiva dei giudici e notai romani all’attuazione di trasformazioni politiche di cui erano indubbiamente in grado di apprezzare le implicazioni, ben prima del 1143.
Esito di una ricerca erudita di grande qualità e di un accostamento a una storiografia internazionale, il libro di Dario Internullo costituisce indubbiamente un contributo di grande rilievo alla storia della Roma medievale. Questa ricerca apre anche prospettive nuove sullo studio dei legami tra cultura laica ed ecclesiastica nei secoli centrali del Medioevo, evidenziando ancora una volta l’importanza di alcune figure che hanno assunto un ruolo di tramite. Le qualità del libro vanno sottolineate: l’erudizione si accompagna allo sforzo costante di confronto con i lavori altrui e di apertura verso un ampio pubblico di lettori. Su moltissimi aspetti – storia politica di Roma, storia dei notai e delle loro prime imbreviature, processo di formazione medievale del corpus giuridico giustinianeo, ecc. –, l’a. offre pregevoli pagine di sintesi. Inoltre, il libro mantiene uno stile limpido, a dispetto della difficoltà degli argomenti. Questo saggio sulla cultura documentaria di Roma fornisce infine una testimonianza preziosa del dinamismo culturale e sociale dei secoli centrali del Medioevo.