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Comunicare storia

Aristocrazia del sangue e aristocrazia del denaro. L’Euroamerica di Henry James e Frances Hodgson Burnett

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Abstract
At the end of the XIXth century and the beginning of the XXth century in USA and Europe a literature arose concerning the comparison between the Old and the New world. Marriage among affluent Americans and ruined European nobles were one of the topics preferred to represent the cultural confrontation between the two societies, their mutual attraction and repulsion. This paper focuses how the complex relationships among the blood aristocracy and the money aristocracy were represented in The American and in The Golden Bowl by Henry James and in The Shuttle, by Frances Hodgson Burnett who put like James the “Euroamerica” at the core of her novels.

L'Euroamerica

Nel corso del lungo Ottocento fiorì negli Stati Uniti e in Europa una vasta letteratura al cui centro vi era il confronto tra le culture del vecchio e del nuovo continente. Romanzieri, giornalisti e viaggiatori alimentarono con le loro opere e le loro annotazioni [cfr. Dickens 1987 (I. ed. 1842); James 1991 (I. ed. 1885); Wells, 1987 (I. ed. 1898); Giacosa, 1994 (I. ed. 1906)] lo scambio tra la civiltà della nuova potenza che stava emergendo a livello mondiale e quella europea, ancora incrostata di residui dell’Antico Regime Questa produzione letteraria di vario tipo concorse a creare un territorio intermedio tra le due culture e le due civiltà, che possiamo chiamare lo spazio degli sguardi incrociati. Dall’incrocio degli sguardi europei e americani nacque l’Euroamerica, quel continente ideale nel quale si ricongiungevano culture che avevano ambito origini comuni e sviluppi diversificati, e che nel confronto tra le reciproche differenze cercavano una nuova sintesi. L’Euroamerica fu creata soprattutto dalle rappresentazioni elaborate da scrittori che vissero tra le due sponde e che trasformarono le loro biografie di nomadi alla ricerca perenne del continente ideale in produzione letteraria.

La scrittrice Frances Hodgson Burnet.
La scrittrice Frances Hodgson Burnet.

Il più illustre di costoro fu Henry James. Nato a New York nel 1843 da una famiglia colta e anticonvenzionale, Henry, fratello del filosofo William fu portato in Europa dai genitori fin dall’infanzia e proseguì durante la giovinezza i soggiorni sul continente fino a scegliere definitivamente il vecchio mondo e stabilirsi a Londra nel 1881 [James 1986, 50-51]. Completò il suo processo di europeizzazione nel 1915 quando, un anno prima di morire, prese la cittadinanza britannica per protestare contro il ritardo dell’entrata in guerra degli Stati Uniti a fianco delle potenze dell’Intesa.

L’essere appartenuto ai due mondi costituì la principale fonte d’ispirazione della sua opera letteraria, che ebbe nella cosiddetta “prospettiva internazionale” uno dei suoi punti unificanti. Henry James narrò lo spaesamento degli americani venuti a contatto con le manners europee di origine aristocratica, che celavano dietro la perfezione formale dei modi del «vivere civile » , un cinismo e un’assenza di morale [Perosa 1979] prodotti dalle stratificazioni millenarie del vecchio continente. Nei suoi primi romanzi, scritti tra il 1875 e il 1881, i personaggi americani soccombono nell’impatto con la civilizzazione europea, mentre in quelli della fase moderna, pubblicati tra il 1901 e il 1904, l’Euroamerica diventa non solo la metafora del riscatto individuale dei personaggi, ma anche il paesaggio di una nuova civilizzazione, dove le differenze trovano un’armonica composizione.

Uno dei principali dispositivi letterari utilizzati da Henry James per rappresentare lo scontro/incontro tra Europa e America è il matrimonio tra ricchi borghesi statunitensi e nobili europei squattrinati. Questo soggetto romanzesco assume agli occhi dello storico una notevole importanza. Negli ultimi decenni del XX secolo la storiografia internazionale si è appassionata al tema dell’apertura e della chiusura delle nobiltà europee e della sua propensione o meno ad accogliere al suo interno gli esponenti della ricca borghesia e ad allentare i dispositivi di chiusura che proteggevano soprattutto le famiglie dall’antica nobiltà per far fronte alla crisi dei loro patrimoni, acutizzatasi nel corso della grande depressione di fine Ottocento [Malatesta 1999]. Dal canto suo la ricca borghesia cercò per tutto il XIX secolo di apparentarsi con la nobiltà, alla ricerca di simboli aristocratici in grado di procurare distinzione sociale. Agli inizi del XX secolo la fusione tra l’alta borghesia e la nobiltà aveva ormai raggiunto livelli considerevoli e continuò ad aumentare nella seconda metà del secolo, quando entrambi gli strati si confusero nello spazio internazionale del jet set. Un altro processo di fusione tra le élites ebbe fin dall’Ottocento un carattere transnazionale e riguardò i matrimoni tra ricche americane – come le figlie delle dinastie Vanderbilt, Carnagie e Singer – ed esponenti della nobiltà europea. Di questo gruppo di americane la più famosa fu Nancy Langhome, proveniente da una famiglia sudista, che sposò in seconde nozze Lord Astor e entrò nel 1919 nel Parlamento inglese.

Nessuno più di Henry James elevò questo modello di matrimonio misto a simbolo del confronto tra la cultura americana e quella europea. Ma anche altri scrittori, seppure dotati di un minore talento letterario, affrontarono questa tematica in una prospettiva simile. Frances Hodgson Burnett fu una di costoro. Oggi essa è conosciuta come scrittrice per bambini i cui libri hanno alimentato per più di un secolo l’immaginario infantile e ispirato anche la cinematografia. Suoi sono i capolavori per l’infanzia quali Il piccolo lord Fauntleroy, Il giardino segreto e La piccola principessa. Ma la Burnett fu anche una prolifica scrittrice di romanzi per adulti, molti dei quali incentrati sul tema del matrimonio aristocratico- borghese anglo-americano.

La sua biografia è l’opposto speculare di quella di Henry James, di cui fu quasi coetanea. Nata a Manchester nel 1849, da una famiglia di commercianti, la precoce morte del padre costrinse la madre a prendere in mano l’impresa familiare che non sopravvisse alla crisi dell’economia tessile manchesteriana provocata dalla guerra civile americana. Gli Hodgson si trasferirono in America, nel Tennessee, dove risiedeva un fratello della madre. Ma anche qui gli affari risentirono della guerra e Frances, di appena diciassette anni, iniziò a scrivere racconti per aiutare la propria famiglia. In poco tempo riuscì a farla uscire dalla povertà perché i suoi racconti si vendevano bene alle riviste letterarie. Nel 1873 la Burnett sposò – pare senza eccessivo entusiasmo – un vecchio amico che faceva il medico. Un anno prima era tornata in Inghilterra e si era recata a Parigi, città dove visse dopo il matrimonio per due anni assieme al marito. La coppia si stabilì poi a Washington D.C., dove la Burnett si inserì nell’ambiente letterario cittadino, continuando a scrivere per gli adulti e iniziando a narrare storie per l’infanzia. Ebbe due figli maschi, Lionel e Vivian. Quest’ultimo le ispirò il personaggio di Cedric, il piccolo lord Fauntleroy. Pubblicato nel 1886, il romanzo ebbe un successo paragonabile a quello dell’attuale Harry Potter.

Nel 1887 la Burnett tornò in Gran Bretagna, continuando a fare la navetta tra l’Europa e gli Stati Uniti; a metà degli anni Novanta essa si stabilì nella campagna inglese. Nel frattempo era morto nel 1890 a Parigi di tubercolosi il figlio Lionel quando la madre era lontana, mentre il matrimonio col dottore Burnett si era concluso col divorzio. Nel 1900 la scrittrice si risposò con il suo amante, Stephen Townsend, un medico divenuto attore, ma l’unione durò solo due anni. Nel 1907 tornò definitivamente negli Stati Uniti e si stabilì a New York dopo aver preso nel 1905 la cittadinanza americana. Morì nel 1924 e gli americani le resero onore erigendole una statua nel Central Park [Gerzina 2004].

La Burnett fu una donna che visse fuori dai canoni dell’epoca e fu assai criticata per il suo stile di vita troppo emancipato e per il suo discusso ruolo di madre (per tutta la vita si macerò per non essere accorsa in tempo al capezzale di Lionel). Essa visse in bilico tra i due continenti e al pari di Henry James scelse alla fine la nazione di adozione e non quella che le aveva dato i natali. Come le loro vite, così i loro romanzi furono accomunati dal canone dello sguardo incrociato. I due scrittori si conobbero e si frequentarono a Londra. La stessa Burnett riconobbe l’influsso che James esercitò su di lei, soprattutto nella scrittura di The Fair Barbarian, pubblicato nel 1881 a cinque anni dalla pubblicazione di The American.

The American di Henry James

Henry James pubblicò The American a puntate su una rivista nel 1875-76 e in volume nel 1877. Nel romanzo si intersecano più tematiche, tra loro interdipendenti. Al centro vi è il conflitto etico, sociale e culturale tra Newman – non «un americano», ma «l’americano» – e una famiglia dell’antica nobiltà di Francia. Newman è un self made man che, dopo avere accumulato una vasta fortuna, decide di compiere un viaggio in Europa per darsi quell’istruzione che gli manca e possibilmente trovare una moglie. Il Grand Tour di Newman (già il cognome è tutto un programma) si conclude a Parigi dove egli si innamora di Claire de Cintré, giovane vedova tornata a vivere nella famiglia di origine dei Bellegard, che abitano in un vecchio palazzo del Faubourg St. Germain. Madame de Cintré appartiene alla categoria delle battered women. È una vittima della madre e del fratello primogenito, una coppia malvagia unita dallo scopo di difendere il proprio casato. Essa ha già subìto l’imposizione di un primo matrimonio con un vecchio nobile e vive nel terrore di contrastarli.

Inizialmente i Bellegard accettano la domanda di matrimonio dell’americano, che si profila assai allettante per risollevare le sorti economiche della famiglia. Ma in un secondo momento la marchesa e il suo primogenito ritirano la parola data, senza fornire alcuna spiegazione. Di mezzo c’è stato il ballo che i Bellegard hanno organizzato per presentare il promesso sposo alla cerchia dei loro pari, nel corso del quale è esploso lo scontro insanabile tra le manners aristocratiche e l’ingenuità tipica degli americani. Newman si muove con disinvoltura nella sala e si rivolge con familiarità agli ospiti, al marchese de Bellegard e a sua madre; è felice e non lo nasconde e riversa sui decrepiti aristocratici il suo ottimismo e la sua gioia di vivere. Ma le regole della società nobiliare ottocentesca si basano ancora su quella dissimulazione che fu alla base della cultura di corte durante l’Antico Regime. Newman non le conosce, è abituato a credere a ciò che vede ed ha solo un vago sospetto che la sua presentazione in società sia stata disastrosa Link 1.

La verità non tarda ad arrivare. I Bellegard rompono la promessa di matrimonio. Preferiscono rinunciare alle ricchezze dell’americano pur di non imparentarsi con un uomo «dedito al commercio». Madame de Citré non smentisce il suo destino di battered woman. Incapace di ribellarsi, decide di chiudersi in un convento di clausura. Inutilmente Newman la incita a tornare sulla sua decisione. Claire dichiara di non potersi sottrarsi alla maledizione che pesa sulla famiglia dei Bellegard, né di poter cambiare la propria vita, come si era illusa di fare Link 2. Il temibile segreto dei Bellegard si rivelerà essere l’omicidio del marchese perpetrato dalla moglie con l’aiuto del primogenito. Newman cercherà di usare il segreto dei Bellegard per riavere Claire, ma non avrà il coraggio di andare fino in fondo consentendo in tal modo alla società aristocratica parigina di difendersi e di richiudersi su se stessa .

Nella rappresentazione letteraria jamesiana il fallimento di Newman è quello dell’America davanti alla civiltà delle buone maniere europee e al mistero delle sue aristocrazie, che perpetuano alle soglie del XX secolo un sistema di riproduzione della famiglia basato sulla primogenitura maschile e sulla mortificazione delle figlie e dei cadetti. Emblematico è al riguardo il personaggio di Valentin, il figlio minore dei Bellegard che muore in duello per difendere – ironia della sorte – l’onore di una cocotte.

L’americano Henry James, in procinto di stabilirsi in Europa, tratteggiava nel 1875 la rappresentazione dell’Euroamerica come uno scontro tra culture inconciliabili. Trent’anni dopo avrebbe cambiato idea. Tra il 1907 e il 1909 egli scrisse le Prefazioni da inserire nell’edizione completa dei suoi romanzi. Nel presentare ai lettori l’Americano, affermò di aver scritto il romanzo con il proposito di costruire un personaggio assolutamente romantico. La trama e gli altri personaggi, a partire dai Bellegard, erano stati concepiti in modo tale da far risaltare il romanticismo di Newman. Nella Prefazione James si diceva sicuro del fatto che se i Bellegard fossero realmente esistiti, avrebbero accolto a braccia aperte il ricco pretendente americano senza farsi troppi scrupoli di imparentarsi con un uomo d’affari [James 1956, 35]. Se ci atteniamo alla storia delle aristocrazie europee otto-novecentesche, possiamo affermare che ad essere nel vero fosse il James del primo Novecento. Ma non è questo il dato interessante per lo storico; lo è molto di più il fatto che James, dopo venticinque anni passati in Inghilterra, guardasse alla nobiltà europea con occhi diversi e non fosse più interessato all’aspetto del conflitto ma all’incontro tra le due culture e alla possibilità che una nuova «moralità» scaturisse dalla nascita del «continente euroamericano» [Malatesta 2005].

The Golden Bowl, pubblicato nel 1904, è il romanzo che più compiutamente esprime l’approdo interculturale di Henry James. Ancora una volta il dispositivo letterario è costituito dal matrimonio tra Maggie, una ricca ereditiera americana e Amerigo, un principe romano squattrinato; ma lo schema narrativo è ribaltato rispetto a L’americano. Ne La coppa d’oro l’unione sarà salvata grazie allo sforzo di lei di decodificare le regole del mondo aristocratico e alla scoperta, da parte di lui, di amare colei che aveva sposato per puro interesse [James 1967].

The Shuttle di Frances Hodgson Burnett

The Shuttle, che Frances Hodgson Burnett pubblicò nel 1907, è il rovesciamento del canone rappresentato ne L’americano ed è al tempo stesso la prosecuzione ideale di The Golden Bowl. In italiano The Shuttle, la navetta, è diventato Un matrimonio inglese, titolo certo più accattivante ma che occulta l’idea centrale del romanzo: la comunicazione e l’incontro culturale tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Il romanzo è totalmente calato nella prospettiva internazionale jamesiana e nella tematica dell’Euroamerica. Altri elementi sono riconducibili all’influsso jamesiano, quali il personaggio di Rosy Vanderpoel, una tipica battered woman e la coppia madre-figlio di antico lignaggio ma senza il becco di un quattrino, perfida e corrotta.

Rispetto a The American, The Shuttle presenta delle varianti significative. La Burnett ci presenta Nigel Anstruthers come uno dei tanti aristocratici in rovina che si recano negli Stati Uniti per trovare una moglie ricca. Questo modello non era però in contrasto con le leggi del matrimonio aristocratico, in base alle quali anche nelle famiglie dell’antica nobiltà era ammesso il matrimonio tra gli eredi maschi e ricche donne di estrazione borghese perché non aveva effetti sul casato. L’inverso era quasi impossibile perché le figlie, sposandosi, perdevano il nome di famiglia e dovevano perciò acquisirne col matrimonio uno di eguale rango. The American rappresenta dunque il conflitto all’interno di una famiglia dell’antica nobiltà tra la necessità economica e l’imperativo di difendere il casato, mentre in The Golden Bowl ad essere messo in scena è lo scambio matrimoniale – meno problematico – tra un aristocratico e una ricca americana.

Rispetto a quest’ultimo modello la Burnett introduce una variante di genere. Il personaggio dell’ereditiera americana è sdoppiato e ognuna delle due sorelle ricopre un ruolo opposto a quello dell’altra. Rosy è la battered woman, un soggetto totalmente passivo e forse anche un po’ stupido, che sposa il perfido sir Nigel; Betty è invece il modello della donna americana emancipata, il cui compito è di salvare la sorella. Betty racchiude in sé molte delle doti di Newman: è bella, infinitamente ricca, intelligente, coraggiosa, priva di pregiudizi, curiosa e aperta alle esperienze. Ma si distingue dal personaggio di Newman per altre caratteristiche. Betty non solo appartiene all’aristocrazia newyorchese del denaro, ma è anche una donna colta. Il padre ha individuato in lei la sua erede, l’ha mandata in Europa a compiere gli studi superiori e l’ha coinvolta fin da piccola nella gestione dei suoi affari. A differenza di Newman, Betty non è una self made woman, ma è stata allevata come una business woman. Alle spalle ha un padre e una dinastia imprenditoriale che hanno infuso in lei una sicurezza e un senso di autonomia fuori del comune. Il canone di The American subisce così un rovesciamento totale. A Rosy tutto è permesso Link 3; la ricchezza dei Vanderpoel è un passpartout per ogni cosa e che sia il prodotto del business non è un ostacolo, ma un valore riconosciuto dalla società inglese.

Frances Burnett costruisce il suo modello di donna americana emancipata come il prodotto della vera e unica aristocrazia che ormai, siamo agli albori del XX secolo, conti: l’aristocrazia del denaro. Sarà la ricchezza unita alla sagacia di Betty a salvare Rosy, la battered woman che si è fatta distruggere dal marito perché priva dell’intelligenza della sorella e per questo rappresentante di una specie di donna ancora poco evoluta.

The Shuttle esalta la vittoria della ricchezza americana sull’aristocrazia del sangue europeo. Ma il romanzo si cimenta anche con il tema del confronto interculturale. La Burnett lo affronta mettendo in scena personaggi stereotipati che si muovono all’interno di schemi e situazioni fortemente didascaliche, sideralmente lontane dai raffinati giochi linguistici e metaletterari di James. È però interessante sottolineare il modo in cui la scrittrice stempera la vittoria del denaro americano sulla nobiltà europea mettendo in scena un processo inverso. Nel momento in cui Betty conquista il mondo rurale che fa capo al perfido Nigel, diventa oggetto di un’irresistibile captazione da parte della società aristocratica britannica.

Fin dal suo arrivo a Stornham Court, la magione degli Anstruthers, Betty è conquistata dalla campagna inglese e dalle dimore aristocratiche, i loro giardini e le rovine romantiche. Ma non è solo il paesaggio ad ammaliarla. La bella ereditiera, che proviene da una società in cui tutti sono virtualmente uguali, subisce la fascinazione del mondo rurale inglese regolato da ferree gerarchie sociali. Essa è catturata dal sistema di deferenza che lega indissolubilmente nel bene e nel male i contadini al loro signore. La Burnett dà della società rurale inglese una rappresentazione ancora feudale, nella quale non vi è traccia della disgregazione di quell’universo iniziata negli anni della crisi agraria, quando i ceti rurali subalterni si distaccarono dal dominio delle élites terriere. Nel romanzo, la società contadina che ruota attorno a Storham Court è rappresentata come un insieme di gente affamata e totalmente rassegnata alla miseria provocata dall’inettitudine del loro signore, Nigel Antrusthers. La loro indigenza fa scattare in Betty la molla della filantropia, nella quale si fonde la sua cultura americana e la tradizione di un potere patriarcale che si assume la responsabilità di coloro che gli sono subordinati Link 4.

Questa rappresentazione esasperata della società britannica ha nell’equilibrio del romanzo il duplice scopo di sottolineare le distanze da quella americana e rimarcarne in tal senso l’arretratezza; di mettere in luce al tempo stesso il fascino che le rovine del vecchio mondo esercitano sui cittadini del nuovo. Anche Betty finisce per innamorarsi di un aristocratico. Lord Mount Duncan è l’opposto di Nigel: è un animale solitario che contempla le proprie sconfitte e quelle dei suoi avi senza riuscire a mutare il corso degli eventi. Anch’egli si innamora perdutamente di Betty, ma non vuole essere come uno di quegli inglesi «metà uomini e metà merce con il marchio di fabbrica perché vendano se stessi, il loro casato e il loro sangue a donne straniere che hanno la possibilità di comperarli» (352). Ma Duncan, che è buono e coraggioso, oltre ad essere bello e atletico, salverà Betty dal perfido Nigel che vuole approfittare di lei e alla fine metterà da parte le sue convinzioni, sopportando per amore della bella ereditiera anche la sua smisurata ricchezza.

Betty e Mount vivranno felici e contenti e dalla loro unione nasceranno dei figli che diventeranno le classi dirigenti della Gran Bretagna. La Burnett conclude il romanzo spiegando ai suoi lettori che questo matrimonio non è solo il lieto fine della favola, ma è un ulteriore passo verso la realizzazione dell’Euroamerica e la formazione di nuove élites sorte dall’incontro tra i due mondi e dotate di un duplice capitale culturale.

Fonti

Burnett, F. H. 2010, Un matrimonio inglese, Milano: Astoria (I ed. 1907, The Shuttle).

Dickens, C. 1987, American Notes for general Circulation, Harmondsworth: Penguin Books (I ed. 1842).

Giacosa, G. 1994, Impressioni d’America, Padova: Franco Muzzio (I ed. 1898).

James, H. 1982, L’americano, Milano: Mondadori (I ed. 1877, The American).

James, H. 1991, Breve viaggio in Francia, Torino: EDT (I ed. 1885, A Little Tour in France)

James, H. 1986, Taccuini , Roma-Napoli: Theoria.

James, H. 1956, Le prefazioni, Venezia: Neri Pozza.

James, H. 1967, La coppa d’oro, in Romanzi, VI, Firenze: Sansoni (I ed. 1904, The Golden Bowl).

Wells, H. G. 1987, The Future in America , London: Granville (I ed. 1906).

Bibliografia

Gerzina, G. 2004, Frances Hodgson Burnett: the Unespected Life of the Author of the Secret Garden, New Brunswick, N.J.: Rutgers University Press.

Malatesta, M. 1999, Le aristocrazie terriere europee nell’età contemporanea, Roma-Bari: Laterza.

Malatesta, M. 2005, Il romanzo: testimonianza e rappresentazione, «Contemporanea », VIII (4): 698-703.